Boris 4×08 – Gli Occhi Del Cuore Sacro Di GesùTEMPO DI LETTURA 8 min

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Recensione Boris 4x08 finaleNel 2011 il giornalista Alessandro De Simone, nel corso di un’intervista, chiese al compianto Mattia Torre se Boris, dopo tre stagioni e un film, avesse ancora un futuro sul piccolo schermo. La risposta lasciò trasparire da un lato la volontà autoriale di voler continuare a raccontare un paese, l’Italia, attraverso la pungente comicità di Boris, ma dall’altro anche il desiderio di voler portare a termine un progetto percepito in quel momento già completo.
Ora, a undici anni di distanza, il mondo della televisione può dirsi cambiato drasticamente rispetto a quanto visto nelle prime tre stagioni (e film) e, nel tentativo di rendere omaggio ad un grandissimo autore scomparso precocemente, e soprattutto a un caro amico, il team di Boris 4 non tradisce le aspettative e regala ai suoi fan, nuovi e di vecchia data, il consueto sguardo cinico e inquisitorio sul mondo della fiction italiana, ma stavolta con un calore e un affetto diversi dal solito.

UN PRODOTTO MOLTO POCO ITALIANO


Boris si è sempre distinta rispetto alle altre serie tv italiane – specialmente di genere commedia – per una cosa in particolare: le citazioni memorabili. I fan più datati di Boris, cresciuti quasi sicuramente a pane e Tel Chi El Telùn, potranno sicuramente concordare che, in termini di “citazionismo compulsivo tra amici”, il livello raggiunto da capisaldi quali: “Bucio de culo”, “Cagna maledetta”, “A cazzo de cane”, “Smarmella”, “Sei molto italiano” o “GENIO!”, abbia quasi eguagliato la popolarità della citazione italiana per eccellenza, quella forse più significativa se si guarda alla comicità cult italiana: “Ma guarda che il mio falegname con 30.000 lire la fa meglio“. Una citazione che, sicuramente non soltanto per il recensore, costituisce un po’ la summa, quasi il punto di riferimento per quanto concerne l’universo delle citazioni memorabili legate al mondo audiovisivo nostrano.
Si tratta di espressioni oramai entrate di diritto all’interno del mondo della cultura pop e dell’immaginario collettivo italiano, nate inizialmente da una piccola nicchia di fan, ed esplose in seguito al boom di spettatori registrati nel corso della pandemia. Un fenomeno che, se da un lato farà rosicare i fan storici della serie – non preoccupatevi, è perfettamente normale odiare i fan arrivisti pensando non si meritino questo onore, significa che siete umani – dall’altro dovrebbe invece scatenare in quest’ultimi un’ondata di gratitudine, perché senza di loro (il pubblico profilato!) questo piccolo gioiellino non sarebbe mai stato possibile. Quindi grazie a tutti i fan di Boris, ma soprattutto grazie a te, spettatore che ha scoperto Boris l’altro ieri sul cesso di casa mentre stava cagando. Senza di te René non avrebbe mai fatto nulla di buono della sua carriera.
Oltre, naturalmente, al bellissimo corto “La Formica Rossa” e alla pellicola vincitrice del Baule D’oro 2007 “Passami Il Sale”.

NON PIÙ SOLTANTO RE DELLA MERDA


Dopo tutti questi anni, non era facile restituire al pubblico le stesse atmosfere dell’opera originale. I tempi sono cambiati, il linguaggio è stato edulcorato e l’inclusione è diventato il tema centrale dell’industria televisiva/cinematografica. E proprio mentre ne parla, con la solita pungente ironia, Boris prende in giro se stesso, aprendo trame che mai si chiuderanno o chiudendone altre così, de botto, senza senso; introducendo personaggi che non hanno alcun tipo di sbocco o conclusione ma che sono spesso funzionali solo alla trama del singolo episodio; insomma, Ciarrapico e Vendruscolo hanno deciso, come è giusto che sia, di divertirsi senza pensare a cosa si aspettasse il pubblico a casa. E il risultato, nella sua costante imperfezione, è forse il tributo migliore che si potesse fare all’eredità lasciata da Boris e a Mattia Torre.
Fino all’ultimo, Boris 4 è stata una stagione che ha abbracciato il suo passato, ricordando le origini, film compreso, attraverso autocitazionismo, ritorno di volti storici (o inaspettate apparizioni quali Tatti Barletta, grande caratterista televisivo conosciuto soprattutto per i suoi ruoli da faccia di merda) e musiche originali che aiutano a calarsi nuovamente all’interno di un mondo che si pensava ormai relegato soltanto alle prime tre stagioni.
È anche, però, l’occasione per gli autori di dare, finalmente, una sorta di lieto fine al personaggio di Pannofino, il quale finalmente riesce a compiere il suo personale miracolo, creando qualcosa di diverso dalla solita monnezza, e riuscendo, nel suo piccolo, a “cambiare il mondo”. Una frase che conclude questa quarta stagione in modo quasi criptico, indugiando sul trio di sceneggiatori prima di mostrare il tributo finale al collega Mattia. Un finale aperto a interpretazioni per quanto concerne l’effettiva riuscita di “Io Giuda“, ma che in qualche modo lascia intendere una chiusura definitiva di questo capitolo di Boris.
Visti i tempi, sarebbe quantomeno ingenuo accertare già da ora la definitiva dipartita di questo universo narrativo. Con questa quarta stagione, Boris ha infatti dimostrato che quel particolare tipo di comicità, se adattata all’attuale contesto televisivo, ha ancora molto da offrire al pubblico italiano, decisamente a digiuno se si prendono in considerazione le comedy nostrane attualmente in circolazione.
Altrimenti c’è sempre l’opzione drama, con uno spin-off a tema crime che vede il ritorno di Lalla, pronta a vendicarsi del torto subito da Arianna dopo aver passato nove mesi in Honduras a tagliare arti umani per il Cartello.

FERRETTI, SEGUI LA MUSICA…


Non solo grossi lacrimoni però. Boris 4, dopo un avvio percepito quasi come frettoloso, riesce in questo ottavo episodio a tirare le fila della narrazione in maniera magistrale, incastrando ogni tassello alla perfezione e regalando al pubblico un capolavoro nel capolavoro. Tatti Barletta, personaggio per la prima volta menzionato in “Buon Natale” (1×08) durante la telefonata che René effettua nel corso di un potente attacco di diarrea, e rivelato finalmente in questa quarta stagione, diventa così cruciale per il percorso artistico del regista.
La lungimiranza di Glauco Benetti trova qui definitiva conferma. Perfino la figlia Fabiana, prova ultima per lo spettatore sull’effettiva validità di “Io Giuda”, reagisce positivamente alla clip mostratale. E in effetti come darle torto? Sebbene si tratti soltanto di una trama abbozzata, la storia di Giuda omosessuale innamorato di Gesù risulta effettivamente un’idea geniale. E altrettanto geniali sono le motivazioni alla base del personaggio interpretato da Tatti Barletta. L’apostolo, infatti, si sbarazzerà dei 30 denari donandoli ad un vagabondo, ma tradirà ugualmente il Nazareno così da consentirgli di perpetrare il suo destino e salvare l’umanità, sacrificando così l’opportunità di vivere per sempre felice e contento al fianco di Gesù.
Sale anche la tensione in quest’ultimo episodio. René si sente braccato da ‘Ndrangheta e Piattaforma, entrambi chiaramente danneggiati dalla distribuzione (gratis) in rete della pellicola ma, in pieno stile Boris, tra lo zio-cugino Michele (Lopez non è molto chiaro in merito alla parentela) e Allison Daltman, la spunta proprio quest’ultima, quasi fosse ancor più temibile della criminalità organizzata.
Pochi istanti e il processo al povero René sembra averlo condannato. Entra già nella storia il lapidario responso dell’avvocato: “Qua c’è la galera René. Sei fottuto.“, al quale però segue una delle scene più bizzarre e significative dell’intera stagione. Si parla naturalmente della sequenza in cui René comincia a danzare in calzamaglia e scaldamuscoli sulle note di “What a feeling“. Un momento senza dubbio grottesco e anticlimatico, che da un lato simboleggia quella “Locura” di cui Valerio Aprea/Mattia Torre già aveva parlato al termine della terza stagione, e dall’altro, invece, molto metaforicamente, vuole mostrare al pubblico un René pronto a lanciarsi, a danzare (poche puntate fa, lo stesso René, interrogato a proposito dei balletti di TikTok, dirà che ballare è sempre stata una delle sue passioni segrete) a scegliere per la prima volta di fare qualcosa di buono per se stesso, di seguire i suoi sogni fino in fondo. Anche a costo di ricoprirsi di ridicolo.
Il resto dell’episodio è un concentrato di citazioni ed espedienti geniali per rivivere per la seconda volta momenti oramai divenuti iconici. Stanis che recita una delle più celebri battute di Giorgio di Occhi del Cuore (“Sono colpevole. Colpevole di amarti.“) stavolta diretta a Maria; Alessandro che conclude il suo percorso da “capoccia” con l’ennesima umiliazione pubblica; l’incontro tra Martellone e Gifuni, che poi in realtà si scopre essere Favino; René che ripete lo stesso discorso allo stesso attore disperato tredici anni dopo, manco rendendosene conto. Piccoli momenti di svago in una puntata senza dubbio molto malinconica e che, oltre al commovente omaggio a Mattia Torre, nasconde un altro messaggio amaro, rivolto questa volta al mondo del mercato cinetelevisivo. Un messaggio che giunge dalla bocca di uno dei personaggi introdotti in questo Boris 4, zio Michele, e che ben racchiude il significato alla base della pungente comicità della serie:

Lopez: “Michele, è arrivato il bonifico no?
Michele: “Ma figurati se mi preoccupo di queste cose.
Lopez: “Ufficialmente sei diventato proprio un produttore. Guarda: QQQ.
Michele: “Ah, non mi piace questo mondo del cinema. Troppo cinismo, troppa cattiveria, troppa violenza. Io torno a fare le mie cose.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • René, mi hai fatto questo discorso 13 anni fa
  • Il pezzo di carta in bilico sul cesto, molto alla Match Point
  • La scena (rubata) del pianto di Giuda
  • Stanis che cita Giorgio quando dice a Maria di essere colpevole di amarla
  • Alessandro conclude il suo percorso con l’ennesima umiliazione
  • Il ballo di René
  • L’idea alla base di “Io Giuda”
  • Favino che fa pure Gifuni
  • Lo zio-cugino Michele che si ritira dal mondo del cinema perché troppo cinico
  • Il finale commovente
  • Una quarta stagione perfetta nella sua imperfezione
  • Le imperfezioni ci sono ma noi non le dimo

 

Per la prima volta i tre sceneggiatori (quelli finti) hanno scritto qualcosa di veramente bello e profondo. C’era tanta paura, soprattutto da parte dei fan di lunga data, ma dopo questo ottavo episodio ogni dubbio è stato ufficialmente dissipato. È evidente come il processo di creazione di Boris 4 abbia realmente giovato della presenza di Mattia Torre, quantomeno spiritualmente, e il risultato non poteva essere migliore di così.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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