Fingernails una diagnosi d'amore recensione
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Fingernails – Una Diagnosi D’Amore

Un minutaggio esagerato e fin troppe scene dilatate nel silenzio e negli sguardi persi dei personaggi affossano un film con delle ottime potenzialità che però si perde nella seconda metà e, soprattutto, in un finale che non rende giustizia a nessuno.

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Una tecnologia permette alle persone di determinare se il proprio partner è davvero l’anima gemella tramite l’analisi delle rispettive unghie che devono essere estratte dalle dita e analizzate all’interno di un computer. Nonostante Anna (Jessie Buckley) abbia la certezza scientifica che Ryan (Jeremy Allen White) sia l’uomo giusto per lei, la donna comincia a nutrire dubbi quando viene assunta dall’azienda responsabile per questa miracolosa tecnologia e conosce Amir (Riz Ahmed), il suo nuovo supervisore.

Come anche discusso nel podcast durante la presentazione delle pellicole di Novembre, questo esordio cinematografico in inglese del regista greco Christos Nikou incuriosiva il pubblico per la deriva distopica e per i suoi protagonisti. E d’altronde non potrebbe essere altrimenti visto e considerato come Jeremy Allen White sia una campagna pubblicitaria ambulante dopo il successo (meritatissimo) di The Bear (tra l’altro rinnovato proprio pochi giorni fa); ottime vibe erano anche date dalla scelta di Riz Ahmed (The OA) e Jessie Buckley (Chernobyl, Women Talking) come coppia di protagonisti.
La visione del trailer di Fingernails aveva poi accentuato questo appeal grazie ad una regia e una sensazione di realtà alternativa mista a sensazioni retrò che fanno sempre colpo su una buona fetta di spettatori che è alla ricerca di qualcosa di nuovo e alternativo. A visione ultimata di Fingernails però la sensazione è che l’universo narrativo in cui Nikou ambienta la sua storia non è necessariamente una realtà distopica o alternativa, quanto piuttosto uno spaccato di una città e di una realtà degli anni ’80 che è per lo più una bolla di cristallo dove tutto ciò che c’è all’esterno non tocca minimamente la narrazione.
L’assenza di cellulari e una tecnologia (oltre che uno stile) chiaramente appartenente a quegli anni allontano dalla sensazione di essere in una distopia e questo è uno dei primi punti dolenti del film, sfortunatamente non l’unico. Un altro? Il sottotitolo aggiunto per l’edizione italiana, quel “Diagnosi D’Amore” non necessario e di cui si poteva fare serenamente a meno ma che a quanto pare serve per ingannare una buona fetta di pubblico nostrano.

The reason they come to us is to take the risk out of love. No more uncertainty. No more wondering if you’ve chosen the right partner. No more divorce.

LA PRIMA METÀ È ANCHE BUONA…


La domanda che Nikou fa al pubblico e ai suoi character è legittima e intrigante: se ci fosse un test che certifica l’amore eterno di una coppia varrebbe la pena farlo? E la domanda che segue è altrettanto valida ed intrigante: una coppia rodata e felice dovrebbe fare il test con il rischio di distruggere la propria relazione qualora risulti?
Questo genere di quesiti non hanno un giusto o sbagliato ma sono posti per creare un dibattito e discutere circa i diversi punti di vista che ci possono essere anche nella stessa coppia. Come si evince anche dalle varie “cavie” che si sottopongono al test facendo estrarre un’unghia per scoprire se il loro è un amore destinato a durare per sempre oppure no, c’è chi è più insicuro e ha bisogno di una certificazione esterna che l’amore/sentimento che prova è indistruttibile. Allo stesso tempo c’è anche l’altra faccia della medaglia in cui, in uno strano mix fatto di scetticismo scientifico e paura del risultato finale, si guarda al test come al lancio di una moneta in cui “testa” rappresenta ciò che si prova già e “croce” implica la fine della relazione per via di tutte quelle domande che uno 0% porta con sé.
Tutte queste diverse ideologie sono riportate piuttosto bene dai vari character e la stessa relazione tra Anna e Ryan è costruita appositamente in maniera discutibile per far aumentare le domande circa la veridicità di questo test. Domande più che legittime a cui però la seconda parte del film viene completamente meno.

I mean, I like pulling out people’s fingernails.

…MA LA SECONDA METÀ ROVINA TUTTO


L’immagine scelta per rappresentare Fingernails è perfetta per enfatizzare sia il voto che la suddivisione netta che c’è tra la prima e la seconda parte dove tutto quello che è stato seminato viene ampiamente gettato al vento. La coerenza, comunque mai presente nella protagonista, viene ulteriormente meno e lascia spazio ad una serie di scelte che infastidiscono ma che non hanno necessariamente senso.
Senza fare spoiler, emerge un senso di incoerenza più generale nato dal nuovo lavoro di Anna che da un lato promulga con convinzione il “test dell’amore” e dall’altro lo mette completamente in dubbio enfatizzando un bipolarismo difficile da giustificare. Certamente la contrapposizione scienza-amore è costruita appositamente per dividere lo spettatore che da un lato  può scegliere se credere al test e dall’altro può semplicemente considerarlo poco attendibile visto che si tratta di una tecnologia degli anni ’80, tra l’altro anche piuttosto dibattuta dai vari personaggi secondari/terziari.
In tutto ciò i due protagonisti Anna e Amir, che dovrebbero fungere da guide spirituali per il pubblico, si rivelano essere ancora più disorientati non agevolando né empatia, né accettazione per un finale insensato e svilente. Ed il fastidio aumenta anche a giorni di distanza dalla visione.


Il finale di Fingernails non rende per nulla giustizia allo spettatore che ha ceduto alla richiesta del regista di seguirlo in una storia per due ore, una storia che però si conclude in maniera tronca e con un senso di ingiustizia e incertezza ancora più dirompente rispetto a quello iniziale. Se si conclude una pellicola e l’empatia per la protagonista si trasforma in fastidio, allora qualcosa è andato dannatamente storto.

TITOLO ORIGINALE: Fingernails
REGIA: Christos Nikou
SCENEGGIATURA: Christos Nikou, Sam Steiner, Stavros Raptis

INTERPRETI: Jessie Buckley, Riz Ahmed, Jeremy Allen White, Luke Wilson
DISTRIBUZIONE: Apple TV+
DURATA: 113′
ORIGINE: USA, 2023
DATA DI USCITA: 03/11/2023

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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