INFORMAZIONE DI SERVIZIO
Ogni recensione di Caleidoscopio è stata scritta come se fosse il primo episodio visto della serie, pertanto non tiene conto di informazioni viste e sentite in altre puntate proprio per rispettare il modo in cui la serie di Netflix è stata concepita per la sua fruizione.
L’episodio che prende il titolo di “Violet – Viola” è scritto da Ning Zhou, nome poco conosciuto, ma che ha fatto esperienza come writer assistant in un paio di serie di successo chiamate Ozark e Bloodline, due show che gli sono sicuramente serviti da modello nella realizzazione di questo episodio e di cui si può intravvedere i risultati sia per quanto riguarda l’approfondimento psicologico (cuore pulsante di Bloodline), sia per il mantenimento di una tensione costante (pure DNA di Ozark).
Il regista Robert Townsend non si concentra molto sul colore che dà il titolo all’episodio, scegliendo di mostrarlo chiaramente solo all’inizio e in chiusura e lasciando qualche dettaglio nel mezzo. La visione di “Violet – Viola” nel mezzo del ciclo degli episodi può aiutare lo spettatore a comprendere al meglio il retroscena della storia, ma risulta comunque poco centrato e troppo decontestualizzato per una valutazione più che positiva.
UNA VOLTA DENTRO NON SI ESCE
Leo: “I was thinking that maybe we should take a break.”
Roger: “I think, after Vegas, what we should do is just take a couple months out, slow it down.”
Leo: “Hannah’s getting older, she’s becoming aware of things. And Lily, she’s on her own when we’re on the road.”
Roger: “Yeah. No, I hear you. I think we should just cut back, you know, take it easy, play it smart. Yeah, and just, when the time is right, we strike again, my old friend. Fuck yeah.”
Leo: “Look, I’m… I’m out, man. I am done… for good.”
Roger: “How long you been holding this in?”
Leo: “We always said it was temporary.”
Roger: “Well, yeah, like 15 years ago.”
Leo: “You said it yourself, Chicago could’ve gone sideways.”
Il motivo che porta avanti l’episodio è il desiderio del protagonista Leo Pap di uscire fuori dal giro dei furti e costruire finalmente una vita insieme alla moglie e alla figlia. Fin qui non ci sarebbero problemi se non fosse che il suo complice, Roger Salas, non ha alcuna intenzione di mollare. Come lui anche la ricettatrice Ava Mercer che si impegna molto nel far capire a Leo le conseguenze della sua scelta di abbandonare il lavoro. Torna qui il motivo del “una volta dentro non si torna più indietro“, forse fin troppo utilizzato, ma qui estremamente funzionale alla vicenda da raccontare.
Forse il modo in cui è stata pensata l’intera serie, con una fruizione libera e non lineare, porta a una cattiva comprensione della storia perché un episodio come “Violet – Viola” meglio si collocherebbe come un flashback al centro dello svolgimento degli eventi piuttosto che all’inizio. Tuttavia, l’episodio fornisce l’antefatto adatto e ideale per una rapina colossale in piena regola e la sua eventuale collocazione come pilot rende agevole la visione ma senza quel qualcosa, quella curiosità, per comprendere al meglio gli eventi futuri dato che il motivo di possibili successivi comportamenti ambigui o esagerati si trova già qui.
UN EPISODIO CHE ASSUME I TRATTI DELL’ANTECEDENTE
Forse questo è l’episodio che più di tutti non risente particolarmente di una visione dai pezzi mancanti perché da subito si capisce che è il primo dei pezzi.
“Violet – Viola” racconta i fatti avvenuti 24 anni prima della famosa rapina, ma chi vede l’episodio come il primo si troverà spaesato unicamente perché della rapina in questione non se ne parla mai. Si tratta piuttosto di un antefatto che andrà a comporre il puzzle ma che al momento, preso da solo, ha un suo perché e una sua autonomia.
Risulta quindi interessante iniziare con il passato, ciò che ha segnato i personaggi di Leo Pap, interpretato da un sempre ottimo Giancarlo Esposito, e Roger Salas, complice e compagno abituale di crimini, e capire quindi come gli eventi rappresentati incideranno sul futuro dei protagonisti e della rapina.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio godibile, ma non tale da lasciare a bocca aperta. Del resto è solo un pezzo del puzzle, anche se forse uno dei più importanti proprio per la sua natura di antecedente ai fatti, e spinge a proseguire la visione.
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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.