Ci piacerebbe aprire questa recensione di Homeland in un altro modo, più foriero di buone notizie rispetto alla realtà, ma invece la situazione dopo tre episodi continua a non essere nè lucida nè chiara. Il pressappochismo e la vaghezza della trama orizzontale della stagione sono, e rimangono, i principali problemi di queste prime tre puntate: non si sa dove Homeland voglia andare a parare, non c’è alcuna trama degna di nota e che riesca a far presa sullo spettatore, non si capisce quale sia il fine ultimo o quanto meno la minaccia che si dovrà affrontare questa stagione. Alcuni sprazzi positivi ci sono, sicuramente più delle precedenti puntate, ma non bastano a giustificare la visione appassionata da parte dello spettatore. Non ancora almeno.
Carrie: “When did we start arresting people for crimes they might commit?”
Conline: “Somewhere between 9/11 and Orlando.”
Bisogna sforzarsi per trovare un filo conduttore in tutte le storyline mostrate sinora perchè, tra un Quinn in stato di paranoia, una Carrie che si divide tra Seouk e la futura Presidente degli Stati Uniti, un Dar Adal che fa il Dar Adal ed un Saul finalmente rimesso al centro della internazionale tra Iran e USA, tutto appare molto disordinato. Sicuramente il fattore comune in tutto ciò è il passaggio di testimone tra il Presidente attuale e il primo Presidente donna degli USA, un passaggio che, come abbiamo notato anche noi in questi ultimi mesi tra Obama e Trump, crea un vuoto di potere per ben 72 giorni. Cosa succede in questi 72 giorni è ovviamente importante perchè la politica internazionale va avanti ma gli Stati Uniti sono come bloccati in un hiatus decisionale in cui il Presidente uscente (in America chiamato lame duck) non può assumersi responsabilità così importanti visto che non le potrà portare a termine e, al contempo, il Presidente eletto deve creare il suo team e venire istruito su tutte le tematiche e le problematiche all’attivo su cui però non può prendere nessuna decisione. È in questo lasso di tempo che si svolge la sesta stagione di Homeland, una stagione che finora rispecchia perfettamente questo momento speculare della trama.
Il ruolo di consigliere assunto da Carrie è importante e serve a mettere in mostra i giochi di potere e le marchette che avvengono nel dietro le quinte, un dietro le quinte in cui Dar Adal sguazza come un salmone in un torrente, manipolando, o provando a manipolare, sia il Presidente eletto che Saul. Se la trama orizzontale dovesse svilupparsi in questo versante si potrebbero vedere delle cose interessanti, specialmente considerando le dinamiche e i rapporti che ci sono tra Saul, Carrie e Dar Adal.
Non a sorpresa, ciò che tiene in alto sorregge “The Covenant” è quello stesso Saul Berenson che fino ad ora è stato relegato in seconda linea e bistrattato come pochi altri (ce ne lamentavamo anche nello scorso “The Man In The Basemant“). Come se ci fosse ancora da dimostrare l’importanza di Saul come character nell’economia di Homeland, la sua presenza e la sua tempra riescono a dare una svolta positiva alla puntata che, altrimenti, sarebbe stata più pesante e noiosa. L’interrogatorio di Farhad Nafisi ad Abu Dhabi è interessante, ma la vera svolta arriva solo al termine e da un improbabile cestino in cui Saul trova un pacchetto di sigarette della stessa marca che fumava Nafisi: coincidenze? Saul non crede alle coincidenze e questo potrebbe, se Dio Gordon e Gansa vorranno, dare la tanto sospirata svolta alla trama che ci si augura. Si parla infatti di intrighi internazionali e doppi giochi, esattamente ciò di cui Homeland si nutre e che gli spettatori bramano.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Man In The Basement 6×02 | 1.45 milioni – 0.5 rating |
The Covenant 6×03 | 1.13 milioni – 0.4 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.