0
(0)
Risulta abbastanza complicato aprire questa recensione di Moonbase 8 in quanto, dopo la visione, si viene attaccati da un senso di inadeguatezza decisamente molto marcato.
Inadeguatezza del pubblico verso il messaggio carpito nella nuova comedy di Showtime? No.
Senso di inadeguatezza del prodotto per il mondo della televisione come lo si intende oggi: Moonbase 8 si presenta con “Dry” in maniera insufficiente mettendo in mostra una incapacità abbastanza rara nel creare momenti di ilarità durante la sua visione.
A differenza delle sitcom, dove la risata viene spesso e volentieri dettata dal prodotto stesso (risate registrate) o da punchline ben conosciute al pubblico (si pensi al “Bazinga” di The Big Bang Theory), la comedy ha un compito ben diverso dovendo andare a costruire la comicità senza questo tipo di supporto. Un compito che i creatori (Fred Armisen, Tim Heidecker, Jonathan Krisel, John C. Reilly nomi che potrebbero dire poco ma che non sono affatto nuovi nel panorama seriale e cinematografico) falliscono miseramente.
Per diversi anni, nel mondo della televisione, c’è stato un desiderio recondito nelle produzioni e nei canali generalisti di creare serie tv a tema viaggi nel tempo: almeno una serie tv all’anno sull’argomento veniva prodotta e, indipendentemente che venisse cancellata o rinnovata, l’anno successiva si ripresentava un prodotto decisamente simile ma che cercava di affrontare i viaggi nel tempo da un diverso punto di vista. Non a caso anche il mondo delle sitcom decise di prendere in esame questa tipologia narrativa (si veda ad esempio Phil Of The Future, approdato nel 2004 su Disney Channel), sintomatico di un filone che stava venendo sfruttato in ogni modo e in ogni forma.
La riscoperta della NASA, il mito dei viaggi verso Marte, Elon Musk e tutto ciò che lo circonda hanno portato il pubblico ad apprezzare qualcosa di ben più tangibile dei fantastici viaggi nel tempo: lo spazio. The Expanse nel 2015 aveva in un certo tal senso preparato il terreno, successivamente colonizzato senza ritegno da qualsiasi canale o piattaforma streaming: lo spazio andava (metaforicamente) conquistato. Sia nel campo drama (innumerevoli le produzioni al riguardo, anche YouTube ci ha provato con Origin), sia, più recentemente, nel campo comedy.
Space Force, produzione Netflix, può contare su Steve Carell, volto inscindibile da quello di Michael Scott (The Office) tornato in auge in maniera preponderante negli ultimi anni anche grazie alle piattaforme streaming (Amazon Video e Netflix) che ne mettono a disposizione le stagioni. Ma Moonbase 8, invece, su cosa o chi può contare? A conti fatti nulla e purtroppo il pessimo risultato è sotto gli occhi di tutti.
Obiettivo primario delle serie comedy è la risata: Moonbase 8 non ne presenta traccia alcuna. Anzi, volendo essere giusti e corretti andrebbe annotato che qualche risata scappa, ma vengono suscitate dalle più immature conformazioni della comicità (come per esempio la sequenza in cui si ritrovano costretti a bere la propria pipì, anche se filtrata). Il resto è veramente poca cosa, quindi un fallimento.
Obiettivo secondario, una sorta di surplus, una sorta di messaggio-morale con la quale colpire a proprio modo lo spettatore: inesistente in ogni singolo frangente.
Moonbase 8 a parte essere il racconto di tre disadattati ed una star del football alle prese con una simulazione di un viaggio sulla luna non risulta essere altro: né comedy, né drama (nonostante la morte violenta di Travis Kelce, ovviamente affrontata con facile ironia e sufficienza), né nient’altro. Chiaramente il prodotto ha la potenzialità per crescere: il cast riesce ad intrattenere ed il contesto rappresenta la giusta rampa di lancio. Il vero problema, come si evince da quanto scritto in precedenza, è chiaramente la narrazione della storia, elemento completamente assente e quanto mai fondamentale trattandosi di un primo episodio. Parallelamente ad un lato blackcomedy evidente (come testimonia la morte di Travis e l’approccio degli altri verso la stessa), si denota un approccio semplicistico al comparto umano dei personaggi: il dialogo rivelatorio tra i tre personaggi mezzi ubriachi rivela l’intenzione (a lungo termine) di prendere in esame le vite imperfette dei tre, accomunati dal semplice fatto che la missione della NASA rappresenti per ognuno di essi l’alternativa migliore. Ma è veramente poca cosa e risulta gettata in maniera decisamente confusionaria all’interno della puntata.
Se nemmeno il primo episodio aiuta lo spettatore a comprendere quale sia l’intento della sceneggiatura (quanto meno a grandi linee) si può inquadrare una serie tv come insufficiente? A nostro modestissimo avviso, sì.
Inadeguatezza del pubblico verso il messaggio carpito nella nuova comedy di Showtime? No.
Senso di inadeguatezza del prodotto per il mondo della televisione come lo si intende oggi: Moonbase 8 si presenta con “Dry” in maniera insufficiente mettendo in mostra una incapacità abbastanza rara nel creare momenti di ilarità durante la sua visione.
A differenza delle sitcom, dove la risata viene spesso e volentieri dettata dal prodotto stesso (risate registrate) o da punchline ben conosciute al pubblico (si pensi al “Bazinga” di The Big Bang Theory), la comedy ha un compito ben diverso dovendo andare a costruire la comicità senza questo tipo di supporto. Un compito che i creatori (Fred Armisen, Tim Heidecker, Jonathan Krisel, John C. Reilly nomi che potrebbero dire poco ma che non sono affatto nuovi nel panorama seriale e cinematografico) falliscono miseramente.
Per diversi anni, nel mondo della televisione, c’è stato un desiderio recondito nelle produzioni e nei canali generalisti di creare serie tv a tema viaggi nel tempo: almeno una serie tv all’anno sull’argomento veniva prodotta e, indipendentemente che venisse cancellata o rinnovata, l’anno successiva si ripresentava un prodotto decisamente simile ma che cercava di affrontare i viaggi nel tempo da un diverso punto di vista. Non a caso anche il mondo delle sitcom decise di prendere in esame questa tipologia narrativa (si veda ad esempio Phil Of The Future, approdato nel 2004 su Disney Channel), sintomatico di un filone che stava venendo sfruttato in ogni modo e in ogni forma.
La riscoperta della NASA, il mito dei viaggi verso Marte, Elon Musk e tutto ciò che lo circonda hanno portato il pubblico ad apprezzare qualcosa di ben più tangibile dei fantastici viaggi nel tempo: lo spazio. The Expanse nel 2015 aveva in un certo tal senso preparato il terreno, successivamente colonizzato senza ritegno da qualsiasi canale o piattaforma streaming: lo spazio andava (metaforicamente) conquistato. Sia nel campo drama (innumerevoli le produzioni al riguardo, anche YouTube ci ha provato con Origin), sia, più recentemente, nel campo comedy.
Space Force, produzione Netflix, può contare su Steve Carell, volto inscindibile da quello di Michael Scott (The Office) tornato in auge in maniera preponderante negli ultimi anni anche grazie alle piattaforme streaming (Amazon Video e Netflix) che ne mettono a disposizione le stagioni. Ma Moonbase 8, invece, su cosa o chi può contare? A conti fatti nulla e purtroppo il pessimo risultato è sotto gli occhi di tutti.
Obiettivo primario delle serie comedy è la risata: Moonbase 8 non ne presenta traccia alcuna. Anzi, volendo essere giusti e corretti andrebbe annotato che qualche risata scappa, ma vengono suscitate dalle più immature conformazioni della comicità (come per esempio la sequenza in cui si ritrovano costretti a bere la propria pipì, anche se filtrata). Il resto è veramente poca cosa, quindi un fallimento.
Obiettivo secondario, una sorta di surplus, una sorta di messaggio-morale con la quale colpire a proprio modo lo spettatore: inesistente in ogni singolo frangente.
Moonbase 8 a parte essere il racconto di tre disadattati ed una star del football alle prese con una simulazione di un viaggio sulla luna non risulta essere altro: né comedy, né drama (nonostante la morte violenta di Travis Kelce, ovviamente affrontata con facile ironia e sufficienza), né nient’altro. Chiaramente il prodotto ha la potenzialità per crescere: il cast riesce ad intrattenere ed il contesto rappresenta la giusta rampa di lancio. Il vero problema, come si evince da quanto scritto in precedenza, è chiaramente la narrazione della storia, elemento completamente assente e quanto mai fondamentale trattandosi di un primo episodio. Parallelamente ad un lato blackcomedy evidente (come testimonia la morte di Travis e l’approccio degli altri verso la stessa), si denota un approccio semplicistico al comparto umano dei personaggi: il dialogo rivelatorio tra i tre personaggi mezzi ubriachi rivela l’intenzione (a lungo termine) di prendere in esame le vite imperfette dei tre, accomunati dal semplice fatto che la missione della NASA rappresenti per ognuno di essi l’alternativa migliore. Ma è veramente poca cosa e risulta gettata in maniera decisamente confusionaria all’interno della puntata.
Se nemmeno il primo episodio aiuta lo spettatore a comprendere quale sia l’intento della sceneggiatura (quanto meno a grandi linee) si può inquadrare una serie tv come insufficiente? A nostro modestissimo avviso, sì.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Una situazione tragica, una morte violenta, una black comedy che non sembra volersi impegnare per far ridere e psicologia spicciola attorno ai personaggi: Moonbase 8 fallisce alla grande la prima.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.