0
(0)
Alla fine di questo sesto appuntamento la narrazione termina il suo percorso a ritroso, tornando all’open cold della season premiere, con la serie che quindi è pronta, narrativamente parlando, all’episodio finale.
Questa seconda stagione è sicuramente differente dalla prima, nonostante gli evidenti richiami, con un’atmosfera completamente diversa: non c’è più quell’aria surreale, sottolineata dai cambi di formato per indicare due linee temporali, ma si viene a creare una suspense, intramezzata da diversi flashback, che punta tutto sui personaggi e sull’aspetto psicologico, per una storia raccontata a livello corale.
Il problema è che oltre al gioco degli incastri, pur funzionante e accattivante, i dialoghi risultano abbastanza lineari e scontati e non ci sono guizzi né a livello visivo né a livello emozionale, un gap evidente rispetto alla prima annata, che invece (il pellicano tanto per citarne una) era stata caratterizzata da diverse trovate interessanti.
Da sottolineare come l’intero comparto tecnico, dalla regia alla fotografia, sia veramente ottimo, con Kyle Patrick Alvarez che nonostante la poca esperienza, non fa rimpiangere il più quotato Sam Esmail, con uno proprio stile che in parte richiama il registra della prima stagione, soprattutto in alcune inquadrature.
Inoltre la modalità di fruizione scelta, solo sette episodi dalla durata inferiore ai trenta minuti, risulta ancora una volta una mossa vincente che rende la narrazione efficace e priva di tempi morti, in un periodo in cui la tendenza è di segno opposto, visto che quasi tutti i prodotto seriali (e ben pochi possono permetterselo) stanno virando su una lunga durata delle puntate, che spesso si avvicina ai 60 minuti.
A convincere meno invece è il cast scelto, il quale certo vanta l’ottimo Chris Cooper nei panni di Leonard Geist, ma sostituire Julia Roberts e soprattutto Bobby Cannavale, è risultato compito arduo, tanto che Janelle Monae non convince nella sua interpretazione di Jackie/Alex, mentre va sicuramente meglio con Hong Chau, che presta il volto a una convincente Audrey Temple. Tuttavia il duo Alex-Walter Cruz (Stephan James) insieme non fa certo faville e non buca lo schermo, motivo per cui il personaggio di Buddy forse è stato abbandonato troppo in fretta, visto l’ottima impressione che sin da subito aveva suscitato negli spettatori.
Questo sesto appuntamento, pur con gli evidenti elementi positivi riscontrabili, è privo di grandi momenti, con la storia dell’ago, che dà il titolo alla puntata, abbastanza telefonata nel suo svolgimento, per poco più di venti minuti pregevoli a livello tecnico ma che lasciano ben poche emozioni allo spettatore.
La visione della puntata, così come dell’intera seconda stagione, resta senza dubbio godibile, ma a conti fatti era veramente necessaria la messa in onda di questo secondo ciclo stagionale? Sulla risposta a questa domanda ci sono al momento opinioni molto differenti, tra chi si augura una terza stagione e chi ritiene che la storia potesse ritenersi conclusa dopo la prima stagione.
Senza dubbio si è scelto di raccontare un’altra parte della storia, accrescendo un mondo già definito in precedenza, ma che a conti fatti non aggiunge molto a quanto già raccontato nel 2018, per quanto gli aspetti sviluppati possano risultare interessanti e la visione piacevole, motivo per cui nonostante la pregevole fattura, chi scrive questa recensione ritiene che questa seconda stagione non fosse necessaria, per una storia che si concludeva alla perfezione al termine di “Stop“.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Un buon episodio per Homecoming ma che sinceramente non entusiasma, motivo per cui si aggiudica una sufficienza piena ma nulla di più.
Meters 2×05 | ND milioni – ND rating |
Needle 2×06 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.