Dopo il finale della scorsa puntata, in cui Negan abbandonava volontariamente Maggie lasciandola in balia di un nutrito gruppo di vaganti, una parte del pubblico ha appuntato come l’atteggiamento di Negan fosse eccessivo. In alcuni casi si è parlato di un passo indietro per l’evoluzione del personaggio interpretato da Jeffrey Dean Morgan. Una constatazione sicuramente esagerata che cozza con il contesto di pura sopravvivenza di The Walking Dead in cui le misere scaramucce contano ben poco nell’economia generale dello status sociale dei gruppi.
Maggie aveva a gran voce sottolineato la sua volontà di uccidere Negan. Quest’ultimo era a conoscenza del fatto che riuscire ad inserirsi nell’ormai ex gruppo di Rick sarebbe stato impossibile con il ritorno di Maggie e rischiare la propria vita per trarre in salvo una probabile minaccia non era sicuramente la scelta più sensata per Negan. Tutte motivazioni che, se prese singolarmente, già basterebbero per giustificare la sua scelta, ma che se prese nel loro insieme portano a voler appoggiare a pieno il tradimento portato in scena come cliffhanger nella precedente puntata.
UNA SITUAZIONE KAFKIANA
Da questo preciso punto questa seconda puntata (in una sorta di doppia premiere), riparte: il gruppo, ancora inebetito a causa del rischio corso, cerca all’interno della carrozza il volto di Maggie non trovandolo. Il tutto dura giusto una manciata di minuti perché ovviamente Maggie è sopravvissuta e non perde tempo ad attaccare Negan, colpevole di averla abbandonata. Il diverbio dura poco perché la situazione in cui si trova il gruppo non è sicuramente delle più tranquille: bloccati nel tunnel della metropolitana, all’interno di una carrozza, circondati da un foltissimo gruppo di vaganti. Difficile riuscire ad immaginarsi una vita d’uscita.
Ma ovviamente si tratta di The Walking Dead quindi tutto riesce a trovare una soluzione in pochi minuti, grazie ovviamente al solito Daryl-Terminator che arriva alle spalle dei vaganti e ripulisce carrozza dopo carrozza con la naturalezza e disinvoltura di un cameriere esperto che serve ai tavoli di un ristorante di lusso.
MAGGIE IS THE NEW RICK?
Maggie sembra essere tornata per ricoprire quell’archetipo di personaggio su cui The Walking Dead ha costruito la propria fortuna: il capo incapace ad essere crudele (salvo in rari casi, quando le scelte venivano prese di pancia piuttosto che di testa) che rimugina fino all’ultimo sulle proprie azioni, se ne pente e si lascia condizionare. La sequenza in cui il povero ragazzo viene mangiato vivo dall’altra parte della porta della carrozza senza l’aiuto di nessuno è un qualcosa che poteva tranquillamente essere portato in scena con Rick al posto di Maggie, visto e considerato che la psicologia utilizzata per i “capi” sembra essere sempre la medesima.
A rendere ulteriormente senza senso questo “sacrificio”, poi, è la motivazione di Maggie che giustifica la propria presa di posizione con un banale “non abbiamo munizioni per poterli abbattere tutti”. Dopo circa dieci minuti, quando ormai il danno è fatto, la porta cede in autonomia e il gruppo deve comunque procedere con l’abbattimento dei vaganti. A che pro quindi il tutto? Difficile dirlo, ma feriti e frastornati riescono ad uscire dalla metropolitana sani e salvi giusto in tempo per finire in una trappola tesa dal fantomatico gruppo che aveva massacrato la comunità in cui si era inserita Maggie. Un cliffhanger valido che movimenta ancora un po’ le acque e che sarà magari utile a dare un volto a questo fantomatico nemico.
LA REGRESSIONE DI EUGENE
Parallelamente a tutto ciò procede la porzione di trama riguardante il gruppo di Eugene che, invece, dopo l’ennesimo interrogatorio ad personam, riceve il permesso di potersi unire alla comunità intercettata dalla radio e con cui Eugene aveva comunicata tramite Stephanie, che si rivela pure in conclusione di puntata, con tanto di pomposa presentazione e nutrito numero di articoli legislativi a cui fare riferimento.
Un passo avanti, sicuramente, ma che si poteva tranquillamente fare senza dover far scadere nel ridicolo Eugene con un monologo (la metà proferito in lacrime) oltremodo esagerato. Una sequenza che potrebbe considerarsi nelle corde del personaggio, se si fosse rimasti fermi in fase di crescita del personaggio alla quinta, sesta stagione. Ma dopo oltre otto anni di presenza in scena non si può far regredire fino a questo punto un personaggio. Crollo psicologico a causa della carcerazione forzata? Potrebbe essere una giustificazione, ma in certi passaggi il monologo è stato solamente imbarazzante, niente di più.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una seconda parte di premiere che non finisce di convincere, ma che risulta utile a rimescolare le carte con un buon cliffhanger finale. Anche la porzione di trama riguardante Eugene sembra essersi definitivamente sbloccata, anche se si poteva superare l’impasse in altro modo.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.