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The Walking Dead 6×16 – Last Day On EarthTEMPO DI LETTURA 8 min

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Hi. You’re Rick, right? I’m Negan. And I do not appreciate you killing my men. 
Also, when I sent my people to kill your people for killing my people, you killed more of my people. Not cool. Not cool. 
You have no idea how not cool that shit is.
But I think you’re gonna be up to speed shortly.
Yeah.
You are so gonna regret crossing me in a few minutes.
Yes, you are.

The Walking Dead è una serie… carina. Carina in quanto non è la miglior serie del momento, nè tanto meno la peggiore. Carina perché comprende un’infinità tra pregi e difetti ma se carino e mediocre viaggiano sullo stesso binario, come mai TWD non è mediocre? La risposta si trova nel perfetto mix di tre fattori: elevato budget economico, continuo rinnovamento di idee e fortuna. La fortuna ci vuole sempre. Un mix perfettamente gestito che ha portato questa serie ad essere tra le più seguite (e discusse) di tutti i tempi. Questa sesta annata ha messo in risalto la maturità della serie stessa, le insufficienze sono ai minimi storici, le lodi, invece, sono arrivate diverse volte. Una buona (seconda parte di) stagione che trova il suo massimo esponente in questo episodio, non in quanto miglior appuntamento stagionale ma in quanto massimo rappresentante della stessa.
“Last Day On Earth” mostra finalmente l’attesissimo e spoileratissimo Negan con lo sceriffo della contea di King. Un incontro arrivato dopo mesi in cui Rick e il misterioso uomo si sono comportati come degli amanti: si sono scambiati promesse, “regali” e non hanno fatto altro che pensare l’un l’altro. Il loro incontro/scontro è arrivato scontatamente nel peggior momento possibile per i maggiori esponenti di Alexandria (perchè di questa particolare élite si tratta): con una Carol data per scomparsa, Daryl, Michonne e Glenn non messi tanto meglio e Maggie in preda a dolori allucinanti e bisognosa di un medico, Rick ha gli uomini contati sia per la protezione di Alexandria, sia per il viaggio appena intrapreso. Un viaggio non meno caotico di quello che si è ritrovato a compiere Ulisse per ritornare alla sua amata Itaca, ma almeno il curioso eroe acheo ci è arrivato, per lo sceriffo e i suoi amici il viaggio si è concluso prima del previsto. Un viaggio verso Hilltop, causato dall’essenziale bisogno di Maggie di vedere un dottore a causa di un malore avuto nello scorso episodio che disincanta Rick e lo riporta a terra. Si parla di disincanto perchè Rick si era eretto a superuomo, sia per astuzia che per capacità strategiche, per poi trasformarsi in Hitler dando il via alla “Notte Dei Lunghi Coltelli“. La conseguenza delle scelte del “sindaco” di Alexandria sono da riscontrare nelle parole di Negan che si ascoltano a fine episodio.
Nominato per la prima volta durante “Always Accountable” e citato pressocché in quasi ogni puntata, alla fine (sia metaforicamente che letteralmente) ha fatto la sua entrata in scena e non si può non ammettere che sia stata una signora entrata. Il personaggio, a cui un ottimo e poliedrico Jeffrey Dean Morgan dà vita, si è presentato con un monologo da brividi, brividi non in quanto orripilante ma in quanto inquietante per freddezza e crudeltà nell’esposizione. Ciò che si evince dal monologo di Negan non è altro che la visione del nuovo mondo in cui non c’è più il buono o il cattivo, esiste solo il più forte e il più debole. I significati di bene e male sono più che mai sfumati e si sono uniti trasformandosi nella parola sopravvivenza: “I want you to work for me” è semplicemente la traduzione corretta del verbo “sopravvivere”.

“You see, Rick, whatever you do, no matter what, you don’t mess with the new world order.”

In questo nuovo ordine mondiale è tutta questione di sopravvivenza, tutta questione di punti di vista, di leve. Attraverso le leve si possono spostare macigni con oggetti piccolissimi che da soli sarebbero inutili e, allo stesso modo, sempre tramite delle leve morali, si può far fare alle persone ciò che si vuole. Negan sfrutta la paura per far leva sugli altri gruppi e, se questo lo si sapeva già da Hilltop, quello che non si sapeva era il come lo facesse. Il numero è senza ombra di dubbio importante così come lo sono la crudeltà e l’organizzazione. In confronto all’organizzazione dei Saviors, il Governatore appare come un principiante e questo serve a far capire come la serie stessa si stia evolvendo verso un effettivo nuovo ordine mondiale a cui Rick e compagni dovranno adeguarsi se vogliono rimanere in vita. “Last Day On Earth” è la prima lezione.
Tra le varie analogie che si possono trovare in The Walking Dead non si può non parlare della bizzarra, ma più che mai carina, similitudine tra The Saviors e The Others di Lost. L’approccio, anche se non il fine, dei due gruppi di estranei con i protagonisti è lo stesso, simile è anche il “richiamo” che usano tra di loro. Una citazione se voluta che rende felice il vecchio pubblico di una serie che ha intrattenuto il mondo per diversi anni, una serie che ha raggiunto il panorama mondiale entrando nei cuori di tutti i loro fan. La somiglianza c’è, la volontà di rendere omaggio (leggasi copiare) quanto fatto da J. J. Abrams probabilmente meno e, in tal senso, lasciamo il beneficio del dubbio attendendo maggiori dettagli.
Come si diceva, questo episodio è il massimo rappresentante di questa sesta stagione per pregi e difetti e, come tale, è colpito dalla ormai classica lentezza narrativa che il più delle volte sfocia nella noia. La noia è il peggior nemico della serie e in questo season finale l’uggiosità è stata portata dalla storyline di Carol & Morgan, una coppia che, evidentemente, non scoppia ma che fonda tutto il loro hype in discorsi filosofici che però non emergono mai a parole, e questo è il più grave difetto. Morgan raggiunge Carol, la perde e la riprende. Cos’è, acchiapparella? Nel frattempo Carol si fa sparare ben due volte (più una coltellata bonus nello scorso episodio) e Morgan manda a quel paese il suo credo (“Everything in this life that’s worth a damn, that’s what I know.“) uccidendo uno degli uomini di Negan. Ed è esattamente in questo punto che lo spettatore deve compiere una scelta: credere nel crocevia che ha portato Morgan e Carol a scambiarsi vicendevolmente le filosofie oppure approcciare la strada dell’incoerenza e chiudere nuovamente un occhio di fronte alla bidimensionalizzazione di un personaggio che ha tradito il suo credo di non uccidere. The Walking Dead volutamente non rende mai molto chiari i pensieri dei personaggi e si mantiene costantemente in una ambiguità in cui sguazza ma che, torbidamente, annebbia anche il suo valore. Si può scegliere di lasciare ai fatti la spiegazione ma a volte l’uso delle parole sarebbe più utile perchè, in casi come questo, si pone lo spettatore ad un bivio in cui non c’è risposta giusta se non quella che ci si vuole dare. A voi la scelta.
L’utilità della storyline di Morgan e Carol però c’è e la si trova nell’incontro con i “cavalieri” a cui Morgan affida la loro vita. Inutile dire che bisognerà aspettare la prossima stagione per scoprire il nesso ma è utile dire che questo passaggio sia stato creato appositamente per fare da ponte tra una stagione e l’altra, cosa assai rara in questa serie. Ciò nonostante, questa rimane l’unica parte interessante dell’intera vicenda che riguarda lo strano duo, situazione trita e ritrita che ha decisamente stancato.
The Walking Dead è una macchina che sbaglia qualche colpo ma che continua imperterrita verso la propria strada. In tal senso il cliffhanger riesce perfettamente nell’intento di creare hype per la settima stagione ma al contempo suscita odio e fastidio per il modo infame con cui è stato girato. Il POV del character ucciso da Lucille è una scelta infida, volutamente utilizzata per infiammare i fandom e scatenare un toto-morto di cui si avrebbe fatto volentieri a meno. Anzi, agendo così ci si è giocati la possibilità di ergersi con fierezza vantandosi delle proprie scelte perchè non è tanto la morte eccellente che deve far discutere, quanto l’importanza del gesto. Ma d’altronde The Walking Dead e i suoi autori hanno sempre preferito agire con l’occhio rivolto alla folla, dimenticandosi dell’importanza dell’autorialità e della penna. In fin dei conti sono sempre gli stessi che ad inizio episodio snocciolano quello che sarà un meme storico:

Gabriel:Are you comfortable leaving me in charge of Alexandria’s defense?
Rick:Yes.

Tralasciando Gabriel quello che rimane è un solo dubbio amletico: chi sarà stato a rimetterci la pelle? Carl? Daryl? Michonne? Glenn? Non lo sappiamo e non ci teniamo nemmeno molto a saperlo, francamente preferiamo non far vincere certe scelte spicciole di produttori e sceneggiatori arrivisti.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • The Saviors
  • Chi sono i “cavalieri”?
  • Rick disperato
  • Negan & Lucille (ricordano molto Triple H e il suo fedele martello)
  • Chi è il “fortunato” sorteggiato?
  • Carol & Morgan: uccidere o non uccidere? Questo è il dilemma
  • Cliffhanger in POV: questo non è un porno e si poteva tranquillamente evitare l’ennesima toto-morte
  • Are you comfortable leaving me in charge of Alexandria’s defense?“: Rick che risponde affermativamente allo sproloquio di Gabriel è un inno al non-sense
  • The Saviors più veloci di Flash

 

“Ho! Ho! Look at that.
Taking it like a champ! Damn!”

 

East 6×15 12.38 milioni – 6.0 rating
Last Day On Earth 6×16 14.2 milioni – 6.9 rating

 

 

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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.

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