Recensione film Doctor Strange nel Multiverso della Follia Marvel
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Doctor Strange Nel Multiverso Della Follia

L’ex neurochirurgo Stephen Strange, diventato Maestro delle Arti Mistiche dopo un incidente in auto, si ritrova a viaggiare nel Multiverso e con l’aiuto di vecchi e nuovi alleati dovrà affrontare un misterioso avversario.

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L’ex neurochirurgo Stephen Strange, diventato Maestro delle Arti Mistiche dopo un incidente in auto, si ritrova a viaggiare nel Multiverso e con l’aiuto di vecchi e nuovi alleati, dovrà affrontare un misterioso avversario.

 

Erano ben nove anni che il grande schermo soffriva l’assenza di un autore come Sam Raimi. Quindici, invece, se si vuole risalire al suo ultimo cine-comic (per usare un termine bruttissimo). Una distanza che pesa come un macigno considerando quanto l’industria cinematografica, e il genere supereroistico, si sia evoluto da allora. Ecco allora che Raimi sceglie, per tornare al cinema, il sequel di Doctor Strange, abbandonato da Scott Derrickson che aveva già fatto un buon lavoro nel 2016. Il film è sceneggiato da Michael Waldron, ennesimo talento che orbitava intorno a quel gioiellino di Community, e che dopo il buon lavoro svolto in Loki lancia definitivamente il multiverso nell’MCU.
Sia chiaro, al di là dei leak e dei rumours circolati nei mesi precedenti, Doctor Strange Nel Multiverso Della Follia è soprattutto un film su Stephen Strange (e su Wanda Maximoff). Si può infatti discutere sulle campagne di marketing, ormai marce nell’alimentare un hype spesso e volentieri fuorviante e che può portare a giudicare un’opera “di pancia”, basandosi su ciò che ci si aspettava e non su ciò che si è visto.

VIAGGIO NEL MULTIVERSO


Doctor Strange Nel Multiverso Della Follia è un lungo e duplice viaggio. Un viaggio esteriore, attraverso le stranezze e le assurdità presenti in un multiverso di infinite possibilità, e uno più interiore. L’ormai abusato multiverso ha qui una valenza diversa rispetto a quella rappresentata in Loki, così come in Spider-Man: No Way Home. Stavolta non è un passepartout, una scusa per “far valere tutto”, fine a sé stesso, con il semplice scopo di lanciare lo spettatore in un parco giochi d’intrattenimento. Anzi, Michael Waldron utilizza l’espediente del multiverso per far compiere ai suoi due protagonisti, Strange e Wanda, un percorso preciso, che rappresenta forse l’analisi psicologica più profonda mai compiuta dai Marvel Studios.
Non manca certamente la componente visiva, che sfrutta in pieno il pretesto narrativo per giocare sulle scenografie. Raimi sembra infatti estrapolare lo stile artistico del noto fumettista Steve Ditko (ideatore del personaggio di Dottor Strange), catapultandolo sullo schermo con tutte le sue affascinanti visioni psichedeliche, ancor più del suo predecessore. Il risultato è un’avventura commovente ma dai contorni stupefacenti, che dopo un primo atto preparatorio, si lancia attraverso diversi universi a ritmo sostenuto. La chiave è la new entry, America Chavez, interpretata da una promossa Xochitl Gomez, vero e proprio MacGuffin della storia; ma l’MVP è Elizabeth Olsen, che riprende l’ottimo lavoro svolto in WandaVision e lo porta ad un livello superiore.

HORROR BY MARVEL STUDIOS


I Marvel Studios si sono sempre portati dietro un’onta, secondo la quale non venisse lasciata sufficiente libertà creativa ai suoi autori. Probabilmente anche a causa della sua narrazione in un certo senso “seriale”, che costringeva gli addetti ai lavori a non poter lavorare ad un qualcosa di stand alone, ma che invece ben si configurasse all’interno dell’universo cinematografico Marvel. Un punto debole su cui Kevin Feige sta concentrando gli sforzi dei Marvel Studios in questa Fase 4. Infatti, dopo Chloé Zhao ecco che Sam Raimi è il secondo regista a sedersi dietro la macchina da presa per dare la propria impronta autoriale a un film Marvel. Il risultato è la visione di Raimi del personaggio di Dottor Strange, in un film che si avvicina più ai suoi lavori horror che alla trilogia di Spider-Man, per ovvi motivi.
I tratti distintivi del regista di La Casa ci sono tutti: dalla projectile cam agli effetti vertigo (compreso Bruce Campbell). La tematica dell’occulto (più che mai centrale) consente l’impiego di numerosi jumpscare, sempre costruiti sapientemente sfruttando la suspense e le musiche di Danny Elfman, permettendo di classificare questo sequel di Doctor Strange come film horror, senza se e senza ma. Anche la fotografia di John Mathieson ben si sposa con questo stile, sperimentando soluzioni nuove e viaggiando negli occhi dei personaggi (figurativamente e non). La costruzione del film, invece, è quella che riserva maggiori sorprese. Il terzo atto è totalmente anticonvenzionale e quanto di più coraggioso cinematograficamente parlando. Lo showdown atteso non si riduce ai soliti cliché, bensì sceglie un percorso nuovo. Un finale meno action e impattante, ma molto più forte nel messaggio emotivo che il film vuole veicolare.

You break the rules and become a hero. I do it and I become the enemy. That doesn’t seem fair.

IT WAS WANDA ALL ALONG


I fan più fedeli possono star tranquilli: WandaVision non è stata una perdita di tempo. Anzi, il primo show Marvel a debuttare su Disney+ si potrebbe quasi definire una visione obbligatoria. Il film è in tutto e per tutto un seguito alle avventure di WestView, che fungono da prologo. Tutti gli altri potranno comunque godere di un buon film diretto da un bravissimo regista, ma si perderanno gran parte delle motivazioni dei personaggi.
Passando alle note dolenti, il finale si potrebbe forse definire un po’ frettoloso. L’ultimo atto lascia tanti (troppi) punti interrogativi, che non portano ad un pieno appagamento dello spettatore a visione conclusa. I cameo stavolta fanno i cameo, e sono quindi delle apparizioni e non veri e propri protagonisti come in No Way Home. Questo potrebbe lasciar deluso qualche fan che si aspettava magari di più dalle possibilità infinite che concedeva il multiverso. In ogni caso è apprezzabile come Wanda e Stephen rimangano sempre centrali e mai scavalcati dall'”effetto wow” o dal fanservice all’interno dell’economia della pellicola.


Doctor Strange Nel Multiverso Della Follia è un film che probabilmente dividerà il fandom del Marvel Cinematic Universe. Complice anche una campagna marketing ingannevole che sta raggiungendo dei livelli allarmanti e pericolosi in termini di leak e rumour. Vedere Sam Raimi al timone di un film dei Marvel Studios è un esperimento molto apprezzabile che si potrebbe tranquillamente ripetere in un terzo capitolo già annunciato per lo stregone.
Purtroppo la sensazione di trovarsi di fronte ad un finale tronco di informazioni penalizza il film, facendolo scadere proprio al termine dei titoli di coda (due scene post-credit). Avrà sicuramente influito il Covid, che ha stravolto i piani di distribuzione e quindi ha provocato più riscritture del film in corso d’opera. Ma alla fine dei conti sono le emozioni che contano, e Sam Raimi passa dall’atterrire lo spettatore a farlo commuovere, quindi l’esperimento dev’essere riuscito.

 

TITOLO ORIGINALE: Doctor Strange In The Multiverse Of Madness
REGIA: Sam Raimi
SCENEGGIATURA: Michael Waldron

INTERPRETI: Benedict Cumberbatch, Elizabeth Olsen, Xochitl Gomez, Benedict Wong, Rachel McAdams
DISTRIBUZIONE: Walt Disney Studios
DURATA: 126′
ORIGINE: USA, 2022
DATA DI USCITA: 04/05/2022

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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.

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