Recensione La Stanza Amazon Lodovichi Caprino
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La Stanza

Recensione de La Stanza, thriller psicologico all'italiana diretto da Stefano Lodovichi. Dal 4 gennaio disponibile su Amazon Prime Video.

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La mattina in cui Stella (Camilla Filippi) decide di togliersi la vita, un uomo misterioso di nome Giulio (Guido Caprino), che sembra conoscerla fin troppo bene, suona alla sua porta chiedendole un riparo dal maltempo. Dopo un’iniziale riluttanza dovuta anche allo strano comportamento dell’uomo, la donna lo invita a restare. Quando più tardi a casa arriva anche Sandro (Edoardo Pesce), il marito di Stella, le cose cominciano a prendere una piega inaspettata: Giulio sembra intenzionato a portare a galla tutti i segreti della famiglia, e per farlo è disposto a tutto.

 

Disponibile in anteprima esclusiva su Amazon Prime Video dal 4 Gennaio 2021, La Stanza è l’ultima fatica del regista Stefano Lodovichi (al suo terzo lungometraggio dopo Aquadro del 2013 e In Fondo Al Bosco del 2015), un thriller psicologico con elementi survival-horror e addirittura un plot twist di natura sci-fi, realizzato a partire da un’idea che inizialmente sarebbe dovuta diventare un documentario sul fenomeno dilagante degli Hikikomori (dal giapponese “stare in disparte, isolarsi”) e, in generale, sull’isolamento sociale volontario. Lodovichi trasforma quindi la sua opera documentaristica in un lungometraggio di finzione dai toni surreali e grotteschi che nasconde le sue reali intenzioni dietro una maschera di ambiguità che non cadrà neppure al termine del film, lasciando allo spettatore la libertà di credere alla propria versione della verità.

Pensavo a te ogni singolo giorno. Nella mia stanza. Eravamo solo io e te mamma. Avevi ragione: è pieno di mostri qui fuori.

THRILLER O DOCUMENTARIO?


Come già accennato poc’anzi, l’idea alla base de La Stanza trae la sua linfa vitale da un progetto documentaristico ideato da Ludovichi in pieno Lockdown – dal titolo “Chiusi In Casa” – ed incentrato sul fenomeno dell’isolamento giovanile volontario in Giappone da parte dei cosiddetti Hikikomori: persone che optano per l’autoreclusione in risposta alle eccessive pressioni di realizzazione sociale dettate dalla società. Molte opere hanno cercato negli ultimi anni di spiegare questo fenomeno – per giunta aggravato ulteriormente dall’emergenza Covid che ha colpito principalmente la porzione di Hikikomori che stava cercando di combattere la pulsione all’isolamento – ma poche di esse sono riuscite nell’impresa di fornire un quadro generale che fosse esaustivo e che al contempo non risultasse stucchevole o eccessivamente retorico. In tal senso un ottimo esempio è Welcome To The NHK, anime giapponese dal sapore dolceamaro che riesce nell’impresa di raccontare l’argomento con estrema scorrevolezza, senza mai risultare pesante nonostante si affrontino temi esistenziali molto forti (e tra l’altro interamente disponibile in italiano su YouTube).
La Stanza, però, rappresenta un caso a sé. Se nel caso del sopracitato Welcome To The NHK il fenomeno dell’Hikikomori viene affrontato puntando su un iper-realismo che rifugge da schemi convenzionali e toni consolatori, mostrando con estremo disincanto la spietatezza dell’esistenza e della società in cui viviamo, nella pellicola di Lodovichi questo tema aleggia solo sullo sfondo, riecheggiando nei vuoti corridoi della casa come un grido d’aiuto che purtroppo non trova orecchie disposte ad ascoltarlo. Al suo posto viene messo in scena un tema simile, ma molto differente nelle intenzioni, che è quello dell’isolamento di un figlio causato da un bisogno di protezione materno portato all’estremo. Tema che quindi si distacca dal tema principale degli Hikkikomori proprio per l’assenza di volontarietà nell’atto di isolarsi dal resto del mondo.
Il risultato è sicuramente un thriller di tutto rispetto che rifugge da qualsivoglia confronto con prodotti attualmente in circolazione sul mercato nostrano. Un progetto molto ambizioso, realizzato in tempi brevissimi (appena due settimane e nel totale rispetto delle norme anti-Covid) ma che difficilmente uscirà dalla sua categorizzazione di nicchia. In parte perché distante dal prodotto medio consumato dallo spettatore italiano; in parte per la poca solidità della sceneggiatura nel momento in cui il mistero comincia a rivelarsi agli occhi dello spettatore, puntando maggiormente su mistero e suggestioni piuttosto che sulla ricerca di una verità univoca.
D’altronde non c’è ragione di stupirsi, è risaputo che agli italiani piacciono gli spiegoni.

ALL WORK AND NO PLAY MAKES GUIDO CAPRINO A DULL BOY


Il film riesce brillantemente nella sua opera di costruzione della tensione, grazie in parte alla stupenda ambientazione e alla moltitudine di particolari che aiutano lo spettatore a mettere letteralmente piede all’interno di quella vecchia casa a metà tra Liberty ed Art Nouveau, e in parte all’opera di caratterizzazione compiuta sui suoi personaggi che, pur essendo refrattari a qualsivoglia genere di empatia spettatoriale, riescono a restituire in poche e semplici battute il disagio che si cela dietro le vite dei tre protagonisti.
Questo grazie anche alle performance dei suoi attori, capitanati da un Guido Caprino (199219931994Il Miracolo) in grande spolvero che qui non fa altro che confermare le sue doti da “trasformista” con un personaggio cinico e violento, prodotto di un’infanzia traumatica e di una famiglia negligente. Un intruso dall’atteggiamento inizialmente sinistro e misterioso, dai toni che sembrano richiamare i due psicopatici in bianco di Funny Games, che piano piano rivela la sua vera natura, virando verso una follia alla Jack Torrence, più focalizzata sulla violenza fisica che su quella emotiva.
Mostrando quella tendenza cinematografica tipicamente italiana di descrivere la famiglia come un coacervo di bugie, segreti e tradimenti, in questo caso fortunatamente congeniale alla narrazione ed al messaggio di fondo, il film mostra l’aspetto più claustrofobico di un matrimonio oramai finito, esplorando rapporti familiari deviati e conseguenti contraccolpi psicologici ma da un punto di vista completamente innovativo e soprattutto inaspettato.


La Stanza è un prodotto unico nel suo genere, un esperimento di contaminazione tra generi con un messaggio di fondo molto forte che però vede nella scrittura a tratti un po’ fragile il suo punto debole. Una visione nel complesso più che soddisfacente durante la quale Lodovichi riesce a tenere alto l’interesse dello spettatore pur scegliendo il sentiero più rischioso. Una visione sicuramente consigliata, ma che probabilmente lascerà gli spettatori più pragmatici e bisognosi di risposte con l’amaro in bocca.

 

TITOLO ORIGINALE: La Stanza
REGIA: Stefano Lodovichi
SCENEGGIATURA: Stefano Lodovichi, Francesco Agostini, Filippo Gili
INTERPRETI: Guido Caprino, Camilla Filippi, Edoardo Pesce
DISTRIBUZIONE: Amazon Studios
DURATA: 86′
ORIGINE: ITALIA, 2021
DATA DI USCITA: 04/01/2021

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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