Final Fantasy XIV Dad Of Light 1×06 – The TruthTEMPO DI LETTURA 5 min

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Giunti a un passo dal capitolo finale di questo Final Fantasy XIV Dad Of Light, si possono già cominciare a tirare le somme per quanto riguarda questo coraggioso esperimento nato dalla collaborazione tra Square Enix e Netlfix, esperimento che oggettivamente non può dirsi del tutto riuscito a prescindere da quanto riuscirà a stupire il series finale.
In seguito alla rivelazione – qualcuno potrà dire un po’ telefonata – circa la malattia di Hirotaro, il telefilm ha decisamente preso un’altra piega, virando verso toni più cupi e offrendo così allo spettatore, oseremmo dire finalmente, uno spunto di riflessione un po’ più profondo sul più volte menzionato rapporto padre/figlio, cuore pulsante nonché colonna portante dell’intera narrazione.
Dad Of Light, e lo ha dimostrato fin dai primissimi minuti di girato, trae tutta la sua forza diegetica dal tema della socializzazione e dei problemi ad essa legati. Il personaggio di Akio fonda la sua intera – e purtroppo molto debole – caratterizzazione proprio a partire da questo assunto: a lui, stereotipo (e in più di un’occasione vera e propria macchietta, difficile da digerire se non si è amanti della comicità decisamente bambinesca presente in gran parte degli anime giapponesi, soprattutto negli shonen) del timido ragazzo giapponese che ha problemi a relazionarsi con colleghi e soprattutto colleghe, viene infatti conferito l’incarico di rappresentare un’intera categoria di ragazzi, ma talvolta anche adulti, che vedono nella lobby di gioco un luogo di socializzazione sicuro, all’interno del quale ogni barriera sociale viene meno, abbattuta dall’anonimato conferitogli da un avatar.
Quello che a prima vista potrebbe sembrare un ostacolo ad una reale socializzazione, il videogioco appunto, diventa qui mezzo privilegiato per recuperare il rapporto con suo padre, mezzo grazie al quale Akio riesce anche a regalargli un po’ di divertimento, con la speranza di vedere tornare nei suoi occhi la gioia oramai svanita da tempo. Un espediente narrativo che in molti, soprattutto i meno pratici di videogames – i quali comunque si suppone non si avvicinino ad un prodotto del genere, concepito principalmente, o almeno si spera, per gli amanti della fortunata saga targata Square Enix – potrebbero considerare ridicolo, pur essendo l’intera vicenda ispirata a fatti realmente accaduti. In seguito alla sopracitata rivelazione in merito allo stato di salute di Hirotaro, però, l’espediente a stampo videoludico architettato dal figlio assume finalmente un significato molto più profondo, ora empatizzabile anche da coloro che non hanno grande familiarità col medium in questione, questo soprattutto per la forte carica emotiva sprigionata negli ultimi dieci minuti dell’episodio – finora i migliori dieci minuti dall’inizio della serie. Ed è proprio su questi dieci minuti che ha senso focalizzarsi ai fini di esprimere un giudizio su questo sesto e penultimo episodio.
Bastano poche e semplici parole per descrivere in maniera esaustiva il pensiero del recensore, ma siamo sicuri anche di molte altre persone che hanno avuto modo di seguire la serie, riguardo “The Truth”: se tutta la serie avesse mantenuto l’intensità emersa dagli ultimi dieci minuti di questo sesto episodio ora parleremmo di tutt’altro. Per la prima volta il personaggio interpretato da Yudai Chiba abbandona quello stile di recitazione cartoonesco, più volte citato, virando verso un’interpretazione più genuina, più umana, che per qualche minuto riesce a coinvolgerci, facendoci commuovere anche grazie alla suggestiva colonna sonora di Final Fantasy sullo sfondo che accompagna la presa di coscienza da parte di Akio in merito alla decisione di non curarsi presa dal padre, una decisione che immediatamente stupisce alla luce della motivazione fornita da Hirotaro ma che non sorprende una volta digerito il fatto che per l’uomo il lavoro conti effettivamente più della sua famiglia, tanto da preferire la morte ad una vita da disoccupato in compagnia dei propri cari. Sta proprio in questa scioccante rivelazione il punto forte di “The Truth”, puntata molto coraggiosa in grado di spiazzare lo spettatore, turbato dall’apparente fallimento del piano di Akio e risollevato soltanto da quel campanellino dal suono decisamente familiare per tutti coloro che almeno una volta hanno avuto modo di giocare ad uno degli innumerevoli capitoli della saga. Un campanellino che dà il via alla sequenza conclusiva, nel corso della quale il ragazzo capisce di aver portato a termine la sua main quest: la creazione di un rapporto con suo padre, seppur nascosto dall’anonimato del suo avatar. Ci viene così mostrato per la prima volta Hirotaro, padre di famiglia giapponese e figura patriarcale di altri tempi, in tutta la sua fragilità ed umanità, cedere finalmente alle attenzioni di un’altra persona, anche se virtuale, a tal punto da arrivare ad aprirsi con essa; un evento che lo porterà persino a rivelare alla famiglia la sconvolgente notizia della sua malattia, cosciente del fatto “che ci sono ancora molte cose belle al mondo” per cui valga la pena vivere.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Gli ultimi dieci minuti di puntata salvano l’episodio dal baratro in cui altrimenti sarebbe piombato
  • Giapponesi ritardate che tirano pallonate in testa a gente su un tetto e che lasciano tutti inorriditi
  • Primi dieci minuti abbastanza inutili
  • Mancava giusto il product placement della guida strategica di Final Fantasy

 

Sicuramente l’episodio migliore visto finora, anche se oggettivamente il merito è attribuibile solo ed unicamente agli ultimi dieci minuti di girato. Potendo valutare unicamente la sequenza finale, un Thank Them All sarebbe più che meritato ma, tenendo in considerazione i primi dieci minuti e in particolare la sequenza sul tetto con le due giapponesi intente a tirare pallonate in testa ad Akio e collega (sequenza che da sola meriterebbe un Kill Them All a mani basse) è già tanto che qui sotto campeggi un bel Save.

 

Dad’s Secret 1×05 ND milioni – ND rating
The Truth 1×06 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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