La metafora del viaggio è sempre l’ideale per tirare fuori la vera personalità di un character. In questo caso, il ritorno in pullman della squadra dei Clippers dopo una partita, è la scusa usata dagli autori di Clipped per imbastire un episodio di raccordo in cui i vari co-protagonisti dello show fanno i conti con loro stessi e con il proprio passato.
Uno schema narrativo interessante che riempie i 40 minuti di “Winning Ugly” con una serie di flashback frenetici in cui le storie personali vengono intersecate da fatti storici concernenti il tema del razzismo negli USA. E questo, in sintesi, rappresenta di fatto il succo dell’episodio, né più né meno.
UNA STRUTTURA INUSUALE
Può sembrare qualcosa di semplice, ma in realtà l’imbastire un episodio del genere pone alcune problematiche, che qui sono parecchio evidenti. Sicuramente, per l’economia dello show è importante focalizzarsi anche sul background dei protagonisti, anche perché se si analizza lo sviluppo degli eventi descritti, l’unico vero plot twist degno di nota è quello che ha dato origine a tutto.
Per il resto, lo sviluppo orizzontale della vicenda è quello in cui ancora i protagonisti stanno facendo i conti con tale evento. Il che è normale per una miniserie che si basa su un fatto estremamente significativo (nel proprio ambito sportivo) ma che, a conti fatti, è durato il tempo di una stagione estiva. Dunque per riempire ben sei episodi stagionali (sempre che non saltino fuori altre stagioni) c’è bisogno di molta più carne al fuoco. Da qui gli episodi cosiddetti “di raccordo” come questo, che di fatto non mandano più di tanto avanti la trama, ma sono un’ottima scusa per approfondire meglio il background dei protagonisti, anche se non è detto che da tali flashback possano sorgere spunti per i successivi episodi.
I DOLORI DEL GIOVANE DOC RIVERS
Una struttura narrativa fatta così in maniera retrospettiva è sicuramente efficace per riempire uno spazio all’interno di più puntate. Tuttavia, pensare addirittura una puntata intera fatta unicamente in questo modo fa sì che lo spettatore venga portato a velocizzare la visione e a procedere oltre. Oltretutto se si parla di un prodotto che ha un uscita precisa settimanale (se fosse la classica serie da binge watching “netflixiana” si potrebbe anche capire) per cui lo spettatore-medio ha atteso tanto per avere indietro un episodio così frammentato che rivela sì qualche cosa, ma non fa andare avanti la trama orizzontale più di tanto.
C’è di buono che la puntata ha una regia davvero ben curata da parte di Kevin Bray, con una fotografia vintage nelle scene flashback che rimanda allo stile di Winning Time (sì, sempre lei). E con un giovane Doc Rivers stavolta interpretato da Freddie L. Fleming, ugualmente bravo nel mostrare il disagio del giovane giocatore dei Clippers che si trova a fare i conti con la propria coscienza di afro-americano privilegiato dopo i fatti di Los Angeles del 1992.
CONCLUSIONI
Se però la parte relativa a Doc Rivers risulta interessante (anche perché la sequenza di immagini di repertorio iniziale ha, in effetti, un forte impatto sulla psiche dello spettatore), le altre due storylines, relative ai personaggi di Shelly Sterling e V. Stiviano risultano già più ripetitive. Soprattutto perché non rivelano nulla di più di quanto già visto per quanto riguarda tali personaggi (tranne forse evidenziare un po’ di più il rapporto d’amicizia fra Shelly e Justine). Si salva giusto quella relativa ad un personaggio che, fino ad ora, è rimasto quasi nell’ombra: Elgin Baylor (Clifton Davis). L’ex-campione NBA potrebbe infatti avere una certa importanza per i successivi episodi, e per questo la sua storyline risulta interessante.
Già dopo il primo quarto d’ora però lo spettatore capisce già il “gioco” degli autori e la ripetitività non aiuta a rendere l’episodio memorabile, anche se la tematica proposta (quanto si è disposti a scendere a patti con la coscienza per avere/mantenere successo?) è senza dubbio interessante. Tuttavia, purtroppo, la tentazione di passare velocemente all’episodio successivo e basta rimane molto forte.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio interessante questo di Clipped. Apprezzabile la tematica scelta (quanto sei disposto a venderti per raggiungere/salvaguardare il tuo successo?) e l’idea in sé. Un po’ meno lo svolgimento e il fatto che tutto questo sia concentrato in un unico episodio, il che richiede un determinato sforzo d’attenzione e la capacità di resistere alla tentazione di guardarlo in modalità velocizzata.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!