Alexia ha una placca di titanio conficcata nel cranio a causa di un incidente d’auto. Ballerina in uno showroom automobilistico. Ma Alexia non è solo sensuale: è una serial killer della zona sud di Parigi. In fuga per questa sua sfrenata passione entra in collisione con Vincent, un vigile del fuoco alla disperata ricerca di aiuto. |
“The most shocking film of 2021”. Così è stato definito dalla BBC Titane, il film vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, diretto da Julia Ducournau (già regista di Raw e di due episodi di Servant). Un film che viene incasellato nel genere body horror, etichetta che viene ben presto giustificata all’interno della pellicola con la scena dell’operazione di Alexia a cui viene applicata una placca in titanio alla testa dopo un incidente d’auto. Un visual thriller-horror che cattura l’attenzione per il suo tratto macabro e naturale che potrebbe risultare forse eccessivo per gli stomaci meno forti, ma che non circoscrive la propria forza narrativa nel banale utilizzo di sangue, ferite, tagli e quant’altro. Titane cerca di trasmettere al proprio pubblico qualcosa di più, nonostante la sufficienza con cui alcuni dettagli vengano trattati.
Un piccolo consiglio, prendere o lasciare. Il pompiere Legrand è mio figlio. E io chi sono per voi? Sono Dio. Quindi non solo è vostro fratello, lui è Gesù. Gesù parlerà quando avrà qualcosa da dire. E lo ascolteremo. Capito?
Dopo l’incidente in auto occorsole da bambina, in seguito al quale le è stata applicata una placca di titanio alla testa, il film fa un balzo in avanti nel tempo mostrando una Alexia già adulta, mentre si reca sul suo posto di lavoro: ragazza immagine (showgirl) presso un motor show in cui si esibisce ancheggiando voluttuosamente sopra una Cadillac dipinta con fiamme e fuoco. Uno show, quello di Alexia, che attira curiosi e fan tanto che numerosi sono gli autografi richiesti alla ragazza. E anche le avances delle colleghe non mancano.
Parallelamente a questa vita, però, lo spettatore verrà presto informato della vita da serial killer della ragazza: in primo luogo grazie ad un omicidio a cui viene dedicato ampio spazio in scena; in un secondo momento, invece, grazie al telegiornale che sottolinea come il ritrovamento (implicitamente si capisce che si sta facendo riferimento al ragazzo ucciso poco prima da Alexia) sia solo l’ultimo di una lunga lista. Una serial killer, quindi. Si sarebbe portati a credere che quanto esposto possa incasellarsi in un normale thriller, tuttavia l’aspetto horror è dietro l’angolo.
Dopo l’omicidio del ragazzo, Alexia torna allo showroom per una seconda doccia a cui segue una sequenza di puro cinema d’autore: Alexia nuda esce dalla doccia a causa dei rumori metallici che arrivano da oltre la porta. La Cadillac dello show è accesa e la illumina, mentre la figura femminile cammina sinuosa e le si avvicina. Apparentemente Alexia utilizza l’auto per masturbarsi, provocando piacere a se stessa ma anche alla vettura. È da tenere in considerazione, tuttavia, che la ragazza scoprirà di essere incinta poco dopo questa scena ed è quindi possibile che all’interno della vettura si sia consumato un vero e proprio rapporto tra l’automobile e la ragazza, quasi fossero diventati un tutt’uno a causa del collegamento (il titanio) che li accomuna. Un aspetto di puro surrealismo narrativo che si mischia con l’horror delle varie sequenze rendendo Titane, per alcuni palati, un’opera kitsch.
Thrillingly provocative and original, Titane reaffirms writer-director Julia Ducournau’s delightfully disturbing vision. (Rotten Tomatoes)
Oltre al comparto body horror che ricopre numerose sequenze (Alexia che si ferisce vistosamente) e a quello thriller con vari omicidi portati in scena (la festa privata a cui partecipa la ragazza), Titane cerca anche di affrontare anche un complicato rapporto con la figura paterna proprio di Alexia.
Nonostante viva ancora con i genitori, ignari del lato serial killer della figlia, il rapporto è spesso privo di veri e propri dialoghi rifugiandosi in brevi mugugni, sguardi torvi, occhiate e veloci saluti privi di interesse alcuno. Un aspetto che viene sublimato quando Alexia, ormai esposta pubblicamente come serial killer, decide di sacrificare i propri genitori per nascondere le proprie tracce. Una sequenza rapida, meschina umanamente, ma in linea con quanto mostrato fino a quel momento. Ed è da quel preciso istante che il rapporto con la figura paterna di Alexia cambia e muta. Forse per sopravvivenza, forse per redenzione per quanto causato per i propri genitori, forse perché Vincent (la nuova figura paterna che la accoglie) è un “padre” che la accetta (nella convinzione sia il figlio scomparso dieci anni prima) per quella che è senza fare troppe domande.
Cercando di sfuggire alla giustizia, Alexia si rende conto di assomigliare incredibilmente ad uno degli invecchiamenti tecnologici mostrati sia alla tv, sia sui cartelloni della stazione relativi ai ragazzi scomparsi oltre dieci anni prima. Per dissimulare ulteriormente il riconoscimento si frattura il naso contro il lavello del bagno della stazione in una delle tante sequenze da stomaci forti. Vincent, citato poco sopra, è il vigile del fuoco che vede in Alexia il figlio scomparso anni prima, Adrien.
Tra i due si instaurerà fin da subito un rapporto fatto di piccoli segreti, di amore e d’affetto crescente. Vincent promette protezione ad Adrien/Alexia notandone il carattere recalcitrante; Alexia dal canto suo rimane sulla difensiva sia per l’enorme bugia che si ritrova a vivere, sia per la gravidanza che sta portando avanti nonostante il tentativo di aborto con la grossa forcina fatto durante la festa privata.
Alexia ha la possibilità di allontanarsi da Vincent ad un certo punto, ma decide di rimanere non tanto per propria sopravvivenza quanto per l’affetto che prova per l’uomo, una persona disposta a scendere a patti con la propria logica pur di vivere nella convinzione di aver ritrovato il proprio figlio.
Poverina. Tu… poverina. In che guaio ti sei cacciata? Quali siano le tue contorte ragioni per sfruttare la sua follia del cazzo, non mi interessa, prenditi cura di lui. Guardami. Prenditene cura. Ha bisogno di qualcuno, di te o di qualcun altro.
La gravidanza di Alexia è l’aspetto forse più surreale (e in certi passaggi eccessivamente trash) della pellicola: nessuno nota niente nonostante la pancia sia evidente, quanto meno durante le sequenze con la ragazza a nudo. Nelle altre riprese invece, lo stomaco appare piatto e senza accenno alcuno. Cosa sicuramente non giustificabile dalle bende utilizzate da Alexia per stringere seno e pancia per nasconderli ad occhi indiscreti. Tuttavia è un aspetto da prendere così come viene mostrato ed accettarlo senza eccessive remore. Anche perché voler puntualizzare la semplicità con cui viene celata la gravidanza quando, probabilmente, il bambino è frutto di una serata di passione tra Alexia ed una Cadillac, significherebbe non aver compreso il surrealismo attorno a cui vegeta Titane.
Ci sono qui io. Resta con me. Alexia? Ci sono qui io. Ci sono qui io. Ci sono qui io.
Surrealismo, trash, thriller e body horror: un mix che funziona, ma che non potrà piacere a tutti i palati. Eppure il lavoro di Julia Ducournau risulta valido, interessante e affronta la tematica del rapporto padre-figlio/a sotto una luce totalmente diversa dal solito e affatto banale. Certo, bisogna scendere a patti con una gestione raffazzonata di alcuni dettagli (anche abbastanza importanti) ad un surrealismo di scena abbastanza importante. Ma a conti fatti ne vale la pena per un’opera autoriale con questo impatto visivo.
TITOLO ORIGINALE: Titane REGIA: Julia Ducournau SCENEGGIATURA: Julia Ducournau INTERPRETI: Agathe Rousselle, Vincent Lindon, Garance Marillier, Myriem Akheddiou, Bertrand Bonello DISTRIBUZIONE: Diaphana Distribution (Francia) – Neon (USA) DURATA: 108′ ORIGINE: Francia-Belgio, 2021 DATA DI USCITA: 13/07/2021, Festival Di Cannes |