Anche questa seconda stagione di The Following è giunta al termine e come di consueto, dopo un final season, rimangono i residui composti da frasi modellate attorno allo schema “avrebbero potuto”, “si sarebbe potuto fare”, “sarebbe stato meglio” ecc ecc.
E’ quindi ora di tirare le
somme di quella che è stata la stagione di “Joe lives”: l’andatura è stata altalenante alternando buone puntate (“For Joe“, “Trust me“, “The Messenger“, “Unmasked” e “Teacher’s Pet” le migliori in quanto a sceneggiatura, regia e recitazione) a pessime cadute stilistiche (“Reflection“, “Fly Away“, “Sacrifice“, “Freedom” e “Betrayal“).
La puntata inizia con lo stesso identico stacco di scena con il quale era terminata la scorsa puntata: lo sparo che si era udito sul finire aveva costituito un ottimo cliffhanger. Lo sparo detonato era rivolto a Mike? Ryan attaccava qualcuno? No. Molto più semplicemente viene tolto di mezzo Preston Tanner, che dopo la morte del padre era diventato sia un peso per Joe (che si lamenta dei suoi piagnistei) sia per la sceneggiatura in quanto elemento ormai privo di importanza. Mossa azzeccata.
Ryan però, angosciato dalle parole di Joe riguardo alla salute di Claire, decide di chiamarla. E, come si poteva immaginare, dall’altro capo del telefono risponde Luke che decide di stringere un patto con l’agente promettendogli la libertà di Claire a patto che lui e Joe li raggiungano presto completamente da soli.
Ryan quindi dopo essersi rivelato all’interno della Cattedrale rivela al killer il piano dei due gemelli, chiedendogli aiuto e ricevendo una risposta affermativa da Joe.
Abbiamo ripetuto più volte che la linea di demarcazione tra bene e male in questa serie è estremamente sottile e malleabile, tanto che è difficile fare una netta distinzione tra le due fazioni. E ciò raggiunge l’apice con questa scelta da parte degli sceneggiatori. Bene e Male che lottano insieme per valore più alto e valido: l’amore. Perché è questo di cui si tratta: Joe per quanto nella scorsa puntata abbia sviato Emma, sa bene di provare ancora forti sentimenti nei confronti di Claire e Ryan, seppur sembrasse essersi avvicinato alla giornalista Carrie Cook, non può mentire a sé stesso e ai suoi reali sentimenti.
Ne scaturisce un quadretto del tutto singolare: Joe e Ryan, in auto insieme diretti nella villa dove Luke e Mark tengono imprigionata Claire. Così romantico e così creepy da essere la rappresentazione ideale per una serie come The Following.
Nota a margine: Ryan, Joe e Mike lasciano la Cattedrale nel preciso istante in cui i Marshall fanno irruzione. L’unica nota dolente è la completa dissoluzione della setta di Korban. Nessuno dei seguaci presenti, infatti, sopravvive. E questo risuona come una morte dolente perché alcuni di loro (per esempio Tilda) sarebbero potute tornare utili in futuro, specialmente nella prossima stagione.
Poco dopo il loro arrivo alla villa, Joe e Ryan vengono storditi, catturati e legati per “la cena“.
Questa si svolge intorno ad un tavolo a cui siedono i due sopracitati e Claire. Mentre alle loro spalle Luke e Mark cercano la loro vendetta ai danni di chi, a parer loro, ha “ferito la loro madre” (Joe) e l’abbia uccisa (Ryan). I due infatti scopriranno solo dopo che in realtà è stato Mike ad ucciderla.
Mentre i cinque sono occupati a discutere animatamente Mike e Max, che avevano seguito lo zio di quest’ultima, irrompono nella villa. Durante lo scontro a fuoco Luke muore e Mark, scosso dalla perdita, si eclissa dalla casa e dal resto della puntata.
Joe parla con Claire e cerca di ottenere le sue scuse (da qui appunto il titolo della puntata).
Successivamente a ciò giunge la scena che Ryan Hardy ha così tanto agognato e sperato che era quasi data per scontata: Joe a terra disarmato e Ryan che ha la possibilità di chiudere la faccenda per sempre uccidendolo. Ma come è già stato detto e come ben ha capito anche Joe, loro due sono antitetici e complementari: così lontani da essere simili. Infatti come già accaduto in “The Reaping“, in cui era Joe a risparmiare Ryan, anche questa volta il faccia a faccia tra i due si risolve con un nulla di fatto e con entrambi ancora in vita. Con l’unica eccezione che Joe finisce nuovamente in carcere, dal quale è però già evaso due volte.
La puntata termina con Mark che trasporta Luke e lo carica in un auto.
“Thank you for coming. I didn’t know who else to call“ queste sono le parole proferite dal ragazzo all’indirizzo della misteriosa persona che guidava la vettura. Ed anche questo si rivela essere un ottimo cliffhanger, carico anche di speranza pensando alla terza stagione di questa seria che regala ai propri followers più dolori che gioie.
Seconda nota a margine: sarebbe preferibile, per la prossima stagione, dare qualche battuta diversa, invece del sempre presente “Are you ok?” a Jessica Stroup.
- Recitazione superlativa di Sam Underwood, sia nella puntata che nella stagione intera
- Un’altra ottima prova recitativa per James Purefoy
- Joe e Ryan ed il loro scontro finale
- Cliffhanger finale
- Recitazione di Jessica Stroup: non risulta credibile nemmeno nella scena del pianto. Assolutamente da rivedere.
- Peccato per i seguaci di Korban. Sarebbe stato interessante poterli rivedere anche nella prossima stagione
Specialmente con un Mark vivo e assetato di vendetta.
Silence 2×14 | 4.42 milioni – 1.4 rating |
Forgive 2×15 | 4.81 milioni – 1.5 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.