Giunti ad un passo dal termine della miniserie FX sullo scandalo che ha avvolto i Clippers e il suo proprietario Donald Sterling nel 2014, sembra ormai evidente che il brodo è stato abbondantemente allungato. Anche in “The Best Words” vengono fatti passi piccolissimi per far avanzare la trama ed è sempre più preponderante il pensiero che il tutto si potesse ridurre a tre episodi o, forse ancora meglio, a una docuserie.
Di buono c’è l’interpretazione di Laurence Fishburne, che con il suo pacione Doc Rivers sta letteralmente trascinando lo show sulle sue spalle. Di contro, però, pesa molto il fatto che gli eventi narrati sono molto recenti, così come i personaggi rappresentati sono freschi nella memoria dello spettatore. Due fattori che impattano negativamente nel far sembrare spesso Clipped una sorta di parodia agli occhi dello spettatore.
PARLA IL COMMISSIONER
Clipped sembra infatti aver preso la strada sbagliata.
L’ennesima riprova è l’entrata in scena di Adam Silver, per uno dei turning point più attesi dello show: ovvero la tanto attesa sanzione dall’NBA a Donald Sterling per le sue parole di stampo razzista trapelate sui media. Il tutto sembra quasi essere una rievocazione storica, ottenendo un effetto completamente opposto dal look totalmente cool di Winning Time. Forse a causa di una fotografia caratteristica, grazie ad una regia graffiante, un ritmo che non dava il tempo di riflettere allo spettatore, e anche grazie alla distanza temporale dai fatti narrati.
Ad ogni modo Silver si esprime con una sentenza storica, segnando anche un cambio di passo rispetto alla politica più conservatrice e in questi casi permissiva del suo predecessore David Stern. Sterling riceve una salatissima multa, pari al massimo consentito dal regolamento della lega, e viene obbligato a cedere la franchigia. La NBA sostanzialmente dichiara di non voler avere più nulla a che fare con il patron losangelino, ed è disposta a trattenere la franchigia dei Clippers nel circus solo a patto che ci sia un cambio di proprietà.
SI GIOCA
Un dettaglio che si può apprezzare è lo sforzo nel mettere in scena quanti più dettagli e sfumature. Certamente i sei episodi sono un contenitore più che abbondante per riportare anche più del necessario la storia narrata, però non era scontato che gli autori si soffermassero anche su piccolezze come, ad esempio, la storica diatriba tra Draymond Green e Chris Paul.
L’impressione è quella che in fase di scrittura si sia deciso di includere qualsiasi aspetto della vicenda venuto fuori dal podcast di partenza. Un qualcosa che può essere apprezzato da chi magari conosce i fatti narrati e apprezza la fedeltà del prodotto, ma finisce sicuramente per appesantire la visione per uno spettatore più casuale.
I dissing tra i giocatori sono comunque utili per narrare la fine della serie tra Los Angeles Clippers e Golden State Warriors, con una Gara 7 giocata solo grazie all’intervento del commissioner della lega. I Clippers riescono anche ad uscirne vittoriosi, ma si evince subito che i problemi dirigenziali non permetteranno ai giocatori di vivere con la giusta tranquillità il prosieguo della run playoff. Troppi galli a cantare, che pretendono di comandare i Clippers, che finiranno solo per fare il male di una squadra fragile e forse per la prima volta veramente competitiva nella loro perdente storia.
CLIPPERS VENDESI
Non vengono certamente dimenticati da “The Best Words” gli altri protagonisti che hanno accompagnato finora i Los Angeles Clippers nel baratro mediatico come Shelly Sterling e l’enigmatica (e ormai fiacca) V. Stiviano. Mentre Shelley riesce ancora nell’intento di sembrare interessante nell’economia della miniserie, mostrandosi come un personaggio inadatto, una donna piena di contraddizioni e per questo un personaggio affascinante, non si può far lo stesso discorso per l’ex “fidanzata” di Donald Sterling.
V. è riuscita a diventare in soli cinque episodi un personaggio totalmente antipatico allo spettatore. Se potevano esserci delle forti potenzialità nello svelare quali fossero i veri obiettivi, il background e le sfumature di quella che rimane una semplice gold digger, tutto finisce per racchiudersi solo a frasi d’effetto pronunciate da Cleopatra Coleman. Dialoghi che fanno cadere le braccia ai personaggi in scena così come allo spettatore.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Ad un passo dal finale si possono iniziare a tirare le somme e Clipped non si può ritenere un’operazione del tutto riuscita. Forse addirittura sbagliata nella sua concezione.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.