Arriva solo adesso, nel bel mezzo dell’estate, il rilascio mondiale di The Chemistry Of Death, thriller anglo-tedesco che aveva esordito in Inghilterra e Germania lo scorso gennaio su Paramount+.
Una serie di appena sei episodi creata da Simon Beckett e diretta da Richard Clark che si presenta con tanti elementi carichi di mistero, misticismo e ritrovamenti di cadaveri caratterizzati da macabri rituali che fanno venire in mente la prima stagione di True Detective. Una profanazione che si ferma qui, con un paragone con la serie di Nic Pizzolatto che ovviamente non sussiste su nessun piano e con sommo dispiacere di chiunque avesse sperato il contrario.
LA SOLITA RIVISITAZIONE
In realtà, come ormai spesso accade, The Chemistry Of Death versione serie tv non è altro che la rivisitazione di un romanzo. Scritto nel 2006 dallo stesso ideatore dello show Simon Beckett che, in quest’opera, ha dato i natali al personaggio del Dr. David Huter già utilizzato dallo scrittore come protagonista di altri suoi romanzi. Un espediente che, se la serie dovesse ottenere un buon riscontro, consegnerebbe su un piatto d’argento a Paramount+ ulteriori stagioni.
Dopotutto, il pattern presentato dalla storia è semplice e anche abusato, con al centro della trama dei casi di omicidio ambigui e dai contorni macabri ed un protagonista buttato nella mischia delle indagini. Considerati questi elementi, “Fallen Angel” ha dalla sua rapimenti, sparizioni e omicidi che dovrebbero mantenere dinamico lo scorrere dell’episodio. Purtroppo, però, l’effetto non è propriamente riuscito. Sarà anche per colpa del contesto, ma il racconto appare sin da subito lento e indolente andando ad inficiare anche quella vena misteriosa che poteva dare adito alla curiosità dello spettatore.
IL SOLITO PROTAGONISTA
A non aiutare nell’economia generale dell’episodio è anche la caratterizzazione apatica del protagonista. Il Dr. David Hunter, in realtà interpretato da un attore conosciuto come Harry Treadaway, si pone come la solita figura dal passato misterioso che dovrà man mano venire a galla col passare degli episodi. Per ora, la sua presentazione prevede brevissimi flashback che fanno presagire una (classica) tragedia personale che lo ha portato ad allontanarsi dalla professione di antropologo forense.
Questa parte inerente il suo passato tutto da scoprire, seppur abusato come mezzo narrativo, si pone comunque come uno dei punti focali da risolvere e quindi tra le parti più interessanti della serie. Tuttavia, il pilot non riesce a far empatizzare più di tanto con il protagonista a causa di un carattere troppo riservato che ne pregiudica anche la dinamicità personale, portando il character a lasciare una sensazione un po’ pedante in chi guarda.
IL SOLITO PAESINO
Per non farsi mancare niente in questo festival del cliché, ad ergersi come uno degli elementi principali dell’intera storia spicca anche il luogo in cui si svolgono gli eventi. Questa volta nessun tipico paesino rurale degli Stati Uniti d’America, bensì un piccolo villaggio della campagna inglese, Manham. Ma che sia U.S.A. o U.K., le caratteristiche di questi luoghi sperduti appaiono sempre le stesse, così come sempre uguali sono i ruoli che questi villaggi hanno nei confronti di storie simili.
Gli omicidi che sconvolgono il paesino, gli abitanti del luogo pronti ad affannarsi nelle ricerche, relazioni interne da passare al microscopio: tutti elementi prestampati e di facile utilizzo. In tale contesto, dunque, non sorprende minimamente che la polizia del luogo convinca il Dr. Hunter ad unirsi alle indagini come esperto di antropologia forense. Un inizio che sa indubbiamente di già visto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Gli elementi di mistero per tenere vivi i restanti episodi ci sono, peccato per un pilot che lascia una sensazione un po’ troppo monotona e ripetitiva.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.