
Dopo il “picco qualitativo” raggiunto a metà stagione, Dexter: Resurrection rallenta il passo con due episodi che, pur rimanendo più che guardabili, servono principalmente da raccordo in vista del gran finale. Il sesto e il settimo capitolo non sono male, ma non offrono nemmeno momenti realmente degni di nota (a partire dal fatto dei gemelli Gemini). Sono episodi sufficienti, funzionali, ma non eccezionali: la classica fase di transizione che tiene insieme i fili della trama senza aggiungere molto altro.
Visivamente e registico, nulla da ridire: la fotografia rimane curata, le atmosfere notturne restano il marchio di fabbrica della serie e Michael C. Hall è sempre perfettamente calato nel ruolo. È la scrittura a risultare meno incisiva, con troppi dialoghi interlocutori e poche scene di reale impatto.
E CHI NON HA UN FRATELLO GEMELLO?
Il sesto episodio, in particolare, rientra a pieno titolo nella categoria delle “puntate ponte”. Non accade molto, almeno non fino agli ultimi minuti. L’obiettivo principale è quello di rinsaldare il legame tra Dexter e Harrison, spingendo sul lato più umano e paterno del protagonista. I due si ritrovano finalmente a interagire non solo come complici, ma come padre e figlio, e questo permette di ridare spessore emotivo a un rapporto che era rimasto sospeso per troppi episodi. È un passaggio necessario, anche se poco entusiasmante dal punto di vista narrativo.
Il momento più interessante arriva sul finale, quando la serie regala un plot twist inaspettato: dopo che Dexter uccide Gemini, quest’ultimo ricompare vivo e vegeto. Non è un errore di sceneggiatura, ma la rivelazione che Gemini aveva un fratello gemello. È una trovata classica ma efficace, capace di dare una scossa a un episodio altrimenti piuttosto piatto. Un colpo di scena che riaccende momentaneamente la curiosità e che, almeno per un attimo, riporta Resurrection al suo tono da thriller psicologico pieno di ambiguità.
LA BATISTA BOMB
Il settimo episodio cambia leggermente registro e si concentra invece sul tanto atteso faccia a faccia tra Dexter e Batista. Un confronto inevitabile, forse un po’ forzato nella messa in scena, ma comunque necessario visto l’avvicinarsi del finale. È una sequenza che ha più valore simbolico che narrativo: due mondi che tornano a scontrarsi, due uomini che rappresentano passato e presente della serie.
Il colpo di scena con cui Batista riesce a rintracciare Dexter è interessante sulla carta, ma anche piuttosto ingenuo da un punto di vista logico. È difficile credere che Dexter Morgan, con tutta la sua esperienza e paranoia, possa cadere in una trappola così elementare. Una forzatura, sì, ma una forzatura funzionale a muovere la trama.
“ANCHE TU UCCIDI LA GENTE? DOVREMMO DIVENTARE AMICI“
Nel complesso, la parte di storia che continua a funzionare meglio è quella dedicata a Dexter e Harrison. È il cuore emotivo della serie, e ogni volta che Resurrection si concentra su di loro, il ritmo migliora. Al contrario, la sottotrama della “congrega di serial killer” organizzata da Leon Prater, che nella prima parte di stagione era risultata una piacevole novità, ha ormai perso mordente anche se ora si prova a ridargli lustro rivelando il background di Prater. L’idea di un network di assassini con un codice proprio era intrigante, ma a questo punto sembra più un diversivo che un elemento davvero centrale. Anche perché Dexter, di fatto, li ha praticamente eliminati tutti.
I due episodi hanno quindi una funzione chiara: chiudere cerchi, riallineare i personaggi e preparare il terreno per l’atto finale. Peccano però di ritmo e di tensione, elementi che erano invece stati gestiti con maggiore efficacia nei precedenti capitoli. Clyde Phillips sembra aver scelto di rallentare momentaneamente per dedicare spazio alle dinamiche familiari e per costruire il confronto finale tra Dexter e il suo passato. È una scelta comprensibile, ma che inevitabilmente toglie energia alla narrazione.
| THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
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Nel complesso, due episodi sufficienti ma non esaltanti. Dexter: Resurrection mantiene la sua coerenza e il suo fascino, ma rallenta proprio quando dovrebbe accelerare. È un passaggio obbligato verso il finale, e se non altro serve a ricordare che, in fondo, la vera storia di questa serie è sempre stata quella di un padre e di un figlio. Tutto il resto — gemelli, congreghe e AirPods inclusi — è semplice contorno.
