Le Mille Vite di Bernard Tapie 1×01 – Passaporto Per Il SoleTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Le Mille Vite Di Bernard Tapie 1x01Descrivere in poche righe la vita di Bernard Tapie, famoso imprenditore, politico e personaggio pubblico francese, non è certo facile. Se si volesse fare un paragone con un personaggio nostrano lo si potrebbe definire una sorta di “Silvio Berlusconi d’oltralpe”, più che altro per affinità di curriculum che non per altre similitudini.
D’altro canto, questo primo episodio mostra bene come si possa passare da una carriera di giovane cantante, più o meno nazionalpopolare, a inventarsi un business quasi dal niente come venditore di elettrodomestici, fino a diventare un personaggio di spicco della finanza (diventerà, fra le altre cose, CEO di Adidas), dello sport (come presidente dell’Olympique Marsiglia) e infine della politica francese.
Il tutto, dimostrando una facilità impressionante nel far coesistere un liberismo sfrenato ad un’attenzione verso le classi sociali più umili (da cui lui stesso proveniva).
Una vita dunque, come direbbero negli USA, larger than life. E Netflix ha pensato bene di riprodurre tale vicenda in questa miniserie di sette episodi che, nonostante un’impeccabile ricostruzione storica e biografica, non ha propriamente dato il meglio di sé.

IL LUPO DI MARSIGLIA


Forse perché la visione di questa miniserie presuppone la conoscenza di un certo periodo storico e di una certa storia locale (quella francese contemporanea) per poter essere apprezzata fino in fondo.
Ma, in realtà, anche non conoscendo a fondo la storia di Tapie, ci si accorge fin da subito di quanto questa possa apparire “familiare”. D’altro canto si sta parlando dell’ennesimo biopic in cui un individuo “outsider” viene su dal nulla creando un impero, e qui le analogie si sprecano con The Wolf Of Wall Street e altre pellicole simili che descrivono uomini di successo e controversi. Ma proprio per questo motivo la miniserie assume la forma di qualcosa di già visto, di trito e ritrito, con lo spettatore che sa già come andrà a finire (anche perché l’inizio con flashback dal carcere lascia ben pochi dubbi su quale sarà il futuro del personaggio).
Rimane certamente il carisma e l’interpretazione dell’attore Laurent Lafitte che aiuta a creare empatia verso questo character. Così come gli sceneggiatori che scelgono giustamente, in questo episodio pilota, di soffermarsi più sulle sconfitte che non sui successi di Tapie, conferendogli un’aurea di “simpatia”. Ma ben presto il ritmo vortiginoso degli eventi (ben tre periodi importanti della vita di Tapie riassunti in un unico episodio) e una regia a tratti schizofrenica, fungono da forte freno in questo senso, facendo risultare il tutto fin troppo didascalico e freddo.

RITRATTO DELLA FRANCIA CONTEMPORANEA


Quello in cui riesce bene lo show è mostrare la disparità sociale della Francia negli anni 50-70. Le scenografie, i costumi, il trucco e parrucco sono curati in maniera maniacale, e più volte emergono conflitti di classe che l’abile Tapie cavalca per arrivare al successo, ponendosi fin da subito come “il nuovo che avanza”. Il tutto unito ad un buon cast corale che ritrae (ponendo però le distanze sulla “veridicità” di fatti e dialoghi fin dalla premessa iniziale) amici, nemici e conoscenti di Tapie.
Fra tutti emerge l’attore Fabrice Luchini, poliedrico interprete francese capace di passare dalle commedie (Molière in bicicletta) a pellicole più drammatiche (La Corte) fino a serie tv innovative come Chiami Il Mio Agente!. Qui interpreta il personaggio del banchiere Loiseau, una sorta di “mentore” per il giovane Tapie, oltre che suo finanziatore, ma anche una sorta di primo “villain”. La presenza di Luchini all’interno dello show è un’ulteriore chicca voluta da produttori e sceneggiatori dato che il vero Tapie, in una delle sue mille vite, è stato anche attore per serie tv (Il Commissario Valence) e commedie francesi. In una di queste (Uomini E Donne – Istruzioni Per L’Uso) ha recitato proprio insieme a Luchini, per cui la sua presenza nello show è sicuramente un valore aggiunto per tutta la miniserie.

CONCLUSIONI


Tutti questi elementi, insieme a tanti altri piccoli rimandi e citazioni presenti all’interno dell’episodio, danno l’idea di un prodotto costruito e pensato nei minimi dettagli. Rimane però da capire come possa un pubblico più “internazionale” appassionarsi ad una vicenda che appare più come un blando tentativo di ricostruire l’ennesima storia di un personaggio che passa dalle stelle alle stalle infarcita di piccole corruzioni locali che però non hanno certo l’interesse né il sensazionalismo di personaggi come Elizabeth Holmes o Anna Delvey.
Rimane certamente interessante per chi volesse approfondire la storia di Bernard Tapie, ma sapendo che dovrà passare per un’opera che si dimostra più fiction di quanto non voglia sembrare. Un prodotto che fa sfoggio di tutti gli artifizi retorici del caso e di un certo gusto per i toni soapish e cinematografici che ne smorzano parecchio l’impianto storico e l’importanza stessa di tale personaggio per la storia francese.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Laurent Lafitte è un ottimo e incredibile Bernard Tapie
  • Il “cameo” di Fabrice Luchini
  • Regia e ricostruzione della Francia degli anni 60-70
  • Troppi avvenimenti in un unico episodio
  • Ritmo altalenante che sa troppo di già visto
  • Una vicenda forse fin troppo “locale” per un prodotto Netflix?

 

La vita dell’imprenditore-politico-personaggio pubblico francese Bernard Tapie raccontata in questa miniserie biopic di ben sette episodi. Troppo o troppo poco? Come inizio, questo episodio pilota risulta fin troppo tirato con il freno a mano e poco accattivante rispetto a quanto promesso dalla trama.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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