La sintesi perfetta della grande perversione seriale che è The Vampire Diaries la si ha con la prima doppia sequenza. Alaric corregge i compiti al buio, un movimento silenzioso nell’ombra, un agguato alle spalle: perfette caratteristiche da buon vecchio horror. Lo spettatore ingannato che si vede catapultare in un doppio squallido addio al celibato a questo punto potrebbe abbandonarsi ad una serie di riflessioni. Prima tra tutte: perché l’addio al celibato di Alaric è una specie di rave ricolmo di ragazze in un villone con fiumi di pregiato alcol, mentre quello della sua futura consorte prevede uno stereotipato finto poliziotto stripper che poi sparisce per far spostare la festa in un bar chiuso, al buio?
Ok, non era questa gran riflessione. Piuttosto bisognerebbe capire quale sia stato il grande processo creativo che abbia generato il bisogno di scrivere un teen-drama e di cercare una combinazione con la moda che qualche anno fa serpeggiava per l’horror di basso rango. No che poi andrebbe anche bene – il teen horror ha avuto illustri precedenti – ma la deriva da soap opera è veramente esagerata. Pensiamo a cosa è avvenuto ad inizio stagione, pensiamo a cosa avviene adesso, pensiamo a quante cose avvengono in questa 6×20 ed infine pensiamo a quante cose vengono messe in rampa di lancio verosimilmente per la prossima stagione (su cui, come già detto, abbiamo avuto spoiler extra-scenici). Il problema, fondamentalmente, riguarda il genere stesso verso cui si rivolge. Il sovrannaturale funziona bene in due specifici casi: quando è vagamente sussurrato, mai pienamente compreso; quando è ben fatto (ma va?). In Twin Peaks noi spettatori, così come l’agente Dale Cooper, non capivamo fino in fondo cosa stesse avvenendo: i fatti presentati erano troppo al di là della nostra portata. Così come in Buffy The Vampire Slayer, dove le “regole” magiche – ben chiare e prestabilite – potevano anche essere aggirate, ma difficilmente venivano alterati equilibri in maniera brusca e repentina (Willow sì diventa una strega, ma in maniera progressiva lungo le sette stagioni, senza mai calare; chi è vampiro rimane vampiro, chi è umano rimane umano). In ogni caso il sovrannaturale deve essere presentato come qualcosa o di eccezionale, o di irraggiungibile, oppure semplicemente di “diverso” dal normale e dal quotidiano. Esempio: prendiamo Alaric e Jo. Come viene anche detto nell’episodio, erano rispettivamente un ex cacciatore di vampiri bipolare che poi muore e torna come vampiro con i poteri da Original, ora umano, e lei un’ex strega che rischiava di fondersi con il suo gemello cattivo, anche lei ora umana e basta. La loro storyline, allo stato strettamente attuale, riguarda un matrimonio e una gravidanza gemellare. Stop. Se questo non è trascinare nei bassifondi la tematica sovrannaturale… In questo modo (come in tanti altri modi) la sospensione dell’incredulità non ha più modo di esistere e si scade nel ridicolo.
Si può dire senza troppe incertezze che The Vampire Diaries, con speciale e totale conferma da parte di “I’d Leave My Happy Home For You”, ha demolito qualsiasi tentativo di far apparire magico il sovrannatuale, o fuori dal normale il magico. Tutto viene trascinato verso il suolo, tutto viene normalizzato. Viene fatto capire che puoi anche diventare un vampiro, ma la tua personalità sarà sempre quella da post-adolescente degli anni ’10. Non importa che tu sia nato nel XIX secolo e che ti nutra di sangue: un po’ di alcol mattutino e passa tutto, sei pronto a lanciarti in corse in automobile con in tasca un modernissimo smartphone. Senza contare il fatto che potendo girare di giorno, potendo curare i feriti, riuscendo a saltare da un palazzo senza farsi niente, essendo immortali, l’effetto è duplice: 1) perché voler ridiventare umani? 2) Perché la figura maledetta e notturna dei vampiri ha assunto tinte supereroistiche?
Eppure il problema continua a non essere il cosa viene raccontato – il bello della narrativa è che si può veramente tirare fuori tutto da un foglio bianco – ma come viene raccontato. Non si contesta in nessun modo la scelta della tematica, ma come questa venga affrontata facendo sprofondare la dignità iniziale dello show (badi che non si è usato il termine “qualità”) sotto le scarpe. Il tutto per non perdere una certa tipologia di spettatori i quali, però, ascolti alla mano, vanno diminuendo a vista d’occhio.
La domanda che ci si pone è: ma visto come le cose dovevano andare a parare, non si poteva creare un semplicissimo e decorosissimo teen-drama? Tyler non poteva semplicemente essere un ragazzo con problemi di gestione della rabbia senza aggiungere la clausola “lupo mannaro”? La relazione Elena-Damon doveva per forza essere raccontata grazie all’altalena umano-vampiro-vampiro-umano? Ovviamente sì, perché questo è il volere degli autori, tra serie e libri. Ciò che si vuole sottolineare è come sottraendo l’elemento sovrannaturale e aggiungendo una sostituzione “normale” e terrena, il risultato, ora come ora, cambierebbe assai poco.
La strada è segnata, le trame sono state distese. Sembrerà che dovremo assistere ad un nuovo cliffhanger micidiale, giusto per attirare l’attenzione verso la prossima stagione. E tutto ciò fa pensare quasi più ad una polizza assicurativa, piuttosto che ad un incentivo verso i pazienti spettatori: la sicurezza di un “voglio vedere giusto come va a finire” rispetto alla pressione di “ho alte aspettative per la prossima stagione”. C’è da dire che con l’annunciato addio della storica protagonista, la curiosità per ciò che si potranno inventare non ce la leva nessuno. Su questo possono dormire sonni tranquilli.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Because 6×19 | 1.37 milioni – 0.6 rating |
I’d Leave My Happy Home For You 6×20 | 1.22 milioni – 0.5 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.