Il Mostro 1×03 – Episodio 3TEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Il Mostro 1x03Giovanni Mele: “Io non sono un mostro!”

Continua la saga del clan Mele, meglio nota come Il Mostro, nuova mini-serie crime Netflix dedicata alle vicende del Mostro di Firenze.
Questa volta il focus va al fratello maggiore di Stefano Mele, Giovanni (interpretato da un ottimo Antonio Tintis), finora rimasto quasi sempre in disparte nei primi due episodi.
Si conferma dunque la struttura “verticale” dello show che ripercorre, di fatto, la stessa vicenda però aggiungendo, di volta in volta, il punto di vista di uno dei sospettati storici.
Questa volta tocca, appunto a Giovanni (e al cognato Piero, entrambi ennesime vittime delle “ritrattazioni” di Stefano), all’apparenza il candidato ideale un po’ per il suo physique du role, un po’ per il suo carattere decisamente burbero e, a dir poco, inquietante.

PATRIARCATO BY FAMIGLIA MELE


L’episodio serve soprattutto a mostrare il non-detto nei precedenti episodi riguardo il clan Mele. Che in realtà era abbastanza intuitivo, ma qui viene accentuato maggiormente sempre per la volontà di mostrare uno spaccato storico d’Italia, purtroppo non così lontano rispetto ad oggi.
Viene dunque mostrato il retroscena della “fuga” di Barbara prima del matrimonio, una donna alquanto indipendente e “moderna” che si ritrova però a dover a che fare con un mondo decisamente patriarcale e conservatore. A cominciare proprio dal capo-famiglia (il padre dei due Mele) e dal figlio maggiore, di fatto i veri padroni della casa (oltre che della loro vita coniugale).
In questo contesto il ritratto che ne viene fatto di Giovanni è quello di un uomo perfettamente inserito in questo sistema di valori. Questo nel bene e nel male, nel senso che dimostra certamente un grande attaccamento nei confronti della famiglia, pur non approvandone alcune scelte. E soprattutto ha un grande rapporto protettivo nei confronti del fratello minore. Per cui l’episodio lascia suggerire che potrebbe essere lui l’altro uomo presente durante l’ormai famosa notte del delitto Lo Bianco – Locci.

IL “DARK SIDE” DEGLI ANNI 60-70


Tuttavia ormai lo spettatore, arrivato a questo punto della narrazione, ha già capito come ragionano regista e sceneggiatori. Anche in questo caso l’altra metà dell’episodio mostra il lavoro degli inquirenti che devono andare avanti unicamente sulle dichiarazioni di Stefano Mele.
Il quale si dimostra, ancora una volta, piuttosto ambiguo nelle sue dichiarazioni. Più che altro dunque la puntata funge da pretesto per descrivere ulteriormente la psicologia del personaggio di Giovanni, anch’esso portatore di segreti e di una “doppia vita”.
Questo s’accompagna, spesso e volentieri, con prostitute in bettole di dubbio gusto frequentate da personaggi “particolari”. Come l’autista di ambulanze Vincenzo Spalletti, qui solo citato e mostrato come una comparsa qualunque ma che ha avuto un ruolo non indifferente in questa storia.
Più che altro tutto questo serve innanzitutto a mostrare il dark side di Giovanni e del suo modo, parecchio inquietante, di approcciare l’altro sesso (nell’ottica di lasciare almeno un dubbio sulla sua innocenza o meno), e di far luce sul mondo dei “guardoni” toscani, una vera e propria attività organizzata che fa da contorno alla vicenda e alla rappresentazione dell’Italia di quegli anni, meravigliosamente descritta nell’introduzione dell’episodio.

CONCLUSIONE (?)


Come al solito, l’episodio non dà alcuna risposta all’interrogativo se Giovanni (con la complicità del cognato Piero) sia stato l’autore effettivo dell’omicidio Lo Bianco – Locci.
Sollima e gli sceneggiatori giocano continuamente sull’ambiguità che connota tutta la vicenda del Mostro di Firenze. Per il resto, lo spettatore assiste all’ennesima versione degli stessi fatti, di nuovo con un punto di vista diverso.
Il problema è che tale schema narrativo, arrivati alla penultima di quattro puntate, appare alquanto prevedibile e ripetitivo. Appare evidente come l’obiettivo sia più quello di lasciare dubbi più che dare soluzioni. Il che non è una filosofia sbagliata, ed è assolutamente a tema con la vicenda narrata (di cui non si sa ancora la soluzione tutt’oggi). Il problema è sempre il rischio di calcare tropo la mano su questo punto annoiando lo spettatore. E non aiuta, in questo, una gestione delle varie timelines a volte poco chiara.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Introduzione e ambiente dei “guardoni” di Firenze
  • Antonio Tintis (Giovanni Mele)
  • Background della famiglia Mele 
  • A volte difficile districarsi fra le varie linee temporali
  • Schema narrativo che diventa ripetitivo dopo un po’

 

Continua la saga della famiglia Mele, i cui membri ad uno ad uno sembrano avere a che fare con le vicende riguardanti i delitti compiuti nelle campagne fiorentine. Questa volta tocca a Giovanni Mele (Antonio Tintis), fratello di Stefano e profilo ideale per essere ritenuto il Mostro, sia per il suo physique du role sia per le sue frequentazioni “particolari”.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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