The Strain 4×04 – New HorizonsTEMPO DI LETTURA 5 min

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In The Strain parlare di una contrapposizione manichea tra umanità e strigoi è praticamente impossibile. Da un lato, gli strigoi sono “malvagi” solo dal punto di vista degli esseri umani, perché di fatto, se si volesse guardarli in maniera neutrale, non fanno nulla di diverso da quello che tutte le altre specie, Homo sapiens compreso, hanno fatto per milioni di anni: si  preoccupano della propria sopravvivenza, della propria riproduzione, del proprio sostentamento e della sottomissione delle specie inferiori; lo strigoi che succhia il sangue da un uomo non è affatto diverso dal leone che sbrana la gazzella o dalla vespa icneumone che depone le proprie uova nel corpo ancora vivo di un altro animale paralizzato, lasciando che le larve lo divorino dall’interno mentre è pienamente cosciente, e le fabbriche sforna-bambini della Partnership sono sostanzialmente allevamenti di esseri umani alla pari degli allevamenti di polli o di maiali. Dall’altro lato, e questo è il dettaglio su cui “New Horizons” ritorna più volte, sono stati gli esseri umani stessi a favorire l’ascesa degli strigoi: dall’arrivo al John F. Kennedy International Airport della bara contenente il Maestro, portata fuori dall’aeroporto da Gus Elizalde con l’aiuto di Jim Kent, all’esplosione della bomba nucleare di New York causata da Zach Goodweather, gli umani hanno sempre contribuito massimamente alla causa del Maestro, sicché in fin dei conti è l’umanità stessa che si è auto-sconfitta.
Ma non solo: una volta imposto il nuovo regime dei succhiasangue, l’umanità si è ritrovata divisa tra quanti sono sottomessi, schiavizzati, usati come semplice fonte di cibo e quanti invece sono divenuti collaboratori dei dominatori, privilegiati che tuttavia potrebbero perdere tutto quello che hanno nel caso non soddisfacessero più i loro padroni. Sanjay Desai è il tipico esempio di questa seconda categoria: ha contribuito alla causa degli strigoi facendo arrivare dall’Egitto le testate nucleari che tanti danni hanno fatto nel finale della terza stagione, è stato messo a capo di un progetto delicato e fondamentale quale l’allevamento di neonato con sangue B positivo (la varietà più apprezzata dagli strigoi) eppure persino mentre è a cena con la moglie Selah deve sentirsi dire da Eichhorst che potrebbe essere rimpiazzato se non portasse risultati soddisfacenti. L’insistenza su un personaggio del genere, che poteva benissimo non tornare (tanto più se si considera che in “The Fall” sembrava morto) e che invece è stato riesumato in questa quarta stagione e posto in una posizione così scomoda, è troppo sospetta per non credere che possa finire per ribellarsi e giocare un ruolo fondamentale nella ribellione; per ora, però, non si può non constatare come Eichhorst, benché compaia pochi minuti sullo schermo, sia un villain di grande spessore, viscido, sadico, inquietante nei suoi modi melliflui ed eleganti e nel contempo sottilmente minacciosi, ed è un peccato che finora sia stato così sacrificato in termini di screentime.
A Philadelphia continuano le avventure di Eph Goodweather in versione partigiana, anche se la banda di combattenti di cui fa parte è quasi interamente sterminata da un attacco di strigoi che, finalmente, regala un po’ di quella sana azione che in The Strain troppo spesso manca; l’unica altra superstite, oltre al buon dottore, è Alex, che si avvia a diventare la sua spalla e probabile nuovo interesse amoroso (sperando che abbia maggior fortuna di Kelly, di Nora e di Leigh, tutte e tre morte). Gus, invece, deve affrontare la minaccia rappresentata da una banda nemica composta da ex-poliziotti del NYPD, contro cui organizza un attacco a sorpresa: lo spettatore finirà per chiedersi, giustamente, se sta ancora seguendo una serie tv su vampiri-zombie o se è inavvertitamente passato a un filmaccio di serie Z sulle lotte tra gang, così come si chiederà che senso abbia avuto mantenere nello show personaggi come Gus e Alonso Creem se la loro unica utilità, al momento, è essere protagonisti di questi filler (ma Gus è un personaggio che sarebbe potuto uscire di scena anche alla fine del secondo episodio della prima stagione, dopo aver portato fuori dall’aeroporto la bara contenente il Maestro, senza che la trama generale non ne risentisse affatto).
Per fortuna, l’inutilità e la noiosità di Gus e della sua banda mezza ispanica e mezza nigeriana sono riscattate dalla storyline di Dutch, prigioniera della clinica della Partnership in cui le donne sono ingravidate e costrette a partorire bambini che gli strigoi utilizzeranno per i loro fini. In un’atmosfera inquietante e opprimente da vero e proprio allevamento umano, l’ex-hacker è posta di fronte a un tremendo dilemma: diventare ella stessa una collaborazionista, aiutando Sanjay Desai a mantenere sotto controllo le altre donne, a rassicurarle e a fare in modo che i parti avvengano senza problemi, oppure opporsi e ritrovarsi per strada o in posti ancora peggiori? Benché inizialmente accetti, seppur con qualche tentennamento e qualche legittima remora morale, Dutch si rende presto conto di tutta la disumanità di quell’operazione e non a caso è proprio quando vede negato a una madre il diritto di vedere la propria bambina appena nata, seppur per un istante, che scatta la volontà di ribellarsi, di non accettare più il compromesso, di tentare una reazione e insieme di cercare una via di fuga da quell’inferno. E’ un vero peccato che la fuga di Dutch si concluda con il solito e prevedibile accerchiamento da parte dei nemici, non perché ciò le impedisca di uscire dalla clinica ma perché conduce al becero e stantio cliffhanger con l’eroe di turno circondato e lo spettatore in apprensione che si domanda se sopravvivrà o meno, spingendolo così a catapultarsi sulla successiva puntata quand’essa andrà in onda; ma Dutch è una dei protagonisti (bel risultato per una che nei libri da cui è tratta la serie nemmeno esiste!) ed è altamente improbabile che muoia (o almeno che muoia così), per cui il finale di episodio finisce per risultare ridicolo nel suo tentativo di suscitare pathos e preoccupazione.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Eichhorst: si vede poco, ma è sempre un grande villain
  • Lo sterminio della resistenza di Philadelphia
  • La clinica sforna-bambini e il dilemma morale di Dutch
  • La storyline di Gus: è ancora The Strain o un filmaccio sulle lotte tra gang?
  • Il cliffhanger finale
The Strain continua a non convincere pienamente, non tanto per un ristagno della trama quanto per il modo in cui vengono portate avanti determinate storylines. Le vicende di Eph a Philadelphia e di Dutch che tenta la fuga dalla clinica della Partnership lasciano presagire una decisa quanto gradita accelerata della narrazione, ma è Gus che continua a rappresentare l’anello debole anche quest’anno.
One Shot 4×03 0.86 milioni – 0.3 rating
New Horizons 4×04 1.17 milioni – 0.4 rating

 

 

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

3 Comments

  1. Serie davvero mediocre e scritta con i piedi, avevo sperato dopo la terza serie che le cose fossero migliorate, ma invece è crollata ancora.

  2. Non c’è mai limite al peggio. Tolto qualche momento più ispirato e qualche puntata scritta meglio, questa quarta stagione è stata l’indegna conclusione di una serie che, a mio avviso, se portata avanti con intelligenza avrebbe potuto dare molto. Un ottimo spunto di partenza rovinato anno dopo anno, ecco come ricorderò The Strain.

  3. The Strain era partito bene con la prima stagione poi man mano con le altre stagioni è diventato quasi inguardabile.
    La quarta stagione per me fino al settimo episodio a cui sono arrivato è davvero scadente, priva di capacità di trasmettere emozioni e qualitativamente peggiorata alla grande…

    A quest’ultima stagione in particolare do’ un 2 su 10

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