The Morning Show 4×10 – Knowing ViolationTEMPO DI LETTURA 4 min

3.6
(5)

The Morning Show 4x10 recensioneLa quarta stagione di The Morning Show si conclude con un episodio finale che fatica a risolvere i problemi strutturali che l’hanno accompagnata fin qui.
Uno dei problemi principali di questa stagione è stata infatti la disordinata gestione delle storyline. Le trame si sono intrecciate in modo confusionario, con personaggi e storyline che comparivano e scomparivano senza equilibrio o coerenza.
Sembra quasi che gli sceneggiatori abbiano voluto affrontare ogni possibile tema (politica, etica giornalistica, traumi personali, lotte di potere, corruzione, crisi familiari ) senza però prendersi il tempo di sviluppare niente in maniera adeguata.
Il risultato è stato una stagione che ha faticato a trovare un’identità chiara, con un trascinarsi da un episodio all’altro con la vaga sensazione che mancasse un filo conduttore.

PAROLA D’ORDINE: DEUS EX MACHINA


Uno degli elementi che più ha caratterizzato il finale è stato l’uso eccessivo dei deus ex machina risultati troppo comodi per una risoluzione forzata delle varie trame.
Il primo esempio lampante è Cory. All’inizio dell’episodio è distante da tutto, travolto dal trauma e dalla rabbia per il suicidio di sua madre. Sentimenti sensati e coerenti, certo, ma anche una scelta utile a generare solo tensione narrativa, con la sua (ovvia e attesa) risoluzione che arriva in maniera fin troppo comoda. Seppur, ancora una volta, acquista spessore grazie all’interpretazione di un ottimo Billy Crudup.
Altro deus ex machina riguarda il padre di Alex, comparso quasi dal nulla all’inizio della stagione per diventare improvvisamente determinante per spingere la figlia a prendere una decisione cruciale. Risulta un meccanismo narrativo troppo evidente, che riduce l’impatto emotivo di quella scelta.
A tutto questo si aggiunge Miles, che in un momento di rabbia (non si capisce bene con quale diritto) rivela ciò che sapeva sulla madre di Cory e sul modo in cui ha utilizzato il proprio potere per favorire il figlio. Anche questo dettaglio arriva con un tempismo fin troppo perfetto, utile solo a incastrare un ultimo tassello nel puzzle finale.
Forse il limite più grande della stagione, però, è stata la perdita del peso sociale e culturale che aveva definito soprattutto i primi tempi. The Morning Show era nata come una serie che voleva raccontare il mondo dei media americani attraverso il racconto dei movimenti sociali, degli abusi di potere e della responsabilità pubblica. In questa stagione, invece, la struttura narrativa si è limitata ad una trama blanda, con Celine Dumont nei panni di un villain ben definito che architetta piani oscuri per tutta la stagione e poi viene sconfitta nel finale.
È un’impostazione che tradisce lo spirito originale della serie, che nasceva per sviluppare un contesto molto più complesso e sfaccettato rispetto a una lotta tra buoni e cattivi.

LA TRAMA CHE FUNZIONA


Nonostante i limiti narrativi, il finale riesce comunque a costruire momenti che funzionano. Una risoluzione prevedibile, ma anche dinamica, costruita con un ritmo ben giocato che riesce a coinvolgere e regalare una certa soddisfazione allo spettatore. L’adrenalina cresce in modo efficace e, nonostante alcuni passaggi scontati, la resa emotiva colpisce il giusto. Soprattutto, non si può non provare compiacimento per Alex e la sua rivincita e, allo stesso tempo, una sorta di orgoglio per la scelta di Cory. Elementi che hanno dimostrato come basarsi su fatti più concreti conditi da emotività funziona sempre.
A tal proposito, altro esempio lampante è stato il caso della prigionia di Bradley. La sua storyline finale acquista peso specifico in quanto ripropone quell’attenzione sociale che ha caratterizzato gli inizi dello show.
Il suo ingresso in cella e le conseguenti torture (la luce costantemente accesa, la musica ininterrotta, gli interrogatori subdoli e la pressione psicologica) sono stati momenti forti e, soprattutto, reali.
Qui la serie ritrova il coraggio che l’aveva caratterizzata agli esordi, offrendo uno sguardo ad una realtà scomoda, ma concreta, che rimanda a tanti casi veri e situazioni di violazione dei diritti umani avvenute negli ultimi anni.
Forse, la pecca è stata proprio dedicare poco spazio a questa situazione estrema, ma profondamente toccante da un punto di vista umano e narrativo.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Rappresentazione della detenzione di Bradley, con scene forti, realistiche e psicologicamente crude
  • Un finale efficace, con una parte conclusiva dinamica e coinvolgente nonostante risvolti scontati 
  • Le scelte di Alex e Cory
  • Troppi deus ex machina 
  • Perdita del peso sociale e culturale che caratterizzava le prime stagioni
  • Una trama ridotta a un semplice scontro tra buoni e cattivi con il villain (Celine) sconfitto nel finale

 

Un episodio finale che è stato lo specchio della stagione. Gli ultimi minuti sono stati dinamici e soddisfacenti, ma non possono certo far scomparire alcune carenze strutturali ormai innegabili.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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