Robbie WilliamsTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Robbie Williams_docuserieVedere in video i momenti salienti della propria vita è un esercizio che richiede molta consapevolezza di sé e coraggio, perché non si sa mai quanto ci si possa riconoscere nell’immagine che la telecamera (inevitabilmente) mostra di sé stessi.
Soprattutto se il soggetto in questione è Robbie Williams, cantante britannico autore di numerose hit che hanno letteralmente bruciato tutte le classifiche nei rimi anni 2000, con numerosi record di vendite e riconoscimenti fra cui un BRIT Icon Awards, un premio stra-esclusivo dato a quelle personalità che hanno avuto un impatto su tutta la cultura britannica.
Praticamente l’artista pop per eccellenza a inizio secolo, con una lunga militanza che parte da giovanissimo, come membro della boy-band Take That, e una vita letteralmente passata quasi tutta sotto i riflettori senza mai fermarsi un momento. L’ambizione del regista Jon Perlman (autore, fra le altre cose, della Reunion ventennale del cast di Harry Potter) è perciò quella di riuscire a mostrare allo spettatore quello che ancora le telecamere non hanno mai mostrato della vita privata della pop-star inglese. Un’impresa, per certi aspetti, quasi impossibile.

ROBBIE THROUGH THE LOOKING GLASS


E invece, incredibile a dirsi, Robbie Williams, nuova docuserie a tema biopic musicale targata Netflix, riesce in questo intento. Attraverso i suoi quattro episodi lo show sviscera una carriera ventennale (in maniera più o meno cronologica) ma non in maniera puramente descrittiva.
Quello che al regista preme raccontare è soprattutto il lato emotivo di Robbie Williams, in particolare il suo percorso di formazione che passa, inevitabilmente, attraverso i traumi di un’adolescenza quasi mai vissuta a pieno, se non dentro un palco, e l’abuso di alcool e droghe che lo hanno portato numerose volte dentro a dei rehab. Ma soprattutto una depressione e un’ansia da prestazione croniche che hanno causato un vero e proprio burn-out mentale che, per poco, non ha provocato il suo ritiro dalle scene definitivo, fino a raggiungere una rinascita (si spera) definitiva con la moglie Ayda Field e i suoi quattro figli.
Una lunga seduta di psicoanalisi in cui l’artista accetta di ri-vedersi e di fare alcune considerazioni sul proprio percorso artistico ma, soprattutto, umano. Ne viene fuori, inevitabilmente, un ritratto umano estremamente reale e sincero da cui non è possibile non rimanere coinvolti.

CADUTA E RINASCITA DI UNA POP-STAR


Robbie Williams: “I’m about to watch somebody having a nervous mental breakdown.”

Così, alternando filmati di repertorio (molti visti qui per la prima volta) e scene-reaction in cui Robbie Williams commenta questo o quell’avvenimento importante della sua vita, si snoda questo racconto di formazione.
Non senza alternare anche momenti di vita quotidiana della pop-star e dei suoi familiari che, a volte, spezzano un po’ il ritmo del racconto e sembrano voler andare verso un inevitabile “patetismo”, come a voler attirare simpatia a tutti i costi nei confronti dello spettatore.
Ma, alla fine delle quattro puntate, ci si accorge che, in fondo, anche queste sequenze contribuiscono a formare un quadro complessivo di questa personalità davvero complessa e sfaccettata.
Il tutto seguendo un preciso climax emotivo che cresce con una certa tensione fino ad esplodere nel terzo episodio, “Close Encounters”, il quale non a caso è il più “intenso” e quindi il migliore fra i quattro. Il ritmo cala inevitabilmente nell’ultimo episodio, forse il più “costruito”, anche per la sensazione di “work in progress” che rilascia, trattandosi di quello riguardante i momenti più attuali della vita di Robbie Williams. E, tuttavia, in grado di regalare comunque emozioni molto forti e un bellissimo messaggio di speranza su come poter risalire dal fondo di una crisi esistenziale.

CONCLUSIONI


Il regista Jon Perlman dunque riesce nel suo intento di emozionare lo spettatore regalando anche dei momenti esilaranti all’interno di spezzoni che, altrimenti, rilascerebbero solo una forte sensazione di pesantezza emotiva.
C’è sicuramente alla base un soggetto molto forte (anche dato dalla personalità davvero eccentrica del protagonista) ma sono soprattutto il montaggio e la sceneggiatura a dare il tocco finale a tutto quanto.
Senza di essi si sarebbe avuto, al contrario, il solito biopic narrativo, magari raccontato in terza persona. L’escamotage dei video di repertorio (praticamente dei mini-vlog girati dallo stesso Williams prima e dopo i concerti), e delle reazioni del protagonista ad essi, sono invece il vero punto di forza di tutto il prodotto in questione, riuscendo a far empatizzare lo spettatore con il protagonista, quasi creando un vero e proprio dialogo.
Per gli amanti delle docuserie a tema biopic dunque (e non solo per i fan di Robbie Williams), questo show è uno di quelli da non perdere assolutamente.

“…And thought if all/ she offers me protection/ a lot of love and affection/ whether I’m right or wrong/ and down the waterfall/ wherever it may take me/ I know that life won’t break me/ when I come to call.
She won’t forsake me/ I’m loving angels instead…”
(Robbie Williams – Angels)

… THEM ALL!


Let’s Get Wrecked 1×01
Nobody Someday 1×02
Close Encounters 1×03
Cut The Circuit 1×04

 

Tramite video di repertorio commentati (a posteriori) dal suo stesso protagonista, Robbie Williams di Jon Perlman si rivela una delle sorprese di Netflix più apprezzate di questo mese. Un ritratto sincero e appassionato di una delle pop-star britanniche più eccentriche e controverse di sempre che, per la prima volta, accetta di rivedere la sua ventennale carriera in una lunga auto-analisi dai risvolti decisamente non scontati.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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