Nella lunga e stratificata tradizione narrativa del Marvel Cinematic Universe, il regno di Wakanda si è affermato come una delle mitologie più ricche di potenzialità ancora inespresse. Eyes Of Wakanda, nuova serie animata in formato antologico firmata Todd Harris per Marvel Studios Animation, nasce con l’ambizione di esplorare gli angoli nascosti della geopolitica wakandiana spingendosi al di là del trono e delle battaglie istituzionali, seguendo le gesta degli Hatut Zeraze, i cosiddetti War Dogs, spie e guerrieri impegnati in missioni segrete per conto del Wakanda in grado di rimodellare il mondo in silenzio.
Questo episodio pilota, intitolato “Into The Lion’s Den”, si inserisce in questo solco promettente ma, al netto di qualche buon momento di tensione e una protagonista interessante, l’ambizione narrativa non trova ancora una forma tecnica e drammaturgica all’altezza, restituendo un prodotto che si accontenta della sufficienza e fatica a distinguersi, tanto nell’estetica quanto nella scrittura.
LIBERI SCHIAVI
“No one is my master, and I already have a home.”
Il tema fondante dell’episodio non è nuovo, ma rimane potente: la tensione tra appartenenza e autodeterminazione. Le parole di Noni non rappresentano soltanto una dichiarazione di ribellione, ma anche una rivendicazione di identità che esclude tanto il culto quanto la patria, se privano l’individuo della libertà di scelta. Noni, la protagonista dell’episodio, incarna questa posizione in maniera netta: guerriera straordinaria e figura borderline, rifiuta sia l’integralismo dei suoi nemici sia l’obbedienza cieca richiesta dalla struttura da cui proviene. Il suo percorso – al netto della semplicità della costruzione narrativa – si fa carico di interrogativi interessanti, anche quando la scrittura non riesce ad approfondirli fino in fondo.
Quella di Eyes Of Wakanda è, almeno nelle intenzioni, una riflessione sulla lealtà e sulle sue degenerazioni: se l’appartenenza a una causa si trasforma in dogma, allora anche il più nobile degli ideali può diventare tirannico. È il dilemma che attraversa il personaggio del Leone, avversario e specchio di Noni, che giustifica la sottomissione dei suoi seguaci con la promessa di un futuro migliore per i loro discendenti (“The chained sacrifice today to build the world of tomorrow.”).
Una frase che evoca le dinamiche del colonialismo, del fanatismo e di ogni retorica che trasforma il sacrificio personale in valuta per il progresso collettivo. Purtroppo lo scontro ideologico tra i due personaggi si riduce a una polarizzazione morale che lascia poco spazio all’ambiguità, rendendo prevedibile un esito che avrebbe potuto avere ben altri strati di complessità.
EYES EYE OF WAKANDA
Sul fronte tematico, sebbene il testo proponga riflessioni interessanti sul libero arbitrio, sull’autorità e sul prezzo della libertà, il tutto si sviluppa in modo didascalico, a tratti schematico. L’arco narrativo di Noni è chiaro, ma privo di reali sorprese. Le dinamiche tra personaggi restano abbozzate e raramente si ha la sensazione di trovarsi dentro un mondo complesso: il potenziale del contesto storico – la Creta del XIII secolo a.C. – resta poco sfruttato, tanto sul piano narrativo quanto visivo.
A parziale riscatto, va segnalato il tono insolitamente maturo per un prodotto Disney: alcune sequenze d’azione sono sorprendenti per intensità e contenuto, suggerendo un target leggermente più adulto, e confermando una volontà, forse, di emanciparsi da certi schemi eccessivamente family-friendly. Ma è troppo poco per compensare una direzione artistica debole e un impianto narrativo che, pur funzionale, si ferma alla soglia della sufficienza.
Eppure, nonostante tutte queste debolezze, l’episodio prova, a tratti, a differenziarsi dalla media dei prodotti Marvel recenti. Non tanto nella struttura, che rimane lineare e prevedibile, quanto nella scelta di introdurre elementi più cupi, meno rassicuranti. La violenza, per quanto stilizzata, non è del tutto edulcorata; le conseguenze delle azioni dei personaggi non vengono neutralizzate; la posta in gioco appare reale, anche se narrata con mano incerta. La scelta di posizionare Eyes Of Wakanda in una zona grigia del canone MCU – tra gli eventi ufficiali e le operazioni segrete – potrebbe rivelarsi una mossa vincente, soprattutto se nelle prossime puntate si sceglierà di approfondire la natura politica e morale di queste missioni invisibili.
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Per ora, Eyes Of Wakanda si apre con un episodio che, pur non privo di spunti, appare fragile sul piano tecnico, timido su quello drammaturgico e ancora troppo ancorato a dinamiche semplicistiche per poter ambire a un’esplorazione seria del lato oscuro di Wakanda. Sufficientemente solido da incuriosire, troppo fragile per entusiasmare.
