Orange Is The New Black non è la solita comedy. A dirla tutta non è nemmeno il solito “dramedy”. Lo show di Jenji Kohan, infatti, ha sempre avuto l’incredibile capacità di giocare, talvolta anche subdolamente, con la sensibilità dello spettatore, arrivando a toccare corde intime e profonde con una delicatezza che solo poche altre serie, in passato, hanno saputo mostrare. OITNB non è una comedy, non è un drama, non è un dramedy. OITNB è semplicemente se stessa, unica e indefinibile.
Non tutte le protagoniste sono “criminali”, considerando l’accezione più negativa del termine, alcune sono semplicemente vittime di una società che le ha escluse, relegate ai margini, portandole così a compiere le scelte sbagliate, complice, talvolta, un contesto familiare e culturale soffocante, letteralmente serrato intorno a loro. Al pari della prigione in cui sono state rinchiuse.
Arrivati a questo sesto episodio, appare lampante come la serie abbia deciso, quest’anno, di porre l’accento sull’ingiustizia. Ingiustizia che parte, principalmente, da un discorso di genere, per poi diversificarsi negli ambiti più disparati: si va dalle questioni relative all’orientamento sessuale e religioso, passando poi per problematiche connesse alle diverse condizioni mentali o alla disparità di status sociale, concentrandosi in particolare su un tipo di discriminazione: quella legata a motivi di tipo razziale.
Proprio in quest’ottica, la tensione aumenta e il conflitto si acuisce in seguito alla manovra preventiva attuata da Piper per salvare la sua gente. La dura decisione presa da Piscatella dà ufficialmente il via alla guerra tra bande all’interno di Litchfield, aprendo la strada a una svolta dark della serie – che certamente virerà verso toni più violenti e drammatici, maggiormente consoni al contesto entro cui le nostre protagoniste si muovono – ed evidenziando ulteriormente il cambio di registro attuato quest’anno nella scelta delle guardie. Sembrano ormai lontani i bei tempi di Pornstache e colleghi, veri e propri agnellini se paragonati al nuovo organico di Litchfield, composto da personaggi ugualmente caricaturali, ma caratterizzati in maniera totalmente diversa. Salvo qualche eccezione, la svolta presa dalle guardie sembra essere orientata verso l’abuso di potere. L’irreprensibile Piscatella si trova così a guidare dei secondini maschilisti e arroganti che spesso usano violenza fisica e psicologica nei confronti delle detenute che dovrebbero tutelare, calpestando senza troppe remore i loro diritti civili.
Sebbene la storyline di Piper e della sua grottesca supremazia ariana offra gli spunti più interessanti in termini di sviluppo diegetico, quest’anno Kohan riesce nell’impresa di valorizzare ulteriormente la componente corale su cui lo show ha costruito gran parte della sua identità, relegando Piper (la protagonista quantomeno ideale) a membro di una comunità più ampia ed esaltando la componente emozionale piuttosto che puntare sul carisma delle singole personalità messe in scena. Proprio in quest’ottica si inserisce il ritorno di Nichols, detenuta a cui è dedicata la porzione di minutaggio maggiore, ma senza il consueto flashback, in questa puntata del tutto assente. Dopo il faccia a faccia con Luschek e il fugace contatto con Sophia, alle prese con l’ennesimo tentativo di automutilazione avvenuto in isolamento, abbiamo sul finale la conferma del suo ritorno tra le mura di Litchfield, decisione che sicuramente apprezziamo e che ci fa ben sperare circa un approfondimento ulteriore del personaggio e del suo legame con Red. Meno apprezzata la scelta di optare nuovamente per la ricaduta di Nicky nel tunnel della droga. Nulla da dire sulla coerenza narrativa del gesto, speriamo solo che gli autori sappiano affrontare la cosa in maniera originale e non riproponendo le stesse dinamiche già viste nelle stagioni precedenti.
Le storie di contorno – l’amicizia sbocciata tra Cindy e Abdullah e il piano per fotografare Judy King, la storia d’amore eccessivamente diabetica tra Poussey e Soso e la proposta di Caputo circa l’istituzione di un programma educativo per le detenute – servono principalmente a smorzare l’atmosfera particolarmente tesa di cui l’episodio è pregno fin dalle prime battute. L’impressione è che la serie ci stia preparando per una seconda parte di stagione dai toni molto più cupi, indorandoci la pillola con sporadiche digressioni narrative costruite solo ed esclusivamente allo scopo di ricordarci che non siamo di fronte a un drama puro ma, almeno idealmente, a una comedy. La guerra è ufficialmente scoppiata e, allo stato attuale delle cose, la discesa all’inferno, per molte delle detenute di Litchfield, sembra essere oramai inesorabile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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We’ll Always Have Baltimore 4×05 | ND milioni – ND rating |
Piece Of Sh*t 4×06 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.