“Un pezzetto bello tondo di cielo| D’estate sta sopra di me| Non ci credo| Lo vedo restringersi| Conto le stelle, ora| Sento tutte queste voci| Tutta questa gente ha già capito| Che ho sbagliato, sono scivolato| Son caduto dentro il buco| Bravi, son venuti subito| Son stato stupido| Ma sono qua gli aiuti| Quelli dei pompieri, i carabinieri.” (Alfredo, Baustelle)
Alfredino – Una Storia Italiana è una serie tv tremenda. Si badi: con “tremenda” non si fa riferimento né al livello registico, né alla claustrofobica fotografia, ma nemmeno alla scrittura dei vari personaggi e alla presentazione dei fatti. No, questa produzione Sky Original-Lotus Production risulta tremenda in un’accezione peculiarmente positiva riuscendo a trasmettere una scarica di emozioni in maniera implacabile addosso al pubblico che si ritrova sferzato dalla continua lotta contro il tempo dei soccorsi e dal sensazionalismo mediatico di cui si ritrova essere spettatore passivo ed inerme. Una serie tv tremenda che intacca ed indebolisce lo spettatore e che mette in luce tutte le debolezze di un apparato statale totalmente inadatto a gestire una tipologia di dramma di quel tipo, sia dal punto di vista sociale (i giornalisti che a più riprese si intromettono in dialoghi strettamente privati), sia dal mero punto di vista organizzativo e gestionale.
Eppure tutto parte da un desiderio, quello di Pierluigi Pini, estremamente semplice: raccontare finalmente una bella storia all’Italia che in quell’estate del 1981 sta vivendo di tutto. Poche settimane prima dell’incidente era stata resa pubblica la lista degli appartenenti alla loggia P2; c’era una crisi di Governo, dopo che l’allora Presidente del Consiglio Forlani aveva rassegnato le dimissioni; il Papa era stato da poco dimesso dal Policlinico Gemelli dopo l’attentato perpetrato da Ali Agca; nello stesso giorno dell’incidente di Vermicino le Brigate Rosse sequestrano Roberto Peci. Insomma, l’Italia aveva a tutti i costi bisogno di una bella storia, di una storia che potesse dare qualche speranza alla popolazione. E la convinzione di Pierluigi Pini era proprio che l’incidente occorso al piccolo Alfredino sarebbe stata questa storia.
ITALIANI BRAVA GENTE: SCIACALLI E OPPORTUNISTI
Purtroppo, però, così non avvenne nonostante il dispiegamento massivo di forze e mezzi. Forze, tuttavia, disorganizzate e non preparate per gestire una problematica di quel tipo. Denota questa incapacità anche l’alta affluenza di persone presso il luogo dell’incidente: si stimarono circa 10mila persone che arrivarono addirittura a spiare all’interno del buco artesiano, luogo che teoricamente andava messo in sicurezza. Questa massiva affluenza rallentò, a suo modo, gli aiuti e fu una con-causa della morte di Alfredo.
Per ovviare ad incidenti di questa natura in futuro, il Presidente Pertini (che si era recato sul luogo ed era restato con la famiglia per l’intera ultima nottata prima della presunzione di morte) intervenne ponendo le basi per la nascita della Protezione Civile (istituito formalmente dal DPCM del 13 febbraio 1990).
Parallelamente alla nascita di un’organizzazione fondamentale per certe situazioni, l’Italia venne per la prima volta rapita mediaticamente dalla “tv del dolore” visto e considerato che a reti unificate venivano continuamente mandati bollettini su ciò che stava accadendo a Vermicino o, peggio ancora, il dolore veniva monopolizzato e sbattuto in diretta nazionale da qualsiasi giornalista presente sul luogo senza alcun tipo di rispetto e/o amor proprio. Una “tv del dolore” che diventerà la norma negli anni successivi, accomunando sotto certi aspetti i giornalisti a dei veri e propri sciacalli dell’informazione (Dan Gilroy ha così intitolato una sua celebre pellicola con Jake Gyllenhaal, tra l’altro). Non solo i giornalisti, ma anche i venditori del luogo, i semplici “turisti del dolore” (figli di quella stessa tv) e gli ambulanti che si presentarono nella zona del buco per vendere cibo e bevande: se l’Italia si dimostrò impreparata a livello organizzativo e sociale, gli italiani si dimostrarono figli della stessa nazione che tanto criticarono.
ANGELO LICHERI, DONATO CARUSO ED IL DOLORE DI UNA MADRE
L’ultima puntata, oltre a far avvicinare lo spettatore alla nascita della Protezione Civile, oltre che alla carriera di Tullio Bernabei e alla sua squadra, porta in scena anche Angelo Licheri, il soccorritore volontario che più di tutto si avvicinò al piccolo Alfredino e che sembrò sul punto di riuscire ad imbragarlo. Per riuscire ad arrivare al punto in cui il bambino era scivolato, passando dal tunnel parallelo creato dai vigili del fuoco, Angelo dovette usare il proprio corpo per sfondare i punti di ostruzione. L’uomo, interpretato nella serie da Riccardo De Filippis, riuscì a dialogare con il piccolo e nel tentativo di imbragarlo e riportarlo in superficie spezzò ad Alfredo il polso sinistro. Licheri rimase a testa in giù circa 45 minuti contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza. L’ultimo tentativo portato in scena dalla serie, anche se in secondo piano, è quello di Donato Caruso un altro speleologo che verso le 5 di mattina fece diversi tentativi e, tornato in superficie, informò della probabile morte del bambino. Morte portata in scena in assoluto silenzio all’interno dello show, rendendo ancora più struggente e dolorosa la scena.
La forza di questa serie tv oltre che dalla drammaticità dell’evento stesso, viene attinta anche dalla performance di Anna Foglietta che porta in scena non Franca Rampi, bensì una madre preoccupata per il figlio, in ansia, addolorata e costernata nonché affranta da quanto sta avvenendo lì dove per una disattenzione un buco era stato lasciato scoperto, fatalmente. La drammaticità è insita nell’evento, ma anche dalla normalità dello stesso: Franca Rampi non era una mamma diversa dalle altre ed Alfredino era un bambino comune, forse proprio per questo, per questo suo essere “ordinario”, quell’incidente ha segnato un’intera generazione.
Ed Anna Foglietta, in questa serie tv la “mamma dell’Italia”, acutizza questo dolore e fa riemergere la ferita di un dolore sommerso dal tempo. Un dolore, una tragedia, divenuta seme della Protezione Civile Italiana.
“Vermicino. 10 giugno 1981. Un bimbo di sei anni di nome Alfredo cade in un pozzo artesiano. Nonostante i molteplici tentativi da parte degli speleologi e dei vigili del fuoco di tirarlo fuori, Alfredo dopo tre giorni agonizzanti per lui, per la sua famiglia e per l’Italia intera, purtroppo muore. Alfredo. Alfredino. Un nome, ancor prima di essere un bambino, un simbolo per l’Italia fotografata in un momento molto emblematico. Un’Italia impreparata, morbosa, inadeguata. Alfredo muore. Ma in realtà Alfredo è vivo. Noi non lo sappiamo, ma dobbiamo tanto a quel bambino, perché grazie al suo sacrificio e grazie alla tenacia della sua famiglia in particolare nella persona della madre, la signora Franca Rampi, è stato gettato un seme importantissimo per la costruzione di un importante organo del nostro Stato: la Protezione Civile Italiana. Il Centro Alfredo Rampi per la Protezione Civile è stato il primo grande passo verso la civiltà. Alfredo non lo sa. Ma noi gli dobbiamo la nostra salvezza.” (monologo di Anna Foglietta su Alfredo Rampi)
PERCHÉ?
Anna Foglietta racchiude, nelle ultime frasi di questo suo monologo, il messaggio alla base di questa serie tv: “il Centro Alfredo Rampi per la Protezione Civile è stato il primo grande passo verso la civiltà. Alfredo non lo sa. Ma noi gli dobbiamo la nostra salvezza”.
Alfredino – Una Storia Italiana non nasce con l’intento di riportare a galla i fantasmi di un passato crudele e doloroso, bensì cerca di evidenziare l’unico lato positivo della vicenda (la nascita della Protezione Civile) mettendo in mostra tutte le limitazioni dell’Italia dell’epoca nella gestione di problematiche simili, alcune riportate nell’intervista giornalistica di Franca Rampi con cui si conclude la serie. Per poter vedere come l’Italia ha effettivamente reagito alla morte di Alfredino, però, occorre rivivere tutto il percorso e quella forsennata corsa allo scoop, all’intervista, alla trivella più veloce. Una corsa resa vana dalla disorganizzazione e da una serie di errori umani evitabili.
Il primo pensiero che però corre alla mente, chiaramente, è: “ci vuole un morto affinché le cose si sistemino?”
Una domanda, purtroppo, che diventa affermazione troppo spesso. E l’incidente di Vermicino è uno di questi casi.
“Scivolo nel fango gelido| Il cielo è un punto| Non lo vedo più| L’Uomo Ragno m’ha tirato un polso| Si è spezzato l’osso, ora| Dormo oppure sto sognando| Perché parlo ma la voce non è mia| Dico Ave Maria| Che bimbo stupido| Piena di grazia, mamma| Padre Nostro| Con la terra in bocca| Non respiro| La tua volontà sia fatta| Non ricordo bene, ho paura| Sei nei cieli.” (Alfredo, Baustelle)
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una serie tv tremenda, toccante, dolorosa e che fa riemergere fantasmi con l’intento di mostrare uno spiraglio di luce e di speranza anche nella più torbida e drammatica storia dell’Italia.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.