Black Mirror 4×05 – MetalheadTEMPO DI LETTURA 4 min

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È stata una precisa richiesta di David Slade (American Gods, Hannibal, Breaking Bad), regista della puntata, quella di montare il filmato di questa puntata in bianco e nero. Ed a conti fatti questa è una trovata di per sé innovativa per Black Mirror che restituisce su schermo la violenza e la causticità del racconto. “Metalhead” se ne frega dell’abbellimento scenico e di dipingere un contesto storico attorno a quanto viene mostrato allo spettatore: nulla viene raccontato del clima apocalittico. Il perché, il come ed il dove vengono ritenute domande accessorie, disconnesse da quello che è il fondamento vitale della puntata: la pura e semplice lotta per la sopravvivenza. Questa è la tematica che la puntata tenta di traslare su schermo.
“Metalhead” se ne frega anche degli spiegoni tecnologici e dei dialoghi pregni di presunta denuncia sociale: la puntata prende energia dai prolungati silenzi, dalle riprese panoramiche di una desolazione dal gusto di olocausto nucleare. Tuttavia questa splendida cornice ornamentale non basta a far reggere in piedi in modo autonomo un episodio insipido e che davvero poco trasmette.
La tematica della sopravvivenza viene sì percepita dallo spettatore ma si porta appresso un elemento ad essa non congeniale: l’umanità dei personaggi portati in scena.
Per cercare di comprendere questo elemento di critica occorre far scorrere la mente al lontano 2008, quando per la notte di Halloween il canale inglese E4 decise di mandare in onda un altro prodotto di Charlie Brooker, Dead Set, una miniserie tv a tema zombie dove sangue e cruda realtà nelle reazioni umane fanno da incontrastati padroni della scena. Brooker compose un prodotto scenicamente e psicologicamente devastante dal quale non è possibile trarre una morale se non la caustica, cinica e drammatica scena conclusiva, completamente avvolta nel silenzioso grugnire degli zombie. I collegamenti tra “Metalhead” e Dead Set vanno ricercati nella perenne fuga dei personaggi portati in scena; degli antagonisti sempre sulle loro tracce anche se per motivi diametralmente opposti se si considera che gli zombie erano più a caccia di cibo che altro; della costruzione apocalittica sia dei paesaggi, sia delle strutture (l’immancabile elemento delle barricate a dividere noi da loro). Ad un certo punto della narrazione, però, le due produzioni assumono una diversa conformazione attorno alla tematica principale della sopravvivenza umana: se da un lato Dead Set assume una forma cruda e ostica nei rapporti sociali, “Metalhead” ne rappresenta una visione addolcita, meno spigolosa. In una sola parola: buonista.
Il tutto è determinato da piccoli e brevi sguardi, quelli della protagonista verso i compagni ormai spacciati, dagli occhi carichi non di terrore ma di un sentimento umano, la tristezza e la compassione, così lontano dalla costruzione apocalittica che la storia cerca di costruire. Occorre fare però una giusta considerazione: non si sta bollando la puntata di troppa “umanità” e per via di questo la si vuole criticare, anzi. Sotto determinati aspetti, proprio l’ampio spettro di reazioni umane portate in scena ha creato il brand di Black Mirror così come oggi è universalmente noto. Il punto interrogativo attorno alla questione sorge nel momento in cui queste rappresentazioni di umanità sgorgano all’interno di scene che trasmettono all’occhio dello spettatore la sensazione opposta: questa dicotomia narrativa cozza talmente in profondità da risultare a suo modo negativa per la rappresentazione della puntata.
Anche il concetto di lotta per la sopravvivenza rappresenta un cliché, nel cinema horror ma in generale, estremamente diffuso e del quale si è tentato di rappresentare la sua più cruda essenza. Un film come The Road (2013) riesce a catturarne ogni minima sfaccettatura: dall’amore di un padre calato in un contesto catastrofico, a quella del singolo individuo terrorizzato da ciò che gli potrebbe avvenire. “Metalhead” a sua discolpa può contare su un limitato minutaggio: 40 blandi minuti di puntata sono veramente pochi per poter permettere allo spettatore di calarsi all’interno del nuovo contesto storico. Il rischio è quello di costruire una puntata gancio-destro: colpisce per direttissima e lascia confusi ed intontiti. Tuttavia, sotto un altro aspetto, questi 40 minuti rappresentano la cifra perfetta se il desiderio di sceneggiatori e registi era quello di spiazzare visivamente il proprio spettatore con un fugace lampo dalle tinte bianche e nere. In soldoni, questa quinta puntata si presenta come ostica, dalla duplice sfaccettatura e dalla doppia personalità: valida e visivamente ineccepibile da un lato; inconcreta e blandamente esposta dall’altro. Ma, come sempre quando si tratta della settima arte, è una questione di punti di vista ed interpretazione.
“Metalhead” non rappresenta sicuramente il punto più alto del brand Black Mirror, ma nemmeno il più basso. Citando il film Il Divo, che con Black Mirror non ha alcuna attinenza (forse): “la situazione era un po’ più complessa”.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il desiderio di risvegliare lo spettatore in maniera brusca e calarlo in un grigio mondo
  • Puntata visivamente ineccepibile…
  • Cruenta rappresentazione (a volte)…
  • Finale di puntata
  • Soundtrack delle scene, per aumentare la tensione
  • Semplici 40 minuti di puntata
  • …ma inconcretezza narrativa
  • …che si svilisce in umanità non propria del racconto

 

Purtroppo ad una serie come Black Mirror non basta la semplice cruenta rappresentazione scenica. Anche la trama deve essere congeniale a ciò che si vuole rappresentare.

 

Hang The DJ 4×04 ND milioni – ND rating
Metalhead 4×05 ND milioni – ND rating

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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