Fear The Walking Dead 3×03 – TEOTWAWKITEMPO DI LETTURA 9 min

/
0
(0)

Comunicazione di servizio 
Fear The Walking Dead è una serie nelle cui recensioni scatta da sempre l’inevitabile paragone con la sua serie madre. Questo particolare (e la serie di commenti probabilmente ripetitivi che caratterizzano il resto delle recensioni) ha spinto la redazione di RecenSerie ad un nuovo sistema di stesura. Lo sparuto team di superstiti che ancora persevera nel recensire suddetta serie svolgerà un lavoro cooperativo. I lettori avranno modo di seguire un’interazione spesso negata dalla scrittura distaccata delle restanti recensioni. I tre recensori (Fd, Fb, e Vl) interagiranno tra loro, instaurando una dialettica che, con la forma del dialogo (anzi, del trialogo), punterà a commentare questa terza stagione di Fear The Walking Dead. Ogni settimana uno dei tre recensori assumerà il ruolo di “intervistatore” stuzzicando gli altri due con tematiche e punti di interesse individuati durante la visione. Sarà un’estate molto lunga.
Fosse venuta prima quest’idea chissà se non ci fossero state più recensioni di Gotham in circolo.

Fd: Il nome di questo terzo episodio è forse la cosa che risalta di più, “TEOTWAWKI” è infatti un termine volutamente ricercato che doverosamente va digitato su Google. Il risultato non è una parola Māori in onore del desaparecido Travis ma è l’acronimo di “The end of the world as we know it“. E forse, e sottolineiamo il forse, qualcosa di vero in tutto questo c’è e si può attribuire all’essenza stessa dello show che qui, forse, trova dei co-protagonisti ed una nuova duratura sistemazione. Ci sono forse troppi forse in questa riflessione o forse c’è solo tanta voglia di provare a leggere tra le righe quando in realtà forse non c’è niente?

Fb: Che la serie abbia trovato dei co-protagonisti e una sistemazione (forse) duratura è un puro e semplice dato di fatto. Che però i suddetti co-protagonisti con annesso scenario rurale garantiscano allo show di portare avanti la narrazione senza scadere in una semplice replica, peraltro scadente, delle dinamiche già viste in passato nella serie madre, ecco, quello invece (e senza forse) è fortemente improbabile. Inizialmente pensavo che la titolazione dell’episodio facesse riferimento ad una qualche pietanza giapponese, tipo quelle robe che mangi al sushi (teramaki, hosomaki e teotwawki, tanto per intenderci), ma in merito alla veridicità, anzi, più che alla veridicità direi al tempismo con il quale viene tirato fuori questo acronimo, non mi sento ancora di sbilanciarmi. È ovvio che il mondo come lo conosciamo sia oramai soltanto un lontano ricordo, non capisco perché sottolinearlo soltanto giunti in questo preciso punto della narrazione.

Vl: Forse ci sono troppi forse. Forse FTWD sta “abbassando” le sue pretese, decidendo di non essere in tutto e per tutto una copia di TWD, approfondendo l’aspetto comunitario e familiare, in una società in fase totalmente distruttiva. Come una storia della civiltà a ritroso, in TWD c’è la giungla pura, con qualche casa sugli alberi, in Fear qualche villaggio organizzato resiste.
All’epoca fu tanto disprezzata la stagione interamente ambientata nella fattoria di Hershel, oggi forse occorre rivalutare quel momento in cui il puro survival si mischiava con una riproduzione dell’organizzazione umana nella società, oltre ad un’introspezione per forza di cose meno affrontabile, quando in ogni puntata si deve decidere cosa mangiare, come sfracassare la testa di uno zombie, oppure quando lunghe sequenze silenziose sfrantumano i genitali lasciano poco spazio ai personaggi per esprimersi. Forse.

Fd: La sensazione di essere vicini ad un possibile miglioramento di Fear The Walking Dead deve quindi doverosamente passare per un ecosistema più solido e strutturato?

Fb: Magari bastasse quello per dare il via ad un miglioramento. Fear è una serie tv concepita al solo ed unico scopo di guadagnare sfruttando la popolarità dell’opera madre e fino ad ora sembra che non abbia nemmeno provato ad emanciparsi, magari proponendo qualcosa di nuovo (tipo gente che uccide zombie in un telefilm basato su un apocalisse zombie, così, tanto per dirne una) invece del solito pippone introspettivo su personaggi schierati nei due soliti schieramenti: da una parte chi diventa un omicida psicopatico e vive secondo la legge della giungla, dall’altra chi possiede ancora un po’ di umanità e deve reprimerla per poter sopravvivere nel nuovo mondo post-pandemia. La noia sottesa a questo genere di dinamica, in The Walking Dead quantomeno, viene in parte compensata da una maggiore cura estetica e da un parco personaggi decisamente più solido rispetto al suo spin-off. Qui invece diventa solo l’ennesimo punto a sfavore in una serie di cui, senza dubbio, avremmo fatto volentieri a meno.

Vl: Deve inevitabilmente passare anche per un aspetto non da poco: lo spettatore deve rimanere con il fiato sospeso. Una sequenza come quella tra Troy e Nick potrebbe essere patetica per certi versi, ma per altri molto interessante. Lo spettatore non ha la più pallida idea di cosa possa succedere. Ovvio che Nick non sparerà mai a Troy (oddio, Travis non sarebbe d’accordo…), ma lo sparo viene comunque emesso, la risata che segue è qualcosa di difficilmente pronosticabile. In poche scene ci viene fatto comprendere che lo squilibrio comune possa creare più armonia del previsto tra i due. Questo deve fare Fear The Walking Dead: dire cose specifiche con pochi mezzi, evitare i lunghi dialoghi da soap opera per far passare un messaggio dozzinale, come poi sono i messaggi dei survival in genere.

Fd: Ma quanto è figa bella Alicia? La lettura della Bibbia non è mai stata così interessante tuttavia, pur scorgendo la reale motivazione di questo intermezzo, il tutto sà estremamente di già visto ed il paragone con un episodio filler di The Walking Dead scatta spontaneo. È un errore dello spettatore o è proprio un qualcosa di cui non si può fare a meno di pensare?

Fb: Mi limito a dire soltanto una cosa: il fatto che una sequenza durante la quale un gruppo di ragazzi, gonfi come delle pignatte, si passa un bong con accanto una testa di zombie in una gabbietta per uccelli sia una delle scene più significative dell’episodio, dovrebbe far riflettere sulla reale utilità di questa serie.

Vl: In realtà quella sequenza sotto certi aspetti potrebbe anche essere interessante. Non tanto per ciò che avviene nello specifico (indubbiamente quella testa avrà una funzione in qualche situazione catastrofica futura), quanto per il clima “onirico” che si respira. Fear, così come la sua serie madre, giustamente punta molto sul pratico, sul concreto. Può essere però interessante anche deviare in un contesto maggiormente nichilista, considerando la vita di persone fondamentalmente protette dall’apocalisse imminente, ma allo stesso tempo bloccate e, come dice Gretchen, impossibilitate a fare cose riservate a Troy e ad altri. Per farla breve, la sequenza dello scantinato risponde alla domanda: come passa il tempo, durante un’apocalisse zombie, chi da tale apocalisse non deve difendersi?

Fd: Ad inizio episodio durante il funerale, Madison chiama in causa Travis per esternare il proprio lutto, peccato che non si percepisca assolutamente niente né dall’espressione dell’attrice (monoespressiva), né dalla frase non melanconica (“We’ve lost loved ones, too. Travis. Travis, he was our compass“). Non c’è un po’ di incoerenza nei comportamenti di Mamma Clark? Una puntata giura amore eterno al māori, la puntata dopo lo piange disperata, il giorno dopo si comporta come se avesse pestato una merda con la scarpa.

Fb: La totale casualità è senza dubbio la cifra stilistica di questa produzione, dunque non vi è da stupirsi se, ancora una volta, le emozioni esternate dai personaggi non rispondano a nessun tipo di logica e coerenza. Forse è proprio questo l’obiettivo degli autori: far capire che nel “nuovo mondo” non c’è spazio per una manifestazione “ordinaria” delle emozioni. O forse, più semplicemente, ad una morte non-sense deve corrispondere una reazione non-sense da parte della compagna.

Vl: Visto il rapido recupero di Luciana, c’è da considerare che tra 3×02 e 3×03 sia passato un po’ di tempo. In ogni caso il personaggio di Madison probabilmente risulta antipatico anche al creatore stesso della serie. O Kim Dickens è bravissima nell’interpretazione, oppure proprio non le va di recitare questa parte. Sta di fatto che, se Rick cerca in qualche modo la felicità, anche lottando con le unghie e con i denti in un contesto molto più disperato, Madison è un’insoddisfatta cronica. Nel finale sembra provare un moto di simpatia per Troy, snobbando i suoi figli. Dice a Nick che può andare e poi lo aspetta sullo steccato. Le viene anche detto dall’ex poliziotto di Sons Of Anarchy: “fatti due domande se stai sui coglioni a tutti”.

Fd: Victor Strand è un character dalle ottime qualità che viene trattato come l’ultimo dei porci. Dall’hotel alla prigionia in una diga il passo è breve, soprattutto se conosci il proprietario della diga. Ecco, la domanda non è tanto sul completo (totalmente senza senso in un mondo apocalittico) quanto piuttosto sull’utilità di mandare un buon personaggio alla deriva senza un apparente scopo.

Fb: Per un momento ho pensato che il pelato col completo lo tirasse veramente giù dalla diga, d’altronde anche il volo di Travis era del tutto inaspettato, a sto punto perché non buttare giù pure Strand? Un bel voletto e passa la paura. In questo modo, almeno, avrebbero garantito al personaggio un’uscita di scena in linea con la piega presa dal suo arco narrativo.

Vl: La stanno prendendo alla lontana. Molto alla lontana. Separare un personaggio potenzialmente funzionale dal gruppo principale rende scontato un avvicinamento futuro. Ne consegue che qualsiasi momento in cui viene e verrà mostrato Strand sarà di basso interesse perché volto a un’unione con il gruppo del ranch. Se a questo aggiungiamo che è un personaggio riuscito, ma più recente degli altri, il suo isolamento suona tanto come allungamento del brodo e conseguente zappa sui piedi per la serie.
Ma poi Ofelia (la figlia di Ruben Blades che si era incamminata in macchina da sola), alla fine della scorsa stagione, non si imbatteva proprio nel nuovo personaggio di cui bisogna memorizzare ancora il nome e che viene ancora associato a Sons Of Anarchy?

Fd: Vogliamo parlare del plot-twist finale oppure no?

Fb: Ma il vecchio non era andato a fuoco?

Vl: Oppure no.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Creazione di co-protagonisti e di un ecosistema finalmente interessante
  • La famiglia Otto in 3 episodi è già ben più tridimensionale di un Travis dopo due stagioni
  • Alicia, sempre e comunque…
  • Episodio lento nonostante si capisca la necessità di introdurre il tutto
  • Elogio funebre di Madison a Travis: emozione 0
  • Victor Strand bistrattato

 

“TEOTWAWKI” è l’ennesimo episodio strano di questa stagione, un episodio che non ti aspetti, che per certi versi ricorda i filler più mortali di The Walking Dead ma che allo stesso tempo ha il suo perchè se visto in prospettiva. I margini di miglioramento continuano ad essere moltissimi ma si è visto ben di peggio, decisamente di peggio. Nel frattempo la serie tocca un nuovo series low…

 

The New Frontier 3×02 2.70 milioni – 1.0 rating
TEOTWAWKI 3×03 2.50 milioni – 1.0 rating

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

0

Nessun voto per ora

Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

Precedente

Orange Is The New Black 5×05 – Sing It, White Effie

Prossima

Poldark 3×01 – Episode 1