there is a room
a sanctuary safe and strong
to heal the wounds
from lovers past
until a new one comes along.”
(Billy Joel – And So It Goes)
Si è giunti oramai ad un passo dalla conclusione di questo secondo ciclo stagionale e, dopo aver lamentato una certa immobilità nella precedente recensione, si può tornare nuovamente a tessere le lodi di Gervais e della sua particolare rappresentazione televisiva dell’elaborazione del lutto. In questo quinto episodio il comico britannico analizza le relazioni, siano esse legate ad amore, amicizia o famiglia, e il risultato è una mezz’ora piena di assurdità – come sempre – che culminano con un finale strappalacrime, se possibile reso ancor più straziante da quel costante alone di social awkwardness che precede la triste rivelazione conclusiva.
Tony: “Imagine never having a relationship in case it ends. A relationship is life.”
Lenny: “Exactly.”
Tony: “I’ve had a good life.”
Lenny: “Well, it’s still going!”
Tony: “No, I know I know… Look, he’s pissing where he stands. Like a dog. That’s the best he’s felt all day, that piss.“
Chi conosce il comico inglese e ha un po’ di dimestichezza con le sue esibizioni, sa benissimo che quanto visto in After Life finora rappresenta una sorta di deviazione dall’ordinario, principalmente per quanto concerne l’aspetto drama dell’opera e la tenerezza di fondo che si percepisce dietro ad ogni battuta sarcastica, caso umano intervistato o decisione folle compiuta dai nostri protagonisti. Un elemento nuovo del “repertorio” di Gervais, che si incastra perfettamente con quel suo voler scomporre e dissacrare ogni sorta di tematica e che, nell’insieme, riesce a dare vita ad uno show molto complesso nonostante appaia inizialmente di più facile lettura.
Ogni personaggio, a prescindere dalla sua natura – sia esso uno dei “normali” oppure una semplice macchietta – termina col rivestire un ruolo sempre più profondo di quanto potrebbe sembrare in prima analisi. Il fatto che un character possa sembrare del tutto assurdo e talvolta addirittura esagerato, non implica necessariamente che il suo scopo all’interno delle vicende sia semplicemente quello di far ridere – o far provare del disagio per lui. Un esempio lampante è quello relativo ai vari “scoop” del Tambury Gazette, convenientemente legati alla situazione emotiva di puntata del nostro protagonista e sempre utilizzati in maniera brillante per veicolare tematiche ben più intime (in questo caso specifico la paura di avere una relazione per la paura che possa finire).
Una sorta di “bipolarità scenica” – già menzionata nella scorsa recensione in merito al personaggio di Tony – che colpisce ciascun character o situazione presente all’interno dello show, e che diventa così un’opportunità di riflessione non tanto sull’accettazione della morte e della sua natura ineluttabile, bensì sul riconoscimento dell’inevitabilità della vita. Vivere significa accettare sì gioie, ma anche dolori, e talvolta sembrerà che l’unico modo di affrontare questi ultimi sia quello di indossare una maschera d’ostilità, nella speranza che il problema sparisca o si risolva da solo, mantenendo nel frattempo chiunque a debita distanza. La verità, purtroppo, passa invece per l’accettazione del dolore stesso e per la consapevolezza che quel dolore sta lì per un motivo. Evitare il dolore e fuggire da esso – come nel caso di Tony passando per il suicidio – significa evitare che qualcosa possa realmente maturare all’interno di noi stessi, significa negare l’esistenza stessa di quel tormento che ci consuma dall’interno.
Le relazioni diventano così l’unica cura possibile, l’ultimo appiglio prima di sfracellarsi a terra, e questo di certo non perché l’amore vince su tutto o altre considerazioni che potreste sentire al termine del film preferito di vostra sorella dodicenne, ma perché l’unica via percorribile per poter crescere come esseri umani passa proprio per il confronto con gli altri. Con buona pace di tutti i misantropi presenti in sala.
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Episode 4 2×04 | ND milioni – ND rating |
Episode 5 2×05 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.