Narcos 2×10 – Al Fin Cayò!TEMPO DI LETTURA 5 min

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Una serie intera con uno degli spoiler più grossi che si siano mai stati visti: la Storia. Alzi la mano chi si è trovato a benedire la propria ignoranza storica, soltanto per potersi godere al meglio la serie, poco importa se alla fine di questa non sappiamo distinguere fatti realmente accaduti da quei fatti romanzati di cui parla la scritta in sovrimpressione all’inizio di ciascun episodio.
Partiamo dalla fine e facciamo subito piazza pulita dall’enorme elefante nella recensione nella stanza. Pablo muore (si può non sapere la storia, ma se si sa lo spagnolo e si legge il titolo della 2×10…) e ci saranno una terza ed una quarta stagione. Lo scenario è tanto suggestivo quanto rischioso.

“Soy el fuego que arde tu piel…”

L’intera “Al Fin Cayò!” raccoglie tutte le caratteristiche dei grandi series finale della storia della televisione, con il piglio più romantico possibile. L’eroe, l’antieroe, l’uomo di cui sono state narrate le gesta si trova protagonista di scene e sequenze volte a lanciare brividi lungo la schiena dello spettatore. Simbolismi e suggestioni degne del realismo magico citato ad inizio recensione da Murphy si avvicendano in un climax sempre maggiore, con un Pablo completamente depauperato dal suo potere, braccato come un animale, con al fianco solo il fido Limòn che neanche conosce poi così tanto.
L’intera passeggiata di un barbuto Pablo al centro di Medellin – con tanto di visione del cugino Gustavo – richiama alla nostra mente la fine di epopee di personaggi assai meno reali: da Tony Soprano a Jax Teller, da Alicia Florrick a Nucky Thompson, fino a Walter White. La solitudine del protagonista è tratto distintivo di qualsiasi finale, quando non rimane più nessuno.
E visto che noi siamo ignoranti in maniera storica, ci aspettiamo che la fine di Pablo avvenga lì, al centro di una piazza, per puro caso, dopo una retata fallita, nell’unico momento di serenità dei suoi ultimi tribolati giorni.
Il climax si trasforma in anticlimax e Pablo torna a casa da Limòn che lo rimprovera. Prepotentemente il climax si riaffaccia nel più classico dei modi: Pablo e Tata perseverano in quello che è stato il loro errore sin dal principio, ovvero la comunicazione radio. Inizia un dialogo più ottimista degli altri, che guarda al futuro, iniziano quelli che ad un occhio spettatoriale esperto suonano pesantemente come addii.
Da lì l’inseguimento sul tetto e tutto ciò che ne consegue. La storia si riaffaccia prepotente, si beffa della nostra ignoranza e ci ricorda che questa non è televisione, non è The Sopranos, ma fatti realmente accaduti. Noi non sappiamo se esultare o se piangere nella carrellata di immagini finali: dalla vera e disperata madre di Pablo, dalla vera immagine di Escobar morto sul tetto, da un Peña lontano e visibilmente emozionato. Le lacrime che sentiamo crescere, però, se abbiamo assistito ad altre serie tv, non possiamo non riconoscerle: sono quelle lacrime inspiegabili di quando salutiamo un personaggio o un particolare contesto narrativo, positivo o negativo che sia.

“…soy el agua que mata tu sed.”

La sensazione quindi è quella di un series finale: il Pablo Escobar di Wagner Moura è morto, è crollato il Cartèl de Medellin eccetera eccetera. Però poi la scelta prende una direzione precisa e l’inquadratura finale di Peña, interpellato sul Cartèl de Cali ci porta ad una particolare deduzione, perplessità, illuminazione e forse anche un pizzico di euforia. Narcos non finisce e le basi per un’altra storia sono state poste eccome. Ed ecco l’illuminazione, tanto ovvia quanto impercettibile durante queste due stagioni, vista la potenza scenica di Moura: la serie si chiama Narcos, non Escobar. Attenzione, poi: qualcuno ha mai letto, lo scorso anno, la sinossi della serie, quando era in procinto di uscire? Si parlava esclusivamente della storia del narcotraffico, in maniera abbastanza vaga, senza precise figure di riferimento.
Narcos si rivela così un ibrido tra serie antologica e non. I personaggi verosimilmente resteranno gli stessi, gli antagonisti saranno personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere quest’anno, tuttavia verrà meno l’elemento iconico che ha accompagnato Narcos fino ad ora. Da qui la sopra citata perplessità.
Ovvio, la fiducia non può mancare in autori che hanno saputo gestire così bene l’incrocio tra storia recente e finzione. Bisognerà però vedere quale potrà essere l’impatto di questo ambizioso progetto, una volta spogliato dal suo top player (come già detto, non si sta elevando Pablo Escobar a star della tv, bensì la grandissima interpretazione del finto Escobar di Moura). Il rischio sarà quindi quello di True Detective, al cui marchio verrà sempre associato il volto di Matthew McConaughey, difficilmente quello del Colin Farrell della discussa seconda stagione. E’ anche vero, però, che siamo in un momento storico in cui probabilmente Netflix sta meritando più fiducia di qualsiasi altra emittente/piattaforma. In questo senso la curiosità è ai massimi storici.

“Somos bandidos.”

Realismo magico, è vero, ma pur sempre realismo. Questo finale di stagione ha elevato e sublimato la grandissima qualità di Narcos: l’ambiguità morale. Pablo e co. erano bestie, esseri demoniaci che hanno versato una grandissima quantità di sangue innocente. Eppure è sotto gli occhi di tutti come la controparte non fosse dura e pura, integerrima e santa. L’onesto Martinez lo dice, ad un furioso Gaviria: se fa resistenza lo uccidiamo, in caso contrario ci limitiamo ad arrestarlo. E un Pablo esanime, verso cui persino Murphy esita, viene freddato a sangue freddo da Trujillo, ossia il personaggio più rappresentativo del tipo di ambiguità di cui si sta parlando. Non una cattiva persona, ma un esasperato dalla caccia a Escobar, uno dei pochi sopravvissuti all’imboscata della 2×04 dove perde la vita Carrillo. Trujillo è anche colui che, con meno scrupoli, porta avanti il doppio gioco iniziato da Peña.
L’operazione ha così preso una connotazione strettamente umana, personale, ignorando del tutto gli iter burocratici e legali. Gaviria stesso, come abbiamo visto, non vuole che Escobar sia assicurato alla giustizia, lo vuole morto. Emblematica in tal senso la foto finale (con tanto di foto reale d’epoca), quasi ostentazione di un raro trofeo di caccia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutto ciò che vediamo
  • Terza e quarta stagione
  • L’esilarante paragone di Tata tra Escobar e Mandela
  • Particolare attenzione e cura nell’abbigliamento dei protagonisti per rendere il tutto ancora più veritiero
  • Una terza ed una quarta, rischiose, stagioni senza la loro figura più iconica

 

Secondo Wikipedia nella realtà Pablo fu identificato per una telefonata al figlio (e non per la comunicazione con la famiglia intera) e, proprio come nella serie, fu visto dalla finestra.

 

Nuestra Finca 2×09 ND milioni – ND rating
Al Fin Cayò! 2×10 ND milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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