Recensione Io Sono Nessuno Nobody
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Nobody – Io Sono Nessuno

Recensione di Io Sono Nessuno, pellicola che domina il Box Office americano grazie ad un Bob Odenkirk tanto arrabbiato quanto letale

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Hutch Mansell (Bob Odenkirk) è un padre di famiglia ordinario, con una moglie, due figli e un lavoro d’ufficio che lo porta a condurre una vita piuttosto abitudinaria. Una notte due ladri irrompono in casa sua e, per evitare che la situazione degeneri, nonostante per un attimo sembri avere la situazione sotto controllo, decide di non reagire e li lascia fuggire sotto lo sguardo deluso del figlio. La figlia più piccola, non trovando il suo braccialetto, pensa sia stato rubato dai ladri e Hutch, stufo di reprimere la sua frustrazione, perde la testa e, armato di pistola, va alla ricerca dei due rapinatori. In un momento di lucidità l’uomo decide di tornare sui suoi passi ma sul bus del ritorno, in seguito ad un tentativo di aggressione ai danni di una ragazza, l’uomo pesta violentemente i malviventi, riducendoli in fin di vita e scatenando la rabbia di un signore della droga russo, Yulian Kuznetsov (Aleksey Serebryakov), che giura vendetta a Hutch. Da qui in avanti il passato del protagonista riemergerà bruscamente, rivelando così la sua vera natura.

 

Io Sono Nessuno (Nobody) è l’ultimo lavoro di Il’ja Najšuller, regista russo divenuto celebre grazie al video musicale, divenuto poi virale, di Bad Motherfucker“, singolo della sua band Biting Elbows (di cui è cantante e chitarrista), grazie al quale il ragazzo è riuscito a farsi notare dal regista e produttore Timur Bekmambetov. Il loro incontro ha così permesso al ragazzo di trasformare la sua idea in un lungometraggio d’azione che ha scritto, diretto e co-prodotto: Hardcore!, pellicola girata completamente in soggettiva che ha incassato quasi 17 milioni di dollari.
Non sorprende dunque che con Nobody il regista sia nuovamente riuscito a fare centro, incassando ben 6.7 milioni di dollari su suolo americano (il film è stato proiettato in circa 2400 sale) più altri 5 milioni dal mercato internazionale, dominando così il Box Office americano in questo momento di lenta ripresa post-pandemia.

Give me the goddamn kitty cat bracelet, motherfucker!

BETTER CALL HUTCH


In inglese esiste una particolare espressione, resa popolare dal Presidente John Kennedy durante un’intervista rilasciata nel ’75 al giornalista Ben Bradlee: Don’t get mad, get even. (letteralmente “Non arrabbiarti, vendicati.”), un’espressione che, molto brevemente, riesce a riassumere la natura di pellicole come Io Sono Nessuno.
Prima di Hutch Mansell ce ne sono stati tanti: praticamente ogni personaggio interpretato dai vari Stallone, Schwarzenegger, Chuck Norris, Steven Seagal, Bruce Willis nei loro film d’azione; il Bryan Mills di Liam Neeson nella saga Taken (in Italia Io Vi Troverò) o il John Wick di Keanu Reeves, i due personaggi di genere forse più iconici degli ultimi anni, ma anche il Robert McCall di Denzel Washington in The Equalizer o il Jack Reacher di Tom Cruise nella saga omonima. Una lista lunghissima di personaggi che, a prescindere dal proprio background personale, entrano tutti a far parte di quel genere cinematografico che basa la sua intera esistenza sul mito del vendicatore pseudo invincibile che, armato soltanto della sua rabbia, decide di ripulire le strade dalla “feccia”.
Un’aura d’invincibilità che di recente, a causa della progressiva egemonia cinematografica conquistata dai supereroi Marvel e DC, lo spettatore tende ad associare maggiormente a quella del supereroe in spandex piuttosto che al vendicatore della porta accanto, il cui unico superpotere è quello di essere estremamente arrabbiato – e nella maggior parte dei casi anche estremamente addestrato ad uccidere. Fa quindi piacere ogni tanto uscire dal contesto giustamente familiare entro cui questi supereroi in calzamaglia si muovono, per gettarsi invece in una storia all’insegna della violenza più cieca, fatta di sparatorie, inseguimenti e botte da orbi, ma con quel pizzico di dark comedy che aiuta a rendere l’estremo irrealismo delle vicende maledettamente godibile.
E sebbene per ricoprire questo ruolo sia stato scelto un attore come Bob Odenkirk (Breaking Bad, Better Call Saul, Fargo), quasi sessantenne e legato a ruoli decisamente esuberanti ma mai così violenti, il risultato complessivo è pienamente soddisfacente: un racconto hardboiled moderno che non si prende troppo sul serio e che proprio per questo riesce ad entrare fin da subito nel cuore dello spettatore.

SEI PROPRIO TU JOHN WICK?


Hutch:You brought a lot of shotguns.
David:Well, you brought a lot of Russians.

Eroe positivo o pazzo psicopatico? Difficile dirlo. Non è vero, è facilissimo: decisamente pazzo psicopatico.
Eppure – garanzia di John Wick e colleghi sopracitati – è davvero difficile non trovarsi immediatamente ad empatizzare col protagonista di turno nonostante l’evidente squilibrio mentale che domina le sue azioni violente e deplorevoli. Sarà un po’ il guilty pleasure di immaginarsi nei panni del protagonista, a fracassare teste di cattivoni che meritano finalmente di ricevere una bella lezione da qualcuno, sarà perché la sua condizione di invincibilità porta a concentrarsi solo ed esclusivamente sull’azione nuda e cruda, dimenticando eventuali preoccupazioni in merito alla sua (im)possibile sconfitta, ma alla fine della fiera si tratta di una formula che funziona alla perfezione: un’ora e mezza all’insegna del più futile storytelling, delle battute di pessimo gusto dette al momento sbagliato e delle morti creative più originali che possiate immaginare ottenute grazie all’ausilio degli strumenti di morte più improbabili di sempre. Tipo una lasagna. Sì, una lasagna.
Si tratta di un film realizzato utilizzando ingredienti anche fin troppo familiari: sangue e violenza, machismo da fumetto, criminali russi, parentesi trash e morti improbabili, eppure, forse grazie all’alchimia creatasi tra Najšuller e Derek Kolstad (che è anche lo sceneggiatore della saga di John Wick) tutto sembra estremamente vitale, familiare ma non per questo una brutta copia di qualcosa già visto in precedenza. C’è un fascino semplice ma ruvido dietro la figura di Hutch Mansell, presentato allo spettatore nella sua versione “reale” grazie ad una sequenza di lotta all’interno di un autobus girata in maniera impeccabile, durante la quale viene mostrata allo spettatore una figura combattiva e resistente, ma comunque ostacolata dalla sua età. E per questo molto più interessante da scoprire rispetto, ad esempio, ad un Liam Neeson, ai tempi del primo Taken ultracinquantenne e praticamente incrollabile.
Senza contare poi che qualcuno su internet, in seguito anche alle dichiarazioni dello stesso Najšuller, pensa già ad un possibile crossover John Wick/Nobody; idea alimentata naturalmente dal fatto che i due vendicatori condividono la stessa “penna” e che, nonostante non abbia trovato vere e proprie conferme, sta già facendo sognare i fan del genere.
Insomma, una pellicola che non si prende troppo sul serio ma che riuscirà a stupire grazie ad una regia frenetica e coinvolgente ed una colonna sonora quasi sempre anticlimatica – e proprio per questo sempre perfetta – e che promette di tenere attaccati al divano per un’ora e mezza di azione, dark humor e neanche una lontana parvenza di trama.
Un film che non fa granché, ma lo fa maledettamente bene.


92 minuti di pura ignoranza che probabilmente vi renderanno più stupidi di quando avete cominciato la visione ma anche 92 minuti di puro godimento audiovisivo che farà contenti soprattutto i fan del genere pulp e delle battute esageratamente trash dette al momento meno opportuno.
Ah, c’è anche Cristopher Lloyd all’ospizio con un fucile a pompa. Cosa volete di più?

 

TITOLO ORIGINALE: Nobody
REGIA: Il’ja Najšuller
SCENEGGIATURA: Derek Kolstad
INTERPRETI: Bob Odenkirk, Connie Nielsen, RZA, Aleksej Serebrjakov, Christopher Lloyd, J.P. Manoux, Gage Munroe, Colin Salmon
DISTRIBUZIONE: Universal Pictures
DURATA: 92′
ORIGINE: USA, 2021
DATA DI USCITA: 26/03/2021

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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