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L’ultima scena della puntata racchiude in sé un riassunto perfetto di quanto mostrato in “A Mercy”: desiderosi di portare un minimo di felicità all’interno della ciurma, i capitani delle navi decidono di istituire una breve festa in maschera. Ma la felicità, un’emozione quanto mai labile considerata l’ambientazione e le vicissitudini che hanno contraddistinto la serie, svanisce esattamente come la prima alba dopo un periodo di puro e tetro buio: fa capolino, riscalda i volti ed i corpi esanimi della ciurma e così come è apparsa, svanisce, non lasciando alcuna prova del suo passaggio e rigettando nella desolazione più totale ogni singolo individuo abbandonato all’addiaccio.
Una conclusione mestamente poetica per questa puntata, che accelera ulteriormente i tempi: il momento in cui, per poter cercare aiuto e salvarsi, le due navi della marina dovranno essere abbandonate si avvicina vigorosamente, senza alcun rallentamento.
Ma cosa, esattamente, attende la ciurma della Erebus e della Terror nel freddo polare? Tralasciando le intemperie, il freddo, l’ambiente ostile e una razione sempre ridotta di cibo, il percorso potrebbe essere ulteriormente reso complicato da Tuunbaq, la creatura che oltre ad aver decimato la ciurma ha fiaccato ed indebolito lo spirito di ogni singolo marinaio, creando scompiglio, incomprensioni e tensioni di non poca importanza all’interno del gruppo: basti pensare ai disertori che volevano giustiziare Lady Silence e successivamente frustati di fronte a tutti come punizione.
In conclusione, la situazione non è delle migliori ed è proprio per questo motivo che il morale delle truppe doveva essere risollevato ma, la festa rovinosamente giunta ad una brutale conclusione, ha semplicemente peggiorato le cose. E le ha peggiorato sotto un altro aspetto, all’infuori di quello sociale: a seguito dell’incendio, è rimasto un unico medico a disposizione di entrambe le navi e valutando l’infausto viaggio che attende l’intero gruppo c’è da considerare anche le difficoltà che il buon Henry Goodsir riscontrerà lungo il cammino.
The Terror mischia a questi enigmi un ottimo dosaggio di caratterizzazione dei personaggi, facendosi forte di una coralità narrativa ben strutturata e mantenuta lungo l’intera puntata (ma è un discorso facilmente allargabile all’intera serie). Certo, come abbiamo fatto notare nelle passate recensioni questa narrazione rende determinati personaggio ambigui e difficili da collocare, ma d’altra parte in ogni individuo esistono svariate sfumature emozionali, quindi voler a tutti i costi incasellare qualcuno nel lato Bianco o Nero è forse errato da un punto di vista sociologico.
La coralità della narrazione, come si diceva, rende la narrazione vera, a tratti tangibile, quasi lo spettatore riuscisse ad immedesimarsi con i personaggi in scena e percepisse distintamente le emozioni in loro suscitate. Ma l’elemento forse migliore è che ogni singolo personaggio porta insito nell’animo un certo desiderio di rivalsa verso il mondo, verso i propri compagni o più in generale verso la vita: tutti, nessuno escluso, hanno il desiderio di mostrare un lato di loro stessi non ancora venuto a galla, nel bene o nel male.
Altri ancora, tuttavia, sembrano essere più sospinti da un forte spirito di autoconservazione esistenziale, piuttosto che di aiuto verso gli altri. Un modo di fare che, siamo sicuri, prima o poi incrinerà in maniera netta e chiara i rapporti all’interno del gruppo: al momento vigono e sono presenti ancora delle chiare e distinte regole, una linea di comando alla quale obbedire e verso la quale mostrare rispetto. Ma è indubbio che questo atteggiamento, a lungo andare, perderà i propri effetti e sarà in quel momento che l’istinto animale, basso e gretto celato dai più, verrà finalmente mostrato in scena: sarà l’istinto di conservazione a far da padrone delle prossime puntate?
Questo, a conti fatti, rappresenta la domanda che risulta essere lasciata in sospeso da più tempo.
Certo è che a lungo andare, si allenterà la presa del potere di determinate cariche lasciando spazio a quella società di natura di hobbesiana memoria di cui tanto sembra essere stata rimandata la comparsa in scena.
Una conclusione mestamente poetica per questa puntata, che accelera ulteriormente i tempi: il momento in cui, per poter cercare aiuto e salvarsi, le due navi della marina dovranno essere abbandonate si avvicina vigorosamente, senza alcun rallentamento.
Ma cosa, esattamente, attende la ciurma della Erebus e della Terror nel freddo polare? Tralasciando le intemperie, il freddo, l’ambiente ostile e una razione sempre ridotta di cibo, il percorso potrebbe essere ulteriormente reso complicato da Tuunbaq, la creatura che oltre ad aver decimato la ciurma ha fiaccato ed indebolito lo spirito di ogni singolo marinaio, creando scompiglio, incomprensioni e tensioni di non poca importanza all’interno del gruppo: basti pensare ai disertori che volevano giustiziare Lady Silence e successivamente frustati di fronte a tutti come punizione.
In conclusione, la situazione non è delle migliori ed è proprio per questo motivo che il morale delle truppe doveva essere risollevato ma, la festa rovinosamente giunta ad una brutale conclusione, ha semplicemente peggiorato le cose. E le ha peggiorato sotto un altro aspetto, all’infuori di quello sociale: a seguito dell’incendio, è rimasto un unico medico a disposizione di entrambe le navi e valutando l’infausto viaggio che attende l’intero gruppo c’è da considerare anche le difficoltà che il buon Henry Goodsir riscontrerà lungo il cammino.
The Terror mischia a questi enigmi un ottimo dosaggio di caratterizzazione dei personaggi, facendosi forte di una coralità narrativa ben strutturata e mantenuta lungo l’intera puntata (ma è un discorso facilmente allargabile all’intera serie). Certo, come abbiamo fatto notare nelle passate recensioni questa narrazione rende determinati personaggio ambigui e difficili da collocare, ma d’altra parte in ogni individuo esistono svariate sfumature emozionali, quindi voler a tutti i costi incasellare qualcuno nel lato Bianco o Nero è forse errato da un punto di vista sociologico.
La coralità della narrazione, come si diceva, rende la narrazione vera, a tratti tangibile, quasi lo spettatore riuscisse ad immedesimarsi con i personaggi in scena e percepisse distintamente le emozioni in loro suscitate. Ma l’elemento forse migliore è che ogni singolo personaggio porta insito nell’animo un certo desiderio di rivalsa verso il mondo, verso i propri compagni o più in generale verso la vita: tutti, nessuno escluso, hanno il desiderio di mostrare un lato di loro stessi non ancora venuto a galla, nel bene o nel male.
Altri ancora, tuttavia, sembrano essere più sospinti da un forte spirito di autoconservazione esistenziale, piuttosto che di aiuto verso gli altri. Un modo di fare che, siamo sicuri, prima o poi incrinerà in maniera netta e chiara i rapporti all’interno del gruppo: al momento vigono e sono presenti ancora delle chiare e distinte regole, una linea di comando alla quale obbedire e verso la quale mostrare rispetto. Ma è indubbio che questo atteggiamento, a lungo andare, perderà i propri effetti e sarà in quel momento che l’istinto animale, basso e gretto celato dai più, verrà finalmente mostrato in scena: sarà l’istinto di conservazione a far da padrone delle prossime puntate?
Questo, a conti fatti, rappresenta la domanda che risulta essere lasciata in sospeso da più tempo.
Certo è che a lungo andare, si allenterà la presa del potere di determinate cariche lasciando spazio a quella società di natura di hobbesiana memoria di cui tanto sembra essere stata rimandata la comparsa in scena.
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“A Mercy” è il fatidico episodio-giro di boa e The Terror non sembra minimamente intenzionato ad accelerare ulteriormente i ritmi della propria narrazione: il cammino è lento, ma convincente e bello in maniera agghiacciante. Chiedere qualcosa di più vorrebbe forse dire snaturare la costruzione dell’intero prodotto, meglio accontentarsi.
First Shot a Winner, Lads 1×05 | ND milioni – ND rating |
A Mercy 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.