Dopo aver rivoluzionato la serialità italiana con Romanzo Criminale e Gomorra, Stefano Sollima torna, dopo anni, dietro la macchina da presa per parlare di nuove vicende “criminali” legate alla storia italiana.
Questa volta però il contesto è cambiato, dal momento che la casa di produzione non è più Sky ma Netflix. E quindi, il taglio dato a Il Mostro, nuova mini-serie crime che vuole far luce sui delitti del Mostro di Firenze, è molto più affine ai vari Dahmer e soci, in linea con il gusto contemporaneo per la tendenza “true crime” legata alle serie poliziesche della piattaforma.
Ciò non toglie che, anche in questo caso, Sollima fa il suo mestiere di “artigiano” del genere imbastendo un prodotto non privo di difetti ma che riesce a stagliarsi a metà fra il solco della tradizione (soprattutto televisiva italiana) e un gusto tutto “internazionale” per cui lo show risulta adatto ad un pubblico molto ampio.
LA PISTA SARDA
La miniserie dura ben 4 episodi, eppure da quel che si può intuire (soprattutto dopo la visione di questo primo episodio) è che ci sarà sicuramente spazio almeno per una seconda stagione.
Anche perché, per un profano, questo “Episodio 1” potrebbe sembrare alquanto anomalo, meno per gli appassionati di true crime italiani che potranno apprezzare invece la precisa ricostruzione storica di quanto avvenuto (parecchio maniacale).
Il regista e lo sceneggiatore Leonardo Fasoli, decidono infatti di prendere la storia del Mostro di Firenze parecchio alla lontana. Si parte dal 1982 con l’ennesimo omicidio ai danni di una coppietta che si era appartata nel bel mezzo della campagna toscana. Da qui gli inquirenti cominciano a seguire una pista risalente a molti anni prima, denominata la “pista sarda” che riguarda il primo di quelli che saranno considerati gli omicidi del Mostro: quello di Antonio Lo Bianco (Giaime Lewis) e Barbara Locci (Francesca Olia).
L’episodio è una ricostruzione di questo questo singolo omicidio che, in realtà, offre una sua personale visione della vicenda correlata al background famigliare dei due. In particolare quello della Locci e del “clan sardo” a cui apparteneva il marito Stefano Mele (Marco Bullitta).
FRA BIOPIC E FICTION PURA
L’episodio della “pista sarda”, sebbene facente parte delle vicende riguardanti il Mostro di Firenze, appare alquanto slegato da tutto quello che verrà successivamente. È più che altro una scusa per mostrare le condizioni dell’Italia degli anni ’60 in un’ottica chiaramente femminista e più vicina alla sensibilità contemporanea (tristemente legata alla cronaca nera).
Ma, a parte questo, l’episodio risulta molto auto-conclusivo, e non risolve neanche del tutto la storia della famiglia Mele, ma sembra, in alcuni punti, minimizzarla.
In conclusione dell’episodio si aggiunge inoltre un cliffhanger che sembra voler introdurre un ulteriore personaggio. Per cui si lascia intendere una scrittura “episodica” in cui ogni puntata verterà sulle storie delle varie vittime o sui vari sospettati che, nel corso del tempo, sono stati identificati come “il Mostro”.
Una scelta abbastanza “da fiction” che però risulta poco in linea con le intenzioni della sua premessa. E che rende il tutto un po’ troppo velocizzato, creando così un ritmo anomalo fra storyline orizzontale e verticale.
E QUINDI?
Va dato atto comunque a Sollima e soci di aver fato un buon lavoro soprattutto per quanto riguarda fotografia e regia, e di aver creato un prodotto in linea con i canoni internazionali, cosa alquanto rara per una fiction “nostrana”.
Peccato che non si osi più di tanto, per cui il risultato finale appare abbastanza scontato e banale. La vicenda del delitto Lo Bianco-Locci viene risolta in maniera alquanto sbrigativa (salvo eventuali sorprese nei prossimi episodi). Non rimane che vedere come si evolverà la linea orizzontale de Il Mostro nei prossimi episodi per trarne un giudizio completo.
“Mi piaccion nere/mi piaccion bionde/mi piaccion tutte le donne del mondo/e per il pizzo di una sottana/perdo sempre la tramontana…”
(Antoine – La Tramontana)
| THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
|
|
Una puntata sicuramente dal forte impatto emotivo. Per certi versi un’ottima scelta per introdurre Il Mostro, nuova mini-serie crime targata Netflix che vuole far conoscere le vicende legate al cosiddetto “Mostro di Firenze”. L’episodio si contraddistingue per la sua scrittura e per la ricostruzione storica molto accurata. La regia di Stefano Sollima fa da “garanzia” al tutto, ma la sua lentezza narrativa e alcune “libertà” che si prende lo show rischiano di diventare il suo difetto principale, principalmente per chi avrebbe preferito più accuratezza storica.

Nel primo episodio non ho capito un passaggio: Marito e moglie prendono in casa Francesco Vinci. Una sera questo dice al marito di rimanere in cucina mentre lui si reca nella camera da letto. SI sente la moglie chiamare il marito Stefano Mele più volte, sembra che chieda al marito che deve fare. Ma Stefano, il marito non interviene e urla il suo dolore.
Ma perchè non dice nulla e lascia fare? Ricattato?
Ciao e grazie per il commento.
Allora in effetti nel primo episodio il rapporto tra Francesco Vinci e i coniugi Mele non è molto chiaro, bisogna aspettare l’ultimo episodio che fa un focus particolare su questo personaggio. In pratica Francesco Vinci era una personalità molto manipolatoria e come s’introduce in casa Mele comincia una relazione a tre con i due nella quale questi sono chiaramente succubi della sua personalità per cui subiscono da lui tutto quello che vogliono. Ci sono state anche alcune polemiche su questa rappresentazione perché, nonostante questa sia supportata da alcune fonti (comunque c’è stato un bel lavoro dietro di documentazione) sembrerebbe essere più una ricostruzione personale degli sceneggiatori per quanto riguarda la vicenda. Comunque se prosegui nella visione e arrivi all’ultima puntata poi diventa tutto più chiaro.
veramente vi state riferendo a Salvatore Vinci. Francesco è quello della seconda puntata e non è quello di cui citate “dice al marito di rimanere in cucina mentre lui si reca nella camera da letto.”
non avete visto bene la puntata, però la recensite.
Mi sa che c’è un fraintendimento perchè non viene scritta da nessuna parte la tua affermazione.