La questione dell’identità di Poirot (non solo per quanto riguarda l’esperienza lavorativa, ma anche in un senso più profondo) e del suo passato è sicuramente centrale nella storia. È probabile, infatti, che Alexander Bonaparte Cust (ossia il killer ABC) abbia un conto in sospeso con l’ispettore, sebbene non sia da escludere che si tratti semplicemente di una persona che vuole sfidare il celebre detective. Va detto, però, che un indizio sembra rivelare una connessione di Poirot nei vari omicidi (fino ad ora nel secondo e nel terzo, ma nelle prossime due puntate quasi sicuramente verrà mostrato anche il legame con il primo) quindi sembra più realistica la prima opzione. Non volendo, ovviamente, fare rivelazioni non necessarie ai non lettori, si può solamente esprimere un’ulteriore ipotesi sul fil rouge che collega le vittime, oltre alla questione delle lettere dell’alfabeto: Betty Barnard e Sir Carmichael (il quale non è ancora morto, pare essere la prossima vittima designata), infatti, sono entrambi personaggi decisamente non fedeli nelle relazioni amorose e, per questo, entrambi osteggiati da alcune persone a loro vicine. Sebbene, di nuovo, non si abbiano informazioni in merito alla prima vittima, non è da escludere che esse verranno rivelate in futuro. Quel che è certo, fino ad adesso, è che la trama dei romanzi di Agatha Christie è, ancora una volta, coinvolgente e particolarmente adatta ad essere messa in scena (dettaglio assolutamente non banale), con un grande protagonista e due comprimari più che soddisfacenti (oltre a Rupert Grint, anche Eamon Farren, l’interprete di Cust, sta ben figurando). La regia di Alex Gabassi (il quale, stando a ImdB, è al suo primo incarico), invece, è senza infamia e senza lode.
Una nota finale va fatta su due dettagli: innanzitutto, se i baffi di Branagh hanno suscitato malumore tra i fan, il pizzetto di Malkovich sicuramente susciterà reazioni ancora più nette (il che in effetti è giù successo sin dalla distribuzione delle prima foto promozionali, con un giornalista del Guardian che commento con: “What is it, Breaking Bad?”). Sebbene si possa trovare un motivo dietro questa scelta (i baffi sono il simbolo della vanità e della sicurezza di Poirot, e in questa rappresentazione queste qualità non vengono certo mostrate), la rimozione di un elemento così distintivo non è certo positiva. Il secondo punto riguarda l’accento del detective. In questo caso, le critiche sono ingenerose, dato che l’uso moderato dell’accento belga da parte di Malkovich (che parla francese fluentemente) è effettivamente più aderente ai romanzi rispetto alla versione di Suchet. Se poi il problema più grande risiede nel fatto che Malkovich parla esattamente come in Johnny English, la questione può considerarsi chiusa (a meno che non si pretenda che un attore sia in grado di utilizzare due accenti diversi nel parlare una lingua per lui straniera).
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.