Homeland torna sugli schermi americani riprendendo le fila del discorso interrotto in “America First” lo scorso Aprile e lo fa, per la prima volta sin dalla 3° stagione, in maniera estremamente facile, visto che stavolta non deve ricostruire da zero l’intero ecosistema narrativo. “Enemy Of The State” è infatti direttamente collegato ad “America First” e all’intera 6° stagione, esattamente come lo sarà questa. Showtime ha rinnovato la serie sia per una 7° che per una 8° stagione che dovrebbe essere l’ultima, Gordon e Gansa hanno quindi optato per una prosecuzione della storyline della 6° stagione e un’ultima annata probabilmente ambientata in Medio Oriente, lì dove poi tutto è cominciato. E non si può che apprezzare la scelta in quanto, sin dall’ormai storica prima (e unica) “trilogia” incentrata su Brody, Homeland non è mai più ritornata per più di un anno su una stessa storia, trasformandosi di fatto in una serie semi-antologica. Se “Enemy Of The State” funziona bene è anche per la semplicità con cui ci si può approcciare a distanza di 1 anno dall’ultima puntata.
Keane: “How is it they tried to assassinate me, and I am the one under investigation?”
Wellington: “Because we locked up over 200 of their best friends – and neighbors.”
Keane: “Yeah, for damn good reasons.”
Wellington: “Kept them for nearly two months. Some would say denied their civil rights.”
Keane: “That was the other reason, send a message: don’t fuck with us ever again.”
Gansa (qui anche in veste di sceneggiatore coadiuvato da Deborah Cahn) e Gordon hanno quindi strutturato questa stagione come una sorta di “secondo atto” e, come tale, ritorna anche Elizabeth Marvel nel ruolo ambiguo di Elizabeth Keane, Presidente degli Stati Uniti ricca di simmetrie politiche alla Donald Trump. Se infatti già nella scorsa stagione la Keane aveva dato prova di essere estremamente autoritaria e decisamente scettica nei confronti delle persone (anche per il modo in cui O’Keefe aveva danneggiato l’immagine di suo figlio), già in questa season premiere, così come nel finale di “America First“, aveva dato prova di voler impostare una legislatura estremamente dura al fine di venire rispettata per la carica conquistata. E qui si trova la prima grossa differenza con l’anno scorso in quanto, al momento degli attentati, non era ancora entrata ufficialmente in carica, non essendo ancora stato pronunciato il giuramento solenne. Ora è ufficialmente in carica con il massimo dei poteri e la più totale dedizione nel rendere l’America un posto “più sicuro”.
“Enemy Of The State” presenta un’America in una situazione estremamente cupa e dispotica in cui la libertà d’espressione ed il lavoro di membri dei servizi governativi non è più quella che era un tempo. La leadership forte e totalitarista (per non dire tirannica) della Keane si riflette nella vita di tutti i giorni, vedasi O’Keefe in versione fuggitivo e, ovviamente, la morte del Generale McClendon, reo di non essere stato condannato a morte con un plotone d’esecuzione (“A panel of eight generals and four admirals deemed that his actions did not rise to the level of a capital offense. […] But the last time the military executed one of its own was in 1961.“). Tutto è spinto quasi all’eccesso da un abuso di potere usato “a fin di bene” che però è percepito appunto per quello che realmente è: un abuso di potere.
In questa nuova America si fa quindi di nuovo largo una Carrie Mathison che agisce (al solito) al limite pur di trovare la quadra e bloccare questa situazione ed un Saul Berenson dietro le sbarre insieme ad altri 199 colleghi che aspetta invano la sua libertà. Se da un lato bisogna ammettere che non si sente la mancanza di Quinn, dall’altro si denota una sempre più marcata centralità di Carrie, dovuta proprio all’assenza di altri comprimari forti che possano portare il peso della narrazione sulle proprie spalle. E con Saul bloccato in prigione, il quasi totale minutaggio dedicato a Carrie potrebbe far storcere il naso a qualcuno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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America First 6×12 | 1.89 milioni – 0.6 rating |
Enemy Of The State 7×01 | 1.22 milioni – 0.3 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.