Come prima cosa, va posto l’indice sull’avvio adrenalinico di questo episodio. È vero, la chiusura del precedente forniva un climax ascendente che doveva essere proseguito e risolto. Eppure, grazie a questo, già dai primi minuti si palesa la grande vena creativa degli autori. Banalmente: le idee sgorgano da ogni dove e hanno bisogno di essere presentate con grande velocità. Velocità inusuale per un terzo episodio.
In parallelo, nei primi minuti voliamo su due linee parallele a velocità impressionanti (le contrazioni di Beth, l’inseguimento di Hardy). Dopo questo concitato incipit, l’episodio plana sul ritmo standard della serie (comunque sempre elevato). Ed è proprio il dualismo iniziale, presentato in uno stesso contesto, il simbolo della vulcanica doppia scia seguita dalla questa seconda stagione di Broadchurch.
La prima stagione ci regalava un giallo quadrato, solido, chiuso su se stesso. Proseguire una storia come quella significava avere tutto da perdere. Eppure, sebbene prevedibili, i risvolti (Sandbrook e il processo) si sono rivelati estremamente azzeccati, quasi sorprendenti. La curiosità sull’esito del processo, sin dal primo episodio, si affaccia prepotente, quasi a sostituire la curiosità nei confronti del misterioso assassino della prima stagione. Broadchurch per poter continuare su certi livelli, quindi, ha dovuto reinventarsi. Come detto nella precedente recensione, si passa da un avvincente giallo sulle tracce di Agatha Christie, ad una sceneggiatura a sfondo legale senza esclusione di colpi.
Quando si architetta un seguito, però, si ha bisogno di presentare eventi futuri, ma anche riportare a galla il (o un) passato. E così ecco Sandbrook. Nei precedenti episodi, il distacco tra le due linee narrative appariva parallelo in tutto e per tutto, quasi a voler creare una compensazione per chi non avesse eventualmente apprezzato una delle due storie. Il terzo episodio riesce però a trovare un punto d’incontro, seppur solo simbolico.
Il momento chiave avviane quando Lee Ashworth si presenta a casa di Hardy con un insieme di fascicoli riguardanti la sua personale indagine sui fatti di Sandbrook. In quel momento un intero castello di carte crolla e viene rivelata la vera tematica fantasma della stagione: la verità è un qualcosa di estremamente relativo e manipolabile. Il tempo è capace di sbiadire, scolorire, annebbiare, distorcere fatti che nella nitidezza dell’immediato appaiono lampanti ed indelebili (e non per forza esatti). Joe Miller era l’assassino, punto e basta. Lo si sapeva, è stata la grande rivelazione alla fine della prima stagione. Eppure basta un avvocato con piglio decisamente luciferino e dai metodi non umanamente ortodossi (agghiacciante l’arringa finale) per distorcere i fatti. È il punto cardine dei legal drama, è vero, quello di passare la realtà al setaccio dell’aula di tribunale. Però il lavoro qui effettuato è duplice. Noi spettatori arriviamo a chiederci: “ma sarà veramente lui il colpevole?” Interessante come il meccanismo venga azionato semplicemente insinuando in Hardy il dubbio della probabile innocenza di Ashworth. Con lo stesso meccanismo, parallelo e incrociato allo stesso tempo, ci troviamo quindi nella paradossale posizione di dubitare di Ellie. Dentro di noi sappiamo benissimo che non può essere in ogni modo coinvolta, per il semplice e irrazionale fatto che lei è la co-protagonista della storia. La rivelazione, però, che Claire altri non è che una sospettata tenuta sotto controllo, anziché sotto protezione, non fa che azionare il meccanismo parallelo di cui sopra. Ovviamente gli autori hanno dimostrato di avere le idee chiare sin dall’inizio. Quindi non resta che attendere con fiducia ciò che avverrà poi, con la quasi totale certezza che sarà difficile per loro cadere.
Inevitabilmente significativo il parto di Beth, con tutto ciò che questo comporta. Mettere al mondo una bimba che non potrà mai conoscere il fratello, è un qualcosa di molto forte e che riesce solo a sprazzi a trasmettere l’enorme sofferenza che i Latimer sentiranno per tutta la vita. La loro porzione di storia e le loro dinamiche familiari, più intimiste delle altre movimentate vicende poliziesche/legali, ha sicuramente ancora motivo d’essere. Ciò che forse potrebbe non convincere è una certa maniera in cui è stata gestita la scrittura di alcuni personaggi in determinati momenti. L’astio e l’odio di Beth nei confronti di Ellie ricorda molto più una liceale che ha scoperto il fidanzato insieme alla migliore amica. Un madre che perde un figlio morirebbe dentro, perderebbe qualsiasi tipo di “vitalità” nei confronti della persona che ritiene indirettamente responsabile. Atteggiamento sensato sarebbe stato sì quello di un allontanamento, ma distaccato e stanco. La debolezza e l’incapacità di reagire sarebbero forse apparse più naturali rispetto ad un isterico “non ti voglio vedere!”. Il giudizio appena espresso nasce da una lettura esclusivamente personale e sono ben accette diverse interpretazioni che possano smentire ciò.
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Episode 2 2×02 | 5.5 milioni – ND rating |
Episode 3 2×03 | 5.6 milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.