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Come molte puntate in precedenza, anche questa 2×05 di The
Killing non passerà certo alla storia per aver tenuto incollati allo schermo
gli spettatori. Più che la puntata però è la serie, che dopo una stagione e
mezza ancora non riesce a decollare. Trame ripetitive, con nuovi personaggi che
vengono presentati solo per essere i
Killing non passerà certo alla storia per aver tenuto incollati allo schermo
gli spettatori. Più che la puntata però è la serie, che dopo una stagione e
mezza ancora non riesce a decollare. Trame ripetitive, con nuovi personaggi che
vengono presentati solo per essere i
sospettati di una puntata e venire assolti
nella puntata successiva. Questa volta è il turno di Alexi Michaelski, che dopo
una breve apparizione nello scorso episodio entra ufficialmente nella lista dei
sospetti per l’omicidio di Rosie, vista la grande quantità di prove contro di
lui. Il ragazzo viene così catturato e portato in centrale per l’interrogatorio.
E qui entriamo su un altro dei temi ridondanti a cui The Killing ci ha
abituato, per l’appunto l’interrogatorio. Perché ogni volta che un personaggio
viene interrogato, puntualmente dice di non sapere niente per 38 minuti, salvo
poi aprire gli occhi e confessare tutto negli ultimi due minuti? Anche in
questo episodio era palese che il ragazzo nascondesse qualcosa così come tutti
sapevamo avrebbe confessato.
nella puntata successiva. Questa volta è il turno di Alexi Michaelski, che dopo
una breve apparizione nello scorso episodio entra ufficialmente nella lista dei
sospetti per l’omicidio di Rosie, vista la grande quantità di prove contro di
lui. Il ragazzo viene così catturato e portato in centrale per l’interrogatorio.
E qui entriamo su un altro dei temi ridondanti a cui The Killing ci ha
abituato, per l’appunto l’interrogatorio. Perché ogni volta che un personaggio
viene interrogato, puntualmente dice di non sapere niente per 38 minuti, salvo
poi aprire gli occhi e confessare tutto negli ultimi due minuti? Anche in
questo episodio era palese che il ragazzo nascondesse qualcosa così come tutti
sapevamo avrebbe confessato.
Questa ridondanza di tematiche e avvenimenti è
forse la cosa che rende piatta e monotona la trama di The Killing, e che
contribuisce in maniera essenziale a renderla una serie noiosa. E si che il
potenziale ci sarebbe, a 18 puntate dall’inizio ancora non si ha la più pallida
idea di chi possa essere il colpevole, segno che almeno in questo gli autori
hanno svolto un buon lavoro. Ma ormai siamo quasi a metà della seconda stagione
e la gente (me compreso) comincia a stufarsi.
forse la cosa che rende piatta e monotona la trama di The Killing, e che
contribuisce in maniera essenziale a renderla una serie noiosa. E si che il
potenziale ci sarebbe, a 18 puntate dall’inizio ancora non si ha la più pallida
idea di chi possa essere il colpevole, segno che almeno in questo gli autori
hanno svolto un buon lavoro. Ma ormai siamo quasi a metà della seconda stagione
e la gente (me compreso) comincia a stufarsi.
L’episodio non sarebbe neanche malissimo, indagini che
proseguono, nuovi dettagli sulla vita di Rosie che emergono e cliffangher
finale rendono la puntata quantomeno sufficiente, è tutto il resto che stanca e
annoia. Primo tra tutti l’ennesima prova (diciottesima in diciotto puntate)
dell’incompetenza di Linden nel fare la madre. Non vorrei sembrare troppo
disfattista ma la serie è esattamente così, e la presenza di un buon
cliffangher alla fine della puntata non potrà sempre portare gli spettatori a
guardare il successivo episodio. Veniamo comunque alle (poche) note liete della
puntata, prima fra tutte la ritrovata intesa tra Jamie e il consigliere
Richmond. La notizia che il suo rivale è la causa del suo incidente sembra
infatti avergli finalmente fatto tornare la voglia di vivere e di lottare,
facendolo tornare quello che abbiamo conosciuto nella prima stagione. Un nota
positiva la diamo stavolta anche a Mitch, che stufa di fare la zoccola in giro
per il mondo finalmente fa qualcosa di utile (anche se non per i suoi figli),
provando ad aiutare una ragazza che con tutta probabilità era scappata da casa.
Plauso finale a Stan, che finalmente bacia la cognata. Lui si che è una gran
persona!
proseguono, nuovi dettagli sulla vita di Rosie che emergono e cliffangher
finale rendono la puntata quantomeno sufficiente, è tutto il resto che stanca e
annoia. Primo tra tutti l’ennesima prova (diciottesima in diciotto puntate)
dell’incompetenza di Linden nel fare la madre. Non vorrei sembrare troppo
disfattista ma la serie è esattamente così, e la presenza di un buon
cliffangher alla fine della puntata non potrà sempre portare gli spettatori a
guardare il successivo episodio. Veniamo comunque alle (poche) note liete della
puntata, prima fra tutte la ritrovata intesa tra Jamie e il consigliere
Richmond. La notizia che il suo rivale è la causa del suo incidente sembra
infatti avergli finalmente fatto tornare la voglia di vivere e di lottare,
facendolo tornare quello che abbiamo conosciuto nella prima stagione. Un nota
positiva la diamo stavolta anche a Mitch, che stufa di fare la zoccola in giro
per il mondo finalmente fa qualcosa di utile (anche se non per i suoi figli),
provando ad aiutare una ragazza che con tutta probabilità era scappata da casa.
Plauso finale a Stan, che finalmente bacia la cognata. Lui si che è una gran
persona!
PRO:
- Cliffangher finale
- Stan Larsen, il vero protagonista della serie!
CONTRO:
- Ripetitività nelle situazioni portata a livelli estremi
- Trama che evolve ancora troppo lentamente
- Personaggi che servono solo a essere i sospettati per
qualche episodio - Holder non è più quello della prima stagione
Ero molto incerto se dare due e mezzo o tre Emmy, alla
fine sono magnanimo e ne do tre ma giusto perché alla fin fine qualcosa di
buono si è visto anche in questo episodio. Chiariamo: si deve far di meglio però.
fine sono magnanimo e ne do tre ma giusto perché alla fin fine qualcosa di
buono si è visto anche in questo episodio. Chiariamo: si deve far di meglio però.
VOTO EMMY
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.