Gli USA hanno un complesso di inferiorità che li caratterizza, in assenza di una vera e propria mitologia che possa glorificarne le origini (che sono tutt’altro che gloriose). A differenza delle altre culture, che discendono dalle proprie mitologie e quindi dalle proprie tradizioni, gli statunitensi ricercano giorno per giorno una mitologia nuova, da scolpire nella pietra, per riscrivere le proprie origini.
L’esempio più lampante è Hollywood, un’industria nata con lo scopo di raccontare il mito americano. Tuttavia nello sport gli imprenditori americani hanno intravisto la chiave per il successo, per consegnare agli Stati Uniti un’eredità di caratura leggendaria. Tutto ciò corrisponde con l’avvento di un personaggio in particolare nell’NBA. Non Michael Jordan, non Kareem Abdul-Jabbar, l’NBA come è nota oggi esiste grazie a Earvin “Magic” Johnson.
SHOWTIME MAGIC
Innanzitutto Magic Johnson ha cambiato la pallacanestro. They Call Me Magic fornisce una panoramica sull’NBA del pre-showtime: una lega ad un passo dal fallimento. Sarà il talento di Lansing, con i suoi Lakers e la vision del dr. Jerry Buss a cambiare la storia. Per certi versi, il primo episodio risulta essere un po’ ridondante con un altra serie in onda attualmente: Winning Time. È infatti singolare la coincidenza che due serie del genere siano state rilasciate da due emittenti competitor praticamente in contemporanea. Non può essere un caso, e le accuse di Jerry West confermano la teoria.
Dall’altro lato They Call Me Magic può essere visto, soprattutto nei primi due episodi incentrati maggiormente sulla carriera cestistica, come uno spin-off di quel gioiello che fu The Last Dance. Lo stile documentaristico impiegato è pressoché lo stesso e gli avvenimenti narrati, la rivalità con Bird, l’egemonia Lakers degli anni ’80, fino ad arrivare al rapporto con Isiah Thomas e i suoi “Bad Boys”, fungono da prequel per uno spettatore casuale che non conosce la storia dell’NBA e si è affacciato ad un mondo nuovo grazie alla docuserie su Michael Jordan.
MAGIC FOUNDATION
Tuttavia la grande differenza con The Last Dance sta nell’ambito extra-cestistico. La figura di Magic Johnson è stata protagonista di molteplici eventi, che lo hanno consegnato alla storia sia dentro che fuori dal campo di basket. Con l’avvicinarsi della fase calante della sua carriera, infatti, ecco che prende il sopravvento la sua vita privata. Viene dato molto spazio a Cookie, alla loro relazione burrascosa, con tanto di interviste poco eleganti alle amiche del college. È apprezzabile anche il focus dedicato ai suoi figli, e in particolare su EJ, per quella che è una vera e propria famiglia contemporanea, non convenzionale, ma molto unita nei numerosi momenti critici.
La docuserie cambia passo quando inizia a trattare della positività al virus HIV. Il tema della sieropositività viene trattato con estrema delicatezza e in maniera professionale. Viene infatti narrata la “storia nella storia”, di un periodo in cui la notizia non poteva essere divulgata per paura delle conseguenze mediatiche. L’All-Star Game del 1992 diventa, però, il simbolo di cosa un’icona sportiva come Magic abbia potuto rappresentare per una causa così nobile. Un personaggio che ha dovuto abbandonare la sua passione, oltre che il suo mestiere, a causa soprattutto dei pregiudizi e della paura verso qualcosa che ancora non si conosceva bene.
MAGIC ENTERPRISES
Il lato inaspettato, e che invece viene largamente esplorato da They Call Me Magic, è invece quello imprenditoriale. Infatti, a causa di un prematuro ritiro, Magic si trovò costretto a doversi reinventare, riuscendoci alla grande. Earvin Johnson è riuscito a far coincidere la capacità di saper fare business, generare profitto, arricchendosi, con un movente sempre filantropico. Ha supportato le comunità nere allargando anche a loro il mercato, ha sfruttato dei vuoti enormi in quartieri come Compton, stimolando le menti e facendo girare l’economia nei quartieri più bistrattati.
Questa è solo una delle numerose azioni compiute dall’ex-playmaker dei Los Angeles Lakers, pioniere tanto sul parquet con i suoi alley-oop e i no-look, così come fuori, mostrando la strada ai suoi colleghi sul come fare business dopo aver appeso le scarpe al chiodo. In questo forse l’impostazione della docuserie può sembrare un po’ faziosa. Più volte vengono sottolineati gli stessi punti, soprattutto nel quarto episodio, che può tediare lo spettatore con l’elenco delle azioni compiute dalla Magic Enterprises. La sensazione, in certi passaggi, nelle ultime due puntate, sembra quasi di star osservando un grande spot per la figura che rappresenta Magic Johnson.
… THEM ALL!
JuneBug 1×01 | |
Buck 1×02 | |
Earvin 1×03 | |
Magic 1×04 |
Dal regista Rick Famuyiwa (The Mandalorian) ecco che They Call Me Magic si classifica come una docuserie di buon livello per Apple Tv+. Le prime due puntate sembrano quasi un prequel degli eventi narrati in The Last Dance, mentre l’ultima si perde un po’ nell’esaltare tutte le opere compiute dall’ex-cestista. Nel bel mezzo c’è “Earvin”, una puntata che potrebbe insegnare molto a molti per quanto riguarda l’HIV.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.