“You turned your back on your entire life.”
“I’m just trying to do good work.” “Well, you’re not. You’re being naive and stupid. Something you never were before.”
Nuova stagione, ennesimo taglio con il passato. O quasi.
Alex Gansa e Howard Gordon ogni anno provano a reinventare il proprio giocattolo e, anno dopo anno, devono fare i conti con quanto però si sono lasciati alle spalle e nel caso di Carrie, Saul e Quinn ci sono veramente tante cose con cui dover fare i conti. Se lo scorso anno, per avere una propria identità nell’era post-Brody, ci si era gettati testa e cuore ad Islamabad in Pakistan (tra l’altro riuscendo alla grande nell’impresa di non perire all’ombra di Brody), quest’anno altra spiaggia e altro mare il set dell’intera stagione è a Berlino, Germania, lì dove ora Carrie vive con sua figlia. E con il nuovo fidanzato. Ah si, due anni dopo l’osceno finale della scorsa stagione. Come facciamo a sapere che son passati due anni? Basta fare attenzione al centinaio di volte che viene ripetuto durante la premiere tra cui “He’s been on the ground in Syria for the past two years.” e “Two years in the shit, Dar“.
Al termine di “Separation Anxiety” si può essere già convinti delle scelte operate da Gansa e Gordon oppure essere semplicemente ben disposti per quanto ci verrà proposto nelle restanti 11 puntate. Difficilmente qualcuno potrebbe criticare questa première perché, in un modo o nell’altro, vengono toccate tutte quelle patate bollenti che ai fan di Homeland tanto piacciono: il rapporto tra Saul e Carrie, la frustrazione trasudata dalle azioni e parole di Quinn, le dinamiche inerenti il terrorismo internazionale. Qui c’è tutto, inutile girarci attorno e inutile asserire di essere delusi. Se qualcuno è deluso lo è perché sta ancora aspettando che Brody si tolga il cappio dal collo e torni a vivere. Questo è Homeland 2.1, bisogna farsene una ragione.
A volerla dire tutta qualcosa che fa storcere il naso c’è, siamo un po’ tutti puntigliosi su questo in effetti. Le problematiche maggiori sono entrambe facilmente risolvibili, ma richiedono ovviamente tempo e attenzione, due elementi che sono presenti in abbondanza per poter digerire i nuovi character della stagione, in primis, e l’assenza di vere e proprie spiegazioni circa l’attuale clima da Guerra Fredda tra Carrie e Saul. Ovviamente i nuovi personaggi non hanno avuto abbastanza spazio per essere apprezzati o anche solo accettati, d’altronde vedersi piombare tra capo e collo il nuovo fidanzato di Carrie, ben consci dei sentimenti di Quinn, è un colpo basso, oltre che essere straniante come effetto. Il modo in cui si erano lasciati in “Long Time Coming” non dava adito a molte aspettative, ma in due anni potevano succedere tante cose e invece è successo solo che “He’s been on the ground in Syria for the past two years“. Il problema circa il primo impatto con le new entry tedesche è stato proprio il primo, freddissimo, impatto. Non c’è empatia, non si riesce a trovare valore aggiunto nella loro presenza, consumano solo ossigeno e spazio sul set, per ora. Partendo con aspettative così basse possono solo che migliorare e noi tutti ce lo auguriamo.
Ci sono pochissime aspettative invece sul ricevere una spiegazioni chiara e precisa di tutto ciò che è avvenuto tra Carrie ed il suo ex mentore, decisamente comprensibile di primo acchito se si ripensa all’ultima scena di “Long Time Coming“, totalmente fuori controllo se si percepiscono i toni glaciali della loro discussione. Basterebbe veramente poco per esplicitare le dinamiche che hanno portato al conflitto tra i due ma, conoscendo i nostri polli di nome Gansa e Gordon, sarà arduo riceverle.
“Separation Anxiety” presenta il nuovo status quo dei protagonisti a due anni dal post-Islamabad. C’è chi è diventato capo della divisione europea della CIA, c’è chi è stato “Two years in the shit, Dar” e c’è chi si è trasferita a Berlino mollando quella CIA per la quale un tempo avrebbe sacrificato anche la propria figlia (tra l’altro apprezziamo molto il fatto di aver scelto finalmente una bambina che non incutesse paura). Ci sono tantissimi cambiamenti ma alla fine si ritorna sempre a parlare dei soliti, “amati”, problemi politici e di terrorismo, of course. D’altronde il rapporto impossibile tra Islam e Occidente (leggasi Stati Uniti) è sempre stato nel DNA della serie e farlo venir meno sarebbe il vero suicidio dello show. Niente da dire su questo proposito: Gansa e Gordon hanno fatto colpo ancora. Tra l’altro sfruttando argomenti estremamente attuali.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Long Time Coming 4×12 | 1.92 milioni – 0.6 rating |
Separation Anxiety 5×01 | 1.66 milioni – 0.6 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.