The Twilight Zone 1×03 – ReplayTEMPO DI LETTURA 4 min

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“Nina Harrison found that only by embracing her past could she protect her son’s future. And it was love, not magic, that kept evil at bay.
But for some evils, there are no magical, permanent solutions, and the future remains uncertain even here in The Twilight Zone.”

A differenza del precedente episodio, non c’è la mano di Jordan Peele nella scrittura di “Replay”, terzo episodio di questa serie-reboot del classico The Twilight Zone di Rod Serling.
Il regista del recente Us si limita, come sempre, a fare la sua comparsa come narratore esterno e voce narrante degli eventi. Eppure se c’è un episodio che più di tutti quelli visti finora risulta essere “jordanpeeliano” è proprio questo.
Come le opere del regista infatti, l’utilizzo del genere narrativo (in questo caso fanta-horror) è in realtà un pretesto per parlare di altro, in un continuo gioco semantico-metaforico in cui è possibile riconoscere più di un riferimento all’attualità e alla storia del popolo afroamericano, temi prediletti del regista.
In una tavola calda Nina Harrison (una straordinaria Sanaa Lathan) si sta gustando la sua colazione insieme al figlio Dorian (Damson Idris già visto in Snowfall). Lei è emozionata perché il figlio sta per andare al college e come tutte le madri vuole immortalare ogni singolo momento della giornata grazie alla sua videocamera portatile.
In questo contesto, apparentemente tranquillo, sono almeno due i fattori che destabilizzano il tutto: il primo è l’elemento soprannaturale (altrimenti che episodio di The Twilight Zone sarebbe?) rappresentato dalla cosiddetta videocamera che si scopre avere il potere di rimandare indietro il tempo spingendo il tasto “replay”, come se la vita del proprietario fosse un nastro (praticamente il sogno di Vasco Rossi); il secondo è l’entrata in scena dell’agente Lasky (un altrettanto ottimo Glenn Flesher) che fin da subito si caratterizza come il classico poliziotto bianco razzista e sadico, a cui evidentemente la coppia madre-figlio non va a genio.
Dall’unione di questi due elementi viene fuori un racconto dal ritmo serrato e inquietante in cui la coppia madre-figlio si dovrà necessariamente servire della videocamera per sfuggire alla persecuzione continua dell’agente Lasky che cerca in tutti i modi di ostacolare il cammino della famiglia.
La rappresentazione del Male (e del razzismo) personificata da questo character è volutamente senza una spiegazione pienamente logica. Fino all’ultimo non si sa bene perché costui ce l’abbia tanto a morte con questa famiglia né perché il fatto che Dorian vada al college possa rappresentare per lui una sorta di pericolo sociale. Il che è senza dubbio un buco di sceneggiatura ben evidente, ma in effetti contribuisce a rendere il tutto ancora più inquietante e ansiogeno, proprio perché è un Male che non ha alcuna motivazione ma che purtroppo accade ed è metafora di numerosi episodi di intolleranza e razzismo reali che pure accadono senza alcun motivo apparente, se non per il proprio razzismo intrinseco.
L’unica arma contro questo Male inevitabile è dato dal “potere” dei media e dell’informazione, quando questi vengono usati come strumento di denuncia, per cui la videocamera di Nina è un’eccellente metafora (notare anche la scelta di un mezzo ormai “antiquato” come una videocamera piuttosto che un qualunque Iphone o tablet).
L’idea alla base che l’informazione e la denuncia abbia ancora un valore per fare luce sull’ingiustizia del mondo è senza dubbio il valore aggiunto di questo episodio (anche se un po’ ingenuo e didascalico nella sua rappresentazione) che non si limita solo a confezionare un buon prodotto fanta-horror con una declinazione originale e interessante del tema narrativo del loop temporale, ma è utile anche per riflettere e far pensare.
Il finale aperto è adatto in questo senso poiché non è per nulla consolatorio (anzi fa venire ancora più ansia) e fa capire che non bisogna mai abbassare la guardia o sottovalutare l’intolleranza e il razzismo, sempre presenti nella storia dell’umanità.
La “twilight zone”, la realtà parallela mostrata in “Replay”, si dimostra dunque molto più trasversale alla nostra realtà di quanto si possa immaginare, anzi si potrebbe tranquillamente affermare che è proprio lo specchio della realtà odierna, come non si era mai visto finora negli altri episodi. Non serve (si spera) spiegare come tale episodio si può facilmente ricollegare ad eventi storici che appartengono ormai alla storia contemporanea della popolazione afroamericana come i fatti di Los Angeles o il pestaggio di Rodney King, così come ad altri più recenti.
Con questo episodio The Twilight Zone si rivela essere una serie molto duttile e artisticamente valida, sia a livello di contenuti che di sperimentazione narrativa. Una nota di merito dunque va fatta a Selwyn Seyfu Hinds e a Gerard McMurray, rispettivamente autore e regista dell’episodio in questione.
E naturalmente a Jordan Peele, sempre più in parte nel ruolo di narratore e ottimo erede artistico di Rod Serling!

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Declinazione originale del tema del loop temporale
  • Sanaa Lathan
  • Gleen Flesher
  • Riferimenti all’attualità e alla storia afroamericana
  • I media come “arma” e “strumento di salvezza”
  • Forse il Male rappresentato dall’agente Lasky è un po’ troppo generico e ingenuo, una qualche motivazione in più non avrebbe guastato

 

Il più “jordanpeeliano” degli episodi di questa prima stagione di The Twilight Zone (2019), anche se paradossalmente l’autore di Get Out qui non c’entra nulla nella scrittura della puntata. La dimensione parallela descritta è in realtà molto simile a quella reale. Anzi, praticamente… è la realtà!

 

Nightmare At 30,000 Feet 1×02 ND milioni – ND rating
Replay 1×03 ND milioni – ND rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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