Homecoming torna a distanza di un anno e mezzo su Amazon Prime e desta chiaramente molta curiosità. Da un lato il motivo è dettato dalla gestione della serie che potrebbe quasi essere definita come “antologica” visto il cambio di ambientazione e soprattutto la nuova protagonista, dall’altro c’è chiaramente lo stimolo di vedere dove questa seconda stagione possa andare a parare, specie dopo un finale come “Stop“. Tecnicamente il finale aperto non necessitava di una continuazione ma Amazon Prime aveva già dato un ordine iniziale per due stagioni e questo ha permesso, chiaramente, ai due showrunner Micah Bloomberg ed Eli Horowitz di sfruttare l’occasione al meglio diluendola nel lungo periodo.
“Hello? Are you there? Hello? Are you there?”
Al centro di tutto la figura molto ambivalente del Geist Group era e rimane il fulcro di tutto, in questa stagione cambia però la prospettiva e, dai quattro protagonisti della prima stagione (Heidi Bergman, Colin Belfast, Walter Cruz e Thomas Carrasco) che a giudicare dai credits hanno ampie possibilità di tornare, si passa a Jacqueline Calico (interpretata dalla poliedrica Janelle Monáe) e Mr. Leonard Geist (Chris Cooper non necessita di alcuna presentazione). Una scelta audace che sembra però ripagare molto bene anche già guardando il primo dei sette episodi di questa stagione. Il continuo salto temporale tra presente e futuro viene abbandonato, rimane invece valida la scelta di riproporre lo spaesamento del character principale che serve come viaggio per la storyline principale.
Monáe, più famosa come cantante che come attrice, è una bella sorpresa a livello recitativo e, anche grazie alla riproposizione dello schema già visto nell’esordio della serie, riesce subito a conquistare il pubblico che empatizza naturalmente con la sua situazione. La confusione iniziale, la necessità di trovare risposte ed i pezzi del puzzle che lentamente vengono collezionati sono tutti resi molto bene dall’attrice che, nonostante un’ombra importante di nome Julia (nominata tra l’altro come Best Actress In A Drama per il ruolo ai Golden Globe Awards), riesce a catalizzare con successo su di sè l’attenzione e l’empatia. Come nelle migliori delle occasioni però, ci vuole sempre un certo supporto da parte di character secondari e Buddy in questo caso aiuta davvero tanto.
Ultima chicca di questa “People” è la regia. Sam Esmail, pur rimanendo come produttore esecutivo, si allontana dalla macchina da presa e lascia a Kyle Patrick Alvarez che compie un lavoro più che egregio tentando di riprodurre la tecnica del Maestro Sam. Alcune inquadrature, specie nel motel o nel lago, sono ottimi omaggi ma chiaramente la differenza che intercorre tra Alvarez ed Esmail c’è e non è veramente colmabile. Va però più che apprezzato il tentativo di mantenere uno stile univoco nella regia, in modo da dare linearità e unire simbolicamente le due stagioni nonostante le varie differenze.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Stop 1×10 | ND milioni – ND rating |
People 2×01 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.