Transatlantic 1×01 – Hiding Hand PrincipleTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Transatlantic 1x01Come anticipato anche nel podcast, Transatlantic è la nuova miniserie storica targata Netflix di co-produzione americana e francese, una co-produzione che non è affatto casuale dal momento che ricalca esattamente quella della vicenda raccontata.
Transatlantic, infatti, racconta la storia dell’Emergency Rescue Commitee, il comitato di salvataggio creato negli anni ’30 dal governo americano per far espatriare dall’Europa i rifugiati politici del nazismo (in particolari artisti e intellettuali all’epoca di fama mondiale).
Un altro frammento interessante di quell’enorme pagina di storia (foriera di spunti interessanti soprattutto per le serie tv) che è la Seconda Guerra Mondiale, qui sviscerata da un punto di vista peraltro strettamente connesso con l’attualità.

UNA “CASABLANCA CONTEMPORANEA”


Il tema della guerra che s’intreccia con la problematica dei rifugiati politici è infatti più che mai recente, e proprio per questo motivo la miniserie assume un significato particolare (compreso il suo periodo di uscita che coincide, forse non a caso, con quello della Festa della Liberazione).
Consapevole di questo la casa di produzione ha messo insieme una bella squadra per questo dramma storico in costume. Si parte dalla showrunner più famosa, quell’Anna Winger creatrice di Unhortodox e Deutschland 83), e dall’altro neopromosso showrunned che aveva già lavorato con lei in Unhortodox, Daniel Hendler, passando poi al cast scelto che mette in mostra alcuni fra i volti più noti della serialità americana uniti ad alcuni interpreti francesi, forse meno conosciuti ma altrettanto validi.
Protagonista assoluta di questo episodio pilota è infatti Gillian Jacobs, qui nei panni di Mary Jane Gold, ricca e giovane americana che finanza questa operazione, coadiuvata da console americano Graham Patterson (Corey Stoll) e dal giornalista e attivista Varian Fry (Cory Michael Smith).
L’episodio mostra il loro lavoro all’interno di un ricco hotel a Marsiglia in cui sono nascosti vari intellettuali e artisti in attesa di essere espatriati (qui, ad esempio, un  Walter Benjamin interpretato da un ottimo Moritz Bleibtreu).
Le vicende di questi personaggi storici realmente esistiti si scontrano con quelli della Resistenza silenziosa europea, i cui volti vengono impersonati da attori (per l’appunto) autoctoni come Lucas Englander e Deleila Piasko. Questi ultimi in realtà vengono sfruttati soprattutto per le parti più “romanzate” della storia. Anche qui, infatti, come in altre produzioni storiche simili, c’è un po’ di verità ma anche molta finzione, e in particolari molti riferimenti cinematografici per rendere il tutto una versione contemporanea e pop del celebre Casablanca di Michael Curtiz.

FEDELTÁ STORICA E GUSTO DELL’AVVENTURA


La sottile linea fra fedeltà storica e parti romanzate è il vero discrimine che può fare la differenza per catalogare lo show fra i prodotti più o meno di qualità.
Per il momento il voto è più che positivo, con un episodio pilota che parte subito mostrando le problematiche del periodo per poi evolversi in una difficile operazione di espatrio, mostrando tutte le difficoltà del caso.
Nonostante un certo “patinatismo” storico, visibile soprattutto nella fotografia e nei dialoghi, Wingler e Hendler dimostrano di avere studiato molto bene la materia. E, in generale, sia il ritmo narrativo che i vari plot twist mostrati invogliano lo spettatore a proseguire nella visione dello show.
Alla fine della puntata lo spettatore ha ormai imparato ad empatizzare con questo strambo gruppo di “salvatori”, ciascuno ben caratterizzato fra pregi e difetti (non c’è assolutamente manicheismo nello show, tutto ovviamente è filtrato dal contesto storico mostrato).
Con questo background narrativo già ben piazzato (senza neanche troppi dialoghi esplicativi), l’episodio si conclude con un abile cliffhanger che sembra già porre la parola fine a tutta l’operazione. Verosimilmente c’è da aspettarsi che tale problema verrà risolto poi nei successivi sei episodi, ma per il momento è abbastanza per catturare l’attenzione degli interessati.

CONCLUSIONI


Lo show tratto dal romanzo The Flight Portfolio di Julie Orringer si pone all’interno di una tradizione di drama storici e ne sfrutta tutti i cliché narrativi per i propri scopi.
Non si può tuttavia non notare la cura rivolta ad una ricostruzione storica più fedele e accurata possibile. Inoltre, c’è una certa attenzione a quelle che sono le sensibilità più moderne fra cui l’inserimento, all’interno della Resistenza, anche di persone di origine africana e omosessuali, entrambe categorie “vittime” dell’Olocausto ma spesso dimenticate in favore di altre che sono state più trattate dal punto di vista storico (non c’è dunque solo la questione ebraica, seppure venga citata molte volte).
Il connubio fra cast anglo-americano e cast francese poi funziona alla perfezione. Un mix in cui entrambi questi tipi di cast hanno la giusta importanza all’interno della vicenda, cosa che non era affatto scontata.
Ed è forse questo il vero punto di forza dello show, oltre al fatto che riesce ad intrattenere facendo riflettere allo stesso tempo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ricostruzione storica (trucco, parrucco, abbigliamento) e regia
  • Cast
  • Titoli di coda
  • Atmosfera forse esageratamente patinata con cliché cinematografici non necessari

 

Miniserie storica targata Netflix che racconta le vicende di uomini e donne che, durante la Seconda Guerra Mondiale, contribuirono a far uscire dall’Europa numerosi rifugiati politici, dando loro una nuova opportunità in America. Cast corale di alto livello e una buona trama che, seppur un tantino romanzata, colpisce nel segno catturando l’attenzione dello spettatore.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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