The Playlist 1×03 – 1×04 – La Legge – Il ProgrammatoreTEMPO DI LETTURA 3 min

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Esattamente come detto nella recensione della series premiere, l’approccio e l’analisi a coppie di episodi che si è scelto di avere per The Playlist si riconferma utile per il confronto/scontro di altre due facce della medaglia che sono prettamente distanti tra loro nella teoria e anche nella pratica.
Da un lato la prospettiva legale dei diritti musicali ha dalla sua la necessità di rappresentare la legalità e le difficoltà insite nel cambiare un business (con pochi vincitori) che non vuole essere cambiato, dall’altro l’utopia di un programmatore che sogna di cambiare lo stesso business rendendo la musica fruibile per tutti gratuitamente (cosa che ora effettivamente accade).
Nel mezzo si stagliano due visioni del mondo completamente diverse ma che si approcciano allo stesso problema con risultati e percorsi piuttosto differenti pur essendo stati entrambi elementi chiave per il successo di questa utopica applicazione che chiunque ormai usa ogni giorno.

LA CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI


Quello che piace molto di The Playlist è la sua capacità di rendere interessanti personaggi quasi completamente “nuovi” in un solo episodio a loro dedicato. È il caso Petra Hansson, l’avvocato reclutato da Martin Lorenzon per diventare Music Licensing Negotiator, che si è autointrodotta da sola sul finale di “L’Industria” ma è anche il caso di Andreas Ehn che nei primi tre episodi non è mai parso molto interessante pur considerando il suo ruolo di CTO e di first employee ma che qui, pur con delle difficoltà, riesce a creare empatia con il pubblico.
I tre sceneggiatori Christian Spurrier, Sofie Forsman e Tove Forsman riescono nel difficilissimo lavoro di approfondire ciascun personaggio e renderlo unico, prima portando lo spettatore ad avere un’opinione e poi finire per cambiarla una volta terminata la visione dell’episodio.

LA SOGGETTIVITÀ DEL RACCONTO


Forse non tutti si saranno accorti di alcuni particolari che mutano a seconda del punto di vista del protagonista di ciascuna puntata. Eppure Christian Spurrier, Sofie Forsman e Tove Forsman sono stati molto attenti e bravi nel piazzare tatticamente alcuni piccoli cambiamenti qua e la che potrebbero passare in sordina pur essendo degli accorgimenti incredibilmente importanti.
Il più eclatante dei due episodi è sicuramente l’incontro già visto tre volte tra Daniel Ek, Per Sundin e Andreas Ehn al concerto di Bobby T. Un incontro che rappresenta palesemente un punto importante ai fini del successo di Spotify ma è anche un momento in cui emerge tutta la soggettività di ogni protagonista. Oltre al cambio di regia e inquadratura, è cambiato anche sia chi ha raccolto il pc (in “La Vision” era Daniel, qui è Andreas), sia la frase e la reazione che ci sono state subito dopo (in “La Vision” Daniel mestamente diceva ad Andreas di tornare a lavoro, qui il tono è completamente diverso ed emerge tutta la voglia di fargliela pagare a Per Sundin).
Ovviamente il succo del discorso non cambia, l’evento è comunque accaduto ma la percezione del singolo viene enfatizzata sia ai fini della puntata sia per sottolineare come ciascun personaggio effettivamente si ricordi la situazione, il che è anche un valore aggiunto per la serie visto che enfatizza la mancanza di oggettività che, al contrario, in altre serie dove vengono affrontati fatti veramente accaduti viene fatto passare tutto per vero e certificato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il budget ridotto sfruttato a dovere in “La Legge” a livello di location dove il corridoio “cambia”
  • Approfondimento di ogni character
  • Diversi dettagli a seconda dei punti di vista di chi lo racconta
  • Rottura della quarta parete sempre apprezzabile
  • Niente di rilevante

 

Altri due episodi veramente particolari che confermano ancora una volta la grande qualità di questa serie svedese di Netflix che avrebbe meritato molto più risalto ed attenzione rispetto a quanto accaduto. Rimane una perla per pochi intimi.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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