Kevin Can F**k Himself 1×01 – Living the DreamTEMPO DI LETTURA 3 min

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Quando la propria vita sembra solo una sitcom sessista di serie B, arriva il momento di rompere la quarta parete e vedere quello che rimane. Col rischio che siano solo macerie.

SPESSO NON BASTA RIDERE DELLE TRAGEDIE


In un periodo storico sensibile alle tematiche dei ruoli di genere, e prendendo spunto da alcune polemiche emerse dalla serie Kevin Can Wait (criticata per come veniva rappresentata la moglie casalinga del protagonista), la produttrice Valerie Armstrong prende la palla al balzo ed esplora un ambito che finora non era stato affrontato in maniera esplicita: i rigidi ruoli tremendamente sessisti che emergono in alcune sit-com a multi-camera e risate registrate, soprattutto per i personaggi femminili. E lo fa sfruttando l’utilizzo di due diversi registri narrativi tra di loro opposti, ovvero sit-com e dramm.
Protagonista di Kevin Can F**K Himself è Allison, interpreta dalla bravissima Annie Murphy, donna e moglie che si renderà presto conto di come la sua vita è tutto fuorché felice e divertente come nelle sit-com. Suo marito Kevin non ha mai fatto veramente nulla per lei, se non prenderla in giro, illudendola con promesse che mai avrebbe mantenuto.

LÌ FUORI NON C’È NESSUNA RISATA REGISTRATA IN TUO SUPPORTO


L’interessante espediente messo in pratica in questa serie è l’utilizzo di due registri narrativi completamente opposti.
Quando Allison interagisce col marito e con gli amici di lui, la serie ha tutte le caratteristiche della sit-com vecchia maniera: utilizzo della multicamera, risate registrate, zero tridimensionalità drammatica. Quando, però, Allison comincia a soffrire di “attacchi di consapevolezza”, viene catapultata all’interno della vita reale, senza gli espedienti comici, ma trovandosi in una sorta di serie drammatica contemporanea.
Un passaggio che comporta un goffo percorso di consapevolezza della sua frustrazione. Moglie di un marito che non ha mai pensato di considerare i suoi desideri e le sue aspirazioni, anzi obbligandola ad una vita da casalinga anni ’50, negandole anche la possibilità economica di poterne sfuggire. Nel corso dell’episodio, infatti, Allison scopre che i risparmi messi da parte da una vita non esistono più, persi in qualche scommessa fatta dal marito. Soldi per comprarsi la casa dei sogni e diventare finalmente “grandi”. Ed è questo forse il punto di rottura della serie. Allison vuole crescere ma non vi riesce volontariamente, così il suo cervello le dà la possibilità di vedere le cose da una nuova prospettiva: una vita persa dietro un uomo che fondamentalmente è rimasto bambino, che si accontenta di festeggiare feste assurde con i suoi amici, senza nessuna visione verso il futuro.

SI POTEVA OSARE DI PIU’?


Funziona tutto questo? Va detto che la volontà di mischiare questi due registri narrativi rende la serie potenzialmente molto interessante. A memoria del recensore, non si era mai visto un approccio così diretto nel voler separare i punti di vista attraverso il completo ribaltamento del registro narrativo. Commedia e dramma alternate così bruscamente, anche nella stessa scena, possono infastidire o peggio annullarsi anziché approfondire. Tuttavia, per ora i due generi riescono ad essere equilibrati, soprattutto grazie all’interpretazione della protagonista, capace di essere nella stessa scena leggera e profonda.
Ad essere onesti, l’impressione è che si poteva osare di più già da questo pilot, ma appare abbastanza chiaro che l’autrice temeva che un prodotto di rottura del genere potesse non trovare una sua collocazione precisa nei gusti del pubblico. Il canale AMC permette qualche rischio in più ma se la volontà è quella di fare una satira sociale forse bisogna premere di più sulla cattiveria e su un utilizzo più radicale del doppio registro (ad esempio lavorare ad una scrittura su più livelli oltre a quello dichiarato che rimane superficiale).

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’interpretazione della protagonista
  • L’idea impiantistica della serie
  • Osare di più viste le potenzialità

 

Un solo episodio non basta per capire se la serie merita il prosieguo della visione. Sicuramente incuriosisce sapere se e come verranno esplorati i due approcci narrativi completamente diversi. Una possibilità che non si nega a questa serie.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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