La trama verticale procede bene, seppur con l’aiuto di qualche cliché, come l’incontro al parco tra due persone che si danno la schiena per non far capire che stanno dialogando, o comunque non farsi riprendere o fotografare insieme. Un altro classico è il personaggio che si auto definisce “altamente patriottico” dopo aver causato danni devastanti a mezzo mondo.
Un piccolo tentativo di innovazione si può vedere nell’introduzione delle Sacre Chiavi di Internet: questa parte della trama sembra quasi una declinazione moderna dei Templari in difesa del Santo Graal.
Nello svolgimento, una citazione particolare meritano Tom e Mr. Solomon, capaci di trasformarsi, in un batter d’occhio, da nemici giurati in duo comico perfettamente affiatato. Questa è davvero una caratteristica vincente del mondo di The Blacklist: le grandi “improvvisazioni” di cui anche Lizzie è maestra. Alla luce dei successivi sviluppi, vedere poi Solomon incaricato dalla sua datrice di lavoro di indagare su Tom, dà persino una sensazione di piacevole coerenza.
Brilla però anche Dumont, al quale viene concesso un minimo di approfondimento con l’introduzione del fratello. Non è ai livelli del collega Aram, ma svolge egregiamente il suo lavoro. Ha pure una battuta su come sia sconsigliato, volendo mantenere la popolazione serena, organizzare un “black site” in centro a Manhattan.
Le scene di Susan con il suo gigolò di fiducia, stavolta, fanno persino piacere… quando ecco arrivano i minuti finali a trasformare i punti positivi di cui sopra in altrettanti capi d’accusa.
Cioè, fin dal promo della settimana scorsa, sentendo che Scottie sarebbe stata “ad una sola telefonata dal rintracciare il suo bambino”, conoscendo le regole della narrazione e le storione tipo Piccolo Lord, si poteva preventivare un qualche colpo di scena, ad esempio l’apparizione di un “finto Christopher”. Gli sceneggiatori, però, hanno messo le cose in modo da complicarle eccessivamente, appesantirle e rendere necessario, per chi voglia capirci qualcosa, farsi uno schemino, neanche si dovesse preparare un’interrogazione.
Dunque, abbiamo il gigolò pure lui sotto falso nome, pronto a fare avances alla giovane segretaria – assistente di Susan. Fin qui ci si può anche stare: siamo in un mondo dove chi non ha alias non ha cittadinanza, la segretaria è più giovane della sua datrice di lavoro ma, appunto, conoscendo l’ambito in cui ci si sta muovendo, il sospetto di ulteriori tradimenti e doppi giochi, a complicare una matassa già ingarbugliata, è più che lecito.
Tutto crolla quando Tom va trovare suo padre. Howard Hargrave (bacchettata sulle dita per il suo brutto vizio di non rispondere mai in merito alle domande rivoltegli, continuando imperterrito col proprio discorso) è lì con l’investigatore ingaggiato da Scottie. In realtà, tale investigatore ha sempre lavorato per lui “e sempre lo farà”, quindi ha preparato per la signora una falsa pista, comprensiva di falsi coniugi Phelps da incontrare, per disilluderla. Scopo dichiarato: guadagnare tempo perché Tom possa, con le sue arti, entrare nelle grazie di sua madre e farle spiegare cos’è Whitehall.
Alla luce di tutto ciò, si capisce come lo scorso episodio sia servito da lunga e tortuosa premessa: non ci fosse il sospetto che Susan sia una spia – doppione, sarebbe bastato riportarle il figlio, a cui lei, dopo un pianto liberatorio, avrebbe detto qualcosa come: “Vieni, siedi alla mia destra e dominiamo il mondo insieme”. Sì, però qui c’è il vero domandone, tramandatoci dagli antichi: cui prodest? Ovvero: perché introdurre simili circonvoluzioni e, ancor di più, perché il pubblico se le dovrebbe sorbire?
Per ora non si intravede una risposta. A chi di dovere restano quattro puntate per darla.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Independence, U.S.A. 1×03 | 3.69 milioni – 0.7 rating |
Operation Davenport 1×04 | 4.12 milioni – 0.7 rating |
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).