In attesa che la stagione televisiva torni a pieno regime con le uscite di settembre, per l’ultimo scorcio d’estate Netflix ha rilasciato, lo scorso 25 agosto, un nuovo drama chiamato Clickbait.
Appena otto episodi per una serie dai contorni thriller che pone l’attenzione sulle conseguenze dell’uso smodato di internet. Un topic sicuramente non nuovo e che la stessa piattaforma streaming ha proposto di recente in un altro suo show, The Chair.
Mentre nella serie con Sandra Oh il tema viene messo in mostra con caratteri ironici, qui è il dramma a farla da padrone, riportando ad un unico punto focale: il potere dei social media nella società moderna utilizzati spesso come pericolosa arma per le più svariate operazioni.
UNA STORIA CON PIU’ PUNTI DI VISTA
Come detto, alla base di Clickbait vi è l’oscuro potere che ormai permea il mondo di internet, portando l’essere umano ad essere completamente assorbito da qualsiasi cosa proposta online, tanto da perdere ogni tipo di connessione con la realtà. Un tema che sta diventando sempre più critico, con i social media divenuti vere e proprie armi per persone sempre più fuori controllo.
Ed è su questa problematica che Clickbait va a creare la sua storia. Alla base della trama c’è il rapimento di uno dei protagonisti, tale Nick Brewer: scomparso da casa, riappare attraverso un video online che sentenzia la sua morte al raggiungimento delle 5 milioni di visualizzazioni di tale video. In pratica una sentenza di morte certa se ci si dovesse affidare unicamente al buon senso delle persone nel non aumentare le “visite” del sito. Questo quindi, il tema chiave della serie che, parallelamente, apre anche un’altra storyline inerente segreti torbidi e violenti dello stesso protagonista che, in teoria, dovrebbero aumentare la curiosità verso l’intera storia. Peccato però che, almeno durante il pilot, a Clickbait manchi una certa verve narrativa che avrebbe sicuramente favorito una maggiore partecipazione da parte del pubblico.
“Can you, I don’t know, hack into Google or something?”
La serie infatti, in questi primi 40 minuti circa, sembra perdersi un po’ nel presentare fatti e personaggi, tanto da mettere da parte l’obiettivo principale: far crescere la curiosità per i retroscena dietro il rapimento e creare, allo stesso tempo, una certa empatia con il malcapitato Nick Brewer.
Elementi, questi, che tuttavia hanno una loro spiegazione. Così come si può notare dal titolo di questo primo episodio, e controllando anche gli altri sette, ogni puntata viene raccontata seguendo un punto di vista diverso. Il pilot, intitolato “The Sister”, si concentra così sulla figura della sorella e questo preclude in parte una visione d’insieme della storia.
Naturalmente, spoilerandosi i successivi titoli, si comprende come pian piano la serie troverà una sua forma totale attraverso il punto di vista, di episodio in episodio, di tutti gli artefici della trama. Tuttavia, questa peculiarità presentata sin dal pilot, e partita con un personaggio spaesato e fin troppo confuso, come inizio non aiuta a far propendere la storia nella giusta direzione.
UNA PRODUZIONE AMERICO-AUSTRALIANA
Clickbait, pur essendo distribuita da Netflix, si presenta come una produzione americo-australiana che vede impegnate le compagnie della NBC Universal International Studios e la Matchbox Pictures che ha sede a Sydney. Serie ideata da Christian White e Tony Ayres, con quest’ultimo anche nel ruolo di showrunner, e che può contare David Heyman come produttore, seppur ambientata in America, in realtà è stata girata proprio in Australia, precisamente a Melbourne. Come capitato spesso nell’ultimo periodo, anche questo drama ha dovuto sottostare alle difficoltà di produzione dovute all’emergenza sanitaria, con le riprese bloccate nel fatidico marzo 2020 per poi riprendere lo scorso novembre.
Come detto, Clickbait viene raccontato attraverso i diversi punti di vista di svariati personaggi. Anche per questo, il cast si rivela abbastanza variegato. A parte la partecipazione di un folto gruppo di recurring character che aiutano ad ampliare la storia, tra i protagonisti principali emergono le attrici Zoe Kazan (nei panni del volto principale di questa puntata, ossia la sorella Pia Brewer) e Betty Gabriel, recentemente vista in Defending Jacob e qui nel ruolo della moglie di Nick. Infine, il ruolo dell’uomo sotto sequestro, Nick Brewer, va all’attore Adrian Grenier, volto noto per aver recitato in Il Diavolo Veste Prada.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una serie con una trama sulla carta abbastanza accattivante ma che nel pilot stenta un po’ a decollare. Si spera i prossimi episodi possano ingranare maggiormente la marcia.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.