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Il ritorno di Ash Williams alla cabin di “Evil Dead I & II” è una mossa commerciale? La domanda sorge spontanea dato che in questo 2015 non si è fatto altro che parlare di remake e revival di grandi classici del cinema, al fine di soppesare la palese mancanza di idee sul grande schermo. Rifacimenti ma anche reboot e re-start di saghe celebri che spesso si presentavano solo come un’accozzaglia di ammiccamenti per attirare i fan di vecchia data col dolce profumino di un polpettone gusto fan-service. Anche se ha scelto la strada della serialità, Ash VS Evil Dead rimane un membro di questo insieme e, arrivati al punto in cui il serial (ri)sfoggia il bivacco in cui tutto iniziò, la domanda è più che legittima. La risposta? Sì e no.
Indubbiamente il serial targato Starz ha preso la palla al balzo per pubblicizzare i precedenti capitoli e, dove poteva, ha infilato i rimandi alla precedente trilogia d’esordio (e consacrazione) del personaggio interpretato da Bruce Campbell così da appassionare le generazioni di telespettatori che ancora non conoscevano questo franchise. Però, quello che rende la ricomparsa della cabin una svolta narrativa genuina, e non forzata per esigenze di marketing, è che la serie non ha costruito la trama solo allo scopo di poter vivere di citazioni, ma di riutilizzarne gli elementi per costruirne un degno seguito.
Il serial, quindi, non vive di citazioni ma con le citazioni, dedite ad impreziosirla e mostrare come tutto sia collegato e come Ash VS Evil Dead sia ben predisposto anche a confezionare una definitiva conclusione della lotta del protagonista contro il male. Il gradito ritorno di Ash alla cabin è da paragonare al ritorno di Solid Snake a Shadow Moses avvenuto in “Metal Gear Solid 4: Guns Of The Patriots”, ritorno non orchestrato unicamente per riscaldare i cuori dei fans in mancanza di idee alternative, ma come un “ritorno sul luogo del delitto” per esorcizzare i demoni nati proprio in quella location. Demoni da affrontare successivamente per una resa dei conti, chiudendo il cerchio, per vivere, forse, in pace. Un evento, insomma, inevitabile. E infatti, da vera casa spettrale, non mancano gli echi degli eventi passati e ricordi delle precedenti vittime decedute in “La Casa I & II”, più una new entry nel bodycount.
Parlando di Amanda Fisher, nemmeno il tempo di lamentarci del suo ruolo all’interno delle vicende che subito assistiamo alla sua sanguinosa dipartita. Diciamocelo, la morte della detective Fisher riesce ad essere visivamente efficace, oltre che a suscitare una discreta empatia nello spettatore per le modalità in cui essa avviene: in totale balìa del suo assassino e senza possibilità di fuga. Ma d’altra parte questo senso di empatia scompare dopo pochi secondi, specialmente quando si realizza che questo personaggio non solo lo si è conosciuto poco ma non ha mai neanche avuto quel carisma che le permettesse di distinguersi dalla massa per particolari meriti. Il suo decesso non va quindi a rafforzare il personaggio, consacrandolo, ma bensì appare molto più funzionale al rafforzamento della crociata contro il male di Ash, costellata sempre e comunque da numerose perdite alle quali non si abituerà mai. Una morte che ha tutto il sapore di sacrificio umano, dunque? Decisamente. Anche perché, mentre Amanda se ne va, lo show acquista un’altra vecchia conoscenza: l’Evil Ash di “Army Of Darkness” o comunque un personaggio dalla caratterizzazione molto simile a quello che è, a conti fatti, il villain più distintivo della saga (la quale, ricordiamo, non può fare riferimenti al suddetto terzo capitolo della saga per problematiche legate ai diritti. Raimi ha comunque assicurato di averne tenuto conto per la realizzazione della serie).
Il serial, quindi, non vive di citazioni ma con le citazioni, dedite ad impreziosirla e mostrare come tutto sia collegato e come Ash VS Evil Dead sia ben predisposto anche a confezionare una definitiva conclusione della lotta del protagonista contro il male. Il gradito ritorno di Ash alla cabin è da paragonare al ritorno di Solid Snake a Shadow Moses avvenuto in “Metal Gear Solid 4: Guns Of The Patriots”, ritorno non orchestrato unicamente per riscaldare i cuori dei fans in mancanza di idee alternative, ma come un “ritorno sul luogo del delitto” per esorcizzare i demoni nati proprio in quella location. Demoni da affrontare successivamente per una resa dei conti, chiudendo il cerchio, per vivere, forse, in pace. Un evento, insomma, inevitabile. E infatti, da vera casa spettrale, non mancano gli echi degli eventi passati e ricordi delle precedenti vittime decedute in “La Casa I & II”, più una new entry nel bodycount.
Parlando di Amanda Fisher, nemmeno il tempo di lamentarci del suo ruolo all’interno delle vicende che subito assistiamo alla sua sanguinosa dipartita. Diciamocelo, la morte della detective Fisher riesce ad essere visivamente efficace, oltre che a suscitare una discreta empatia nello spettatore per le modalità in cui essa avviene: in totale balìa del suo assassino e senza possibilità di fuga. Ma d’altra parte questo senso di empatia scompare dopo pochi secondi, specialmente quando si realizza che questo personaggio non solo lo si è conosciuto poco ma non ha mai neanche avuto quel carisma che le permettesse di distinguersi dalla massa per particolari meriti. Il suo decesso non va quindi a rafforzare il personaggio, consacrandolo, ma bensì appare molto più funzionale al rafforzamento della crociata contro il male di Ash, costellata sempre e comunque da numerose perdite alle quali non si abituerà mai. Una morte che ha tutto il sapore di sacrificio umano, dunque? Decisamente. Anche perché, mentre Amanda se ne va, lo show acquista un’altra vecchia conoscenza: l’Evil Ash di “Army Of Darkness” o comunque un personaggio dalla caratterizzazione molto simile a quello che è, a conti fatti, il villain più distintivo della saga (la quale, ricordiamo, non può fare riferimenti al suddetto terzo capitolo della saga per problematiche legate ai diritti. Raimi ha comunque assicurato di averne tenuto conto per la realizzazione della serie).
In questo episodio, molto più horror ansiogeno e all’insegna della tensione che splatter (anche se non rinuncia a certe scene di smembramenti espliciti), l’unica cosa che stona è sicuramente la sottotrama al gusto di lovestory tra Pablo e Kelly che, pur non regalando allo spettatore situazioni altamente prevedibili, raggiunge uno status quo ormai fin troppo noto. Siamo arrivati a quel punto lì, quello in cui Kelly friendzona l’amico Pablo e non dà a lui possibilità di una storia, ma che si sente insensatamente infastidita e quasi “sfidata” da ogni possibile rivale che vuole provare il fascino latino. La logica femminile a volte è un mistero più grande del successo di Fabio Volo. E a proposito di donne, vale la pena citare l’assenza del minutaggio centellinato dedicato a Ruby, la quale si presenta come croce e delizia dell’episodio. Delizia perché il serial ha mostrato di riuscire a reggersi sulle proprie gambe e riempire venti minuti di puntata senza avvalersi di troppe side-quest, croce perché mancano due episodi al season finale e ancora non sappiamo proprio nulla in merito al personaggio intepretato da Lucy Lawless. Consoliamoci col fatto che, questo episodio, sfoggia nel titolo un gioco di parole a dir poco geniale (gioca non solo con il nome proprio del protagonista ma anche con il termine “polvere” in inglese, simboleggiando successivamente lo scontro tra i due Ash) e si chiude con un combattimento che sancisce ufficialmente l’entrata del serial nella road to season finale. Giusto perché “Ashes To Ashes” non aveva abbastanza alone di nostalgia.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Con l’ottavo episodio, Ash VS Evil Dead comincia a entrare nel vivo spianando la strada per il finale di stagione. Sotto le feste, il serial con protagonista Ash Williams promette di tingersi di rosso: e non è solo un modo di dire.
Fire In The Hole 1×07 | 0.45 milioni – 0.1 rating |
Ashes To Ashes 1×08 | 0.46 milioni – 0.2 rating |
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