Per gli orfani di Winning Time Disney+ (tramite FX) regala un nuovo show televisivo a tema cestistico in cui, con toni volutamente esagerati e dramedy (ma con maggior tendenza alla comedy che non al drama puro) viene analizzato un altro episodio emblematico che racconta molto di questo particolare mondo sportivo in cui, più che in qualsiasi altro, lo storytelling la fa da padrone.
Clipped mantiene con la serie di HBO la stessa ambientazione, Los Angeles, ma racconta dell’altra metà sportiva di essa, ossia i Los Angeles Clippers, volgarmente noti come “i cugini sfigati dei Lakers”.
La franchigia, infatti, non ha mai particolarmente brillato all’interno della Lega tanto da meritarsi l’appellativo di “squadra maledetta” (stereotipo, per fortuna, ampiamente ribaltato in anni recenti). Certo il motivo principale di tale nomea è dovuto soprattutto al fatto di giocare nella stessa città dei più blasonati Lakers, per cui il paragone fra le due squadre è impietoso.
Ma, più che per questo, tale nomea è dovuta anche all’immagine rilasciata da colui che ne è stato proprietario-padrone dal 1981 al 2014, Donald Sterling, personaggio ai limiti dell’assurdo e del buon senso che qui (come nella vicenda reale) è il vero motore di tutta la vicenda.
DONALD STERLING E IL “WHITE PARTY”
Già dalla sua introduzione, infatti, l’episodio pilota svela il “fattaccio” su cui si concentra tutto lo show. Ossia gli audio trapelati alla stampa in cui il proprietario della franchigia si rivela un individuo “poco politicamente corretto” soprattutto nei confronti delle persone di colore. Uno scandalo che colpirà duramente la franchigia durante il campionato 2013/2014. Tuttavia dopo questa introduzione, un po’ troppo spoiler a dire il vero (ma è evidente che il presupposto degli sceneggiatori è che chi si approccia allo show conosca in parte la vicenda narrata), l’episodio fa un passo indietro e si concentra sulla descrizione dei personaggi principali e del contesto in cui il tutto avviene.
Scelta decisamente saggia in quanto permette anche allo spettatore neofita di capire il personaggio di Sterling (interpretato da un ottimo Ed O‘Neill) e delle sue intricate vicende familiari che si ripercuotono inevitabilmente anche sulla squadra. E qui sta la vera forza dello show che sceglie un tono decisamente comedy e surreale per descrivere un character incredibilmente sopra le righe (ma assolutamente reale), un eterno Peter Pan che tratta le persone come i suoi giocattoli personali, esibendoli ogni volta che può al punto da metterli costantemente in imbarazzo, nonché capace di inventarsi un evento pacchiano come il “White Party” del titolo (che, col senno di poi, la dice lunga su tutta la vicenda).
Un personaggio che rimane sicuramente impresso nello spettatore dopo tale episodio, contorniato peraltro da un cast in stato di grazia e dei personaggi agli antipodi che ne esaltano ancora di più la figura gretta e meschina. Fra questi, Laurence Fishburne, che qui dà corpo e anima ad uno spaesato Doc Rivers, uno degli allenatori più vincenti della NBA, rappresentato nel momento sicuramente meno brillante della propria carriera.
V. OSSIA LA DRAMA QUEEN CHE CI MERITIAMO!
Ma sono soprattutto le vicende familiari di Sterling a brillare maggiormente in questo episodio, anche perché vero casus belli di tutta la storia. In particolare il rapporto burrascoso fra la “segretaria” (leggasi: amante) V. Stiviano (Cleopatra Coleman) e la moglie Shelly (Jacki Weaver). Una vera e propria soap opera in casa Clippers che rende lo show decisamente tragicomico ma non affatto banale.
Tali personaggi sono infatti caratterizzati molto bene in maniera tale che, nonostante tutto, lo spettatore riesca comunque a provare una certa empatia con dei personaggi così umani quanto esagerati, come la stessa V. che solo all’apparenza potrebbe sembrare la classica donna-trofeo approfittatrice delle attenzioni del ricco magnate (e qui c’è anche una certa ironia degli autori nello scegliere Ed O’ Neill in un ruolo che è decisamente la controparte del suo personaggio più famoso in Modern Family).
Così come la stessa Shelly che, nel finale, si dimostra ben più della semplice “moglie cornuta e passiva” lasciando presagire qualcosa di poco buono per i prossimi episodi. In questo modo, dopo una lunga introduzione, “White Party” entra nel cuore della storia lasciando al cliffhanger finale la responsabilità di portare lo spettatore direttamente nel prossimo episodio.
CONCLUSIONI
L’episodio dunque svolge il suo lavoro in maniera pressoché impeccabile. Certo ha il difetto di rendere il tutto un po’ troppo didascalico esagerando alcuni degli aspetti del carattere dei vari co-protagonisti, ma proprio tali esagerazioni contribuiscono a rendere ancora più comica la vicenda, che presa in sé per sé sarebbe anche tragica nel suo risvolto sociale. Clipped infatti (da notare il gioco di parole fra “Clippers” e il termine che, in inglese, significa “tagliato fuori”, “licenziato”) parla soprattutto di rapporti di potere fra le persone, ovviamente gestiti malissimo soprattutto in ottica professionale e lavorativa.
I temi trattati dunque sono vari e vanno da quello, ormai sempiterno (e molto americano), del razzismo al rispetto della privacy delle persone fino al nonnismo e agli abusi psicologici e fisici, nonché al rapporto malato con i media, che, a seconda dell’uso, diventano oggetti di rivalsa sociale ma anche di ricatto morale. Tematiche estremamente attuali ed importanti che lo show di Disney+ decide però di affrontare in maniera accattivante e pop rendendoli così agevoli per un pubblico mainstream. E che, per questo motivo, merita decisamente un’occhiata.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nuovo show Disney + che cerca di calcare il successo di Winning Time ma prendendo comunque una strada tutta sua decisamente originale. Questa volta il soggetto è “l’altra squadra” di Los Angeles, i Clippers, e in particolare colui che ne fu proprietario-padrone dal 1981 al 2014, Donald Sterling, protagonista di uno scandalo che, allora come oggi, appare ben più che emblematico dei rapporti fra presidente-allenatore-giocatori nel mondo NBA.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!