Peaky Blinders 5×06 – Mr. JonesTEMPO DI LETTURA 5 min

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Alfie:All right, then. Well, what now?
Tommy:I will continue… till I find a man that I can’t defeat.

Non è mai facile salutare Peaky Blinders a fine stagione. La qualità è sempre altissima, gli episodi sempre pochissimi. Naturalmente in molti potranno dire, e con ragione, che è proprio il numero ridotto di episodi uno dei principali motivi alla base della suddetta qualità, fatto sta che al termine dell’oramai maledetto sesto episodio la prima sensazione che ci pervade è la tristezza. Anche curiosità certo, a maggior ragione in virtù di questo spiazzante finale di stagione, ma soprattutto tristezza.
La scelta di optare per un season finale “meno violento” – virgolettato perché comunque la consueta schiera di morti ammazzati c’è stata – e soprattutto meno canonico rispetto al consueto regolamento di conti tra i Peaky Blinders e il nemico di turno, richiede forse un po’ di tempo per essere metabolizzata dallo spettatore, ma appena ci si ferma ad analizzare quanto visto in questo “Mr. Jones” non si può fare a meno di apprezzare l’evoluzione di uno show che in sei anni ha dimostrato quanto flebile sia al giorno d’oggi il confine tra cinema e televisione.
Non più soltanto violenza indiscriminata, sete di potere e ingenti dosi di ignoranza made in UK. Partita come semplice ricostruzione di avvenimenti, ovviamente romanzata, attorno ad una gang criminale realmente esistita a Birmingham a cavallo tra i due secoli, Peaky Blinders cambia percorso, gettandosi in politica ed esplorando più da vicino l’oscurità che pian piano ha consumato il suo protagonista. Da uno show così longevo non ci si può aspettare null’altro: evoluzione, cambiamento, così da regalare al suo pubblico un percorso coerente rispetto alle origini del prodotto ma non per questo vincolato, o ancor peggio subordinato, al concept da cui tutto ebbe inizio.
Si tratta in questo caso di un episodio molto preparatorio, povero di azione rispetto a quelli che l’hanno preceduto, ma come al solito talmente bello da vedere e intrigante da seguire che al termine dei sessanta minuti di girato siamo ancora lì a chiederci quanto dovremo aspettare per goderne di nuovo.
Pronti, via ed eccoci catapultati nell’ufficio di Winston Churchill – forse i truccatori potevano fare qualcosa di più per non far somigliare Churchill a Mrs. Doubtfire, ma va bene lo stesso – faccia a faccia con un Thomas visibilmente sfiancato dal peso delle sue intenzioni, ma comunque motivato ad andare in fondo alla questione. Il futuro Primo Ministro inglese intuisce le intenzioni di Thomas, è ben cosciente del fatto che infrangerà la legge per portare avanti il suo piano, ma la minaccia alla democrazia rappresentata da Mosley è troppo grande e troppo reale per essere trascurata (“Do what you have to do, Mr. Shelby.”). L’intera sequenza non vuole raccontarci di come Winston Churchill si giri dall’altra parte per il bene della democrazia, non vuole raccontarci del suo interessamento nei confronti della famiglia Shelby e del passato difficile di Thomas, l’intera sequenza vuole mostrarci invece il conflitto interiore che consuma il nostro protagonista da ormai troppo tempo, un conflitto che coinvolge la sua coscienza, potremmo dire il lato umano di Tommy Shelby, quello conosciuto soltanto da noi spettatori, e la sua vera natura, le sue radici, il suo vero io. Sono occhi stanchi e confusi quelli che abbiamo davanti, occhi che appartengono ad un uomo talmente occupato a cercare un avversario in grado di tenergli testa da non essersi reso conto di essere lui stesso “l’uomo che non può sconfiggere”.

Maybe I’ve found him, Arthur, the man I can’t defeat.

L’intero episodio, costruito attorno al piano di eliminazione di Mosley, finisce nei minuti finali col rivelare la sua vera natura. Al centro della narrazione c’è la crisi di Thomas: le ambizioni di Michael, oramai proiettato oltreoceano, cominciano a creare delle serie rotture all’interno della famiglia. Perfino Arthur comincia a credere che la cosa migliore da fare sia scappare lasciandosi tutto alle spalle. Thomas torna a sporcarsi le mani, le sue mani tremano “come quelle di un uomo normale”, l’uomo normale che era ma che forse non se n’è mai realmente andato. Tutto, dal ritorno di Alfie (siamo un po’ interdetti per il fatto che il character sia sopravvissuto ad un proiettile sparatogli in faccia a bruciapelo ma Dio grazie per aver riportato Tom Hardy all’interno dello show), passando per l’alleanza ebrei/gipsy, fino al fallimento finale del piano, fa parte di un percorso ben più ampio.
La situazione si ribalta completamente, la storia che ci è stata raccontata finora diventa mero sfondo alla crisi esistenziale di Tommy. Il conto alla rovescia che dovrebbe portare alla morte di Mosley è pura agonia per lo spettatore. Dieci secondi lunghissimi. E alla fine, coloro che già stavano cantando vittoria, si ritrovano a terra, sconfitti. La rabbia e la confusione diventano insopportabili per Tommy, il quale finisce addirittura con lo spaventare Arthur. La sequenza finale chiude così alla perfezione il cerchio iniziato con “Black Tuesday“. Tommy negli anni è sopravvissuto a chiunque, eppure la più grande minaccia è sempre stata vicinissima. Nessuna strada, solo foschia. Poi il volto di Grace, poche e semplici parole: “It’s all done, we can walk away from all of this. It’s so easy, so soft“. Una pistola alla tempia e un improvviso urlo di disperazione. Ultimo ostacolo alla tanto agognata libertà.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Sempre una gioia per gli occhi
  • Colonna sonora sempre azzeccata
  • Il costante conflitto interiore di Tommy
  • Il ritorno di Alfie
  • L’inaspettato fallimento del piano e la morte di Barney e Aberama
  • Maybe I’ve found the man I can’t defeat…
  • Churchill Doubtfire

 

Neanche a dirlo, sesta benedizione di fila e stagione promossa a pieni voti. Sarà dura aspettare un altro anno – nelle migliori delle ipotesi – per tornare ad assaporare un altro po’ di Peaky Blinders. Ma, d’altronde, è un aspetto con cui bisogna convivere, e lo sanno bene quelli che, come il recensore che vi sta scrivendo, seguono la serie fin dalla sua primissima messa in onda. L’attesa, seppur lunga, ha sempre portato a stagioni di altissima qualità, quindi armiamoci di pazienza e proviamo a consolarci pensando che ogni tanto, visto lo sconfinato “catalogo televisivo” contemporaneo che abbiamo a disposizione, composto principalmente da prodotti rilasciati in blocco, a mo’ di secchiata in faccia sullo spettatore annoiato di turno, un po’ di attesa non può far altro che far bene.

 

The Shock 5×05 ND milioni – ND rating
Mr. Jones 5×06 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

1 Comment

  1. La mia teoria, guardando attentamente gli ultimi 4 minuti di puntata, è che il fallimento del piano di uccidere Mosley sia solo frutto di un delirio paranoico di Tommy (ormai ossessionato dall’idea di essere tradito ecc) e che in realtà il vero comizio lo vedremo nella prossima stagione.
    Dico questo perchè innanzitutto durante tutta la scena finale in camerino si sente una sorta di respiro che sembra quello di Grace (che sappiamo essere frutto della sua fantasia) e sopratutto perchè la reazione di Arthur al tutto, da un certo punto in poi, diventa piuttosto strana: infatti dice continuamente “Mi stai facendo paura, Tom”, “Cosa stai facendo, Tom?”.
    Perchè Arthur avrebbe dovuto trovare così spaventosa e assurda la reazione di Tommy, che a mio avviso era assolutamente proporzionata alla gravità di ciò che era appena successo? Consideriamo che lo stesso Arthur stava per essere ammazzato.
    La scena si interrompe poi molto bruscamente portandoci alla location esterna (in diurna!) dove sentiamo Arthur dire a Tommy “Parlami!”, senza minimamente cambiare tono rispetto alla scena precedente.
    E’ come se Arthur per tutto il tempo, fuori dalla casa (forse prima ancora di andare al comizio appunto), abbia assistito spaventato al delirio di Tommy, al suo distaccamento dalla realtà, mentre a noi spettatori viene mostrato solo ciò che succede dentro la testa di Tom, fino al punto in cui riprende pian piano lucidità (sentendo le vere parole del fratello e poi tornando totalmente alla realtà anche per quanto riguarda il luogo in cui si trova) fino a capire chi è l’uomo impossibile da sconfiggere, ossia se stesso, la sua testa, i suoi pensieri e le sue paranoie ossessive e incontrollabili.

    Un’altro elemento che mi fa optare per questa versione dei fatti è che come dice Tommy stesso ciò che succede al comizio non ha senso. Quanto è strano che ci fosse un assassino nel posto giusto e al momento giusto per ogni persona pronta ad agire contro Mosley e i suoi scagnozzi (quindi Barney, Aberama ecc)?

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