“Mike… you were standing in the middle of the desert counting chickens.”
“Looks good.”
Per il processo di risanamento di Graceland, Jeff Eastin ha optato per una sorta di ritorno alle origini in modo tale da poter giocare sulla rievocazione di bei ricordi per nascondere i buchi narrativi che hanno costellato la serie da “Tinker Bell” ad oggi. È ancora presto per dire se il suo intento sia riuscito o meno ma sicuramente si può affermare che la volontà di una rinascita ci sia tutta. Peccato solo per l’ennesimo series low.
La ricostruzione del clima che tanto piaceva al pubblico della serie nel suo primo anno di vita prova a rifarsi largo tramite il ritorno allo status quo originario, quello da cui era tutto partito e che vedeva in Briggs il maschio alpha di Graceland e, al contempo, anche quello più incasinato di tutti. Paul Briggs non è un uomo facile da gestire e lui stesso fa già molta fatica a sopravvivere ma quando si impegna in qualcosa ne esce sempre vittorioso, in qualche modo. Anche se il suo ruolo da “sin eater” può sembrare una nuova fase della sua vita, la realtà è che non è altro che un ritorno alle origini mascherato da novità. Essere un “mangia peccati” equivale a dire che Briggs non è altro che il risolutore di ogni situazione, colui che si sacrifica per il bene di tutti e che siede in cima alla catena alimentare. La gente va da lui quando c’è bisogno di aiuto nonostante sia una scelta difficile da compiere (Page), la gente si confida con lui perchè vede una figura in grado di comprendere le difficoltà altrui e dare conforto (Mike), la gente vede in lui un leader e quando il leader dice una cosa la si segue, non importa quanti altri casini ci siano al momento (Johnny). Paul Briggs è sempre stato un “sin eater”, solo che nessuno gli aveva mai affibbiato il soprannome e, ora che ce l’ha tatuato addosso, deve solo imparare a conviverci.
Nella seconda stagione ci si era lamentati del modo in cui Briggs era stato messo in secondo piano, quasi al livello di un Jakes, il tutto perchè nei piani di Eastin si voleva portare sotto le luci della ribalta anche gli altri coinquilini che erano stati meri comprimari durante la prima annata. A conti fatti ora Graceland sta pagando lo scotto di questi decisioni estremamente democratiche che però non hanno conferito i risultati sperati. Nella cura della serie c’è quindi un doveroso cambio di focus tra i protagonisti, un cambio che vede allontanare i riflettori da Jakes e Paige per volgerli di nuovo su Mike e Paul, oltre che su Johnny e Charlie. Nel momento stesso in cui i due coinquilini più ingombranti (Paul e Mike) vengono messi al centro della scena ne giova l’intera puntata, viceversa non si può dire lo stesso degli altri che smorzano un po’ il tutto. Con Johnny si sta raschiando il fondo del barile perchè indubbiamente il suo ruolo da outsider nella guerra con Carlito è giunto ad un punto morto già diverso tempo fa, e nemmeno il twist narrativo della scorsa puntata è servita a ribaltare il suo status quo. Discorso diverso invece va fatto per Charlie che, forse, questa volta potrebbe cambiare l’opinione generale che il pubblico ha su di lei con una storyline che ricorda in parte quella tra Mike e Bello. Come dicevamo all’inizio: la volontà di rinascere c’è, aspettiamo a giudicare però.
In tutto ciò Mike “Junkie Cop” Warren sta attraversando un momento critico che, paradossalmente ma coerentemente con le aspettative del pubblico seriale, rappresenta anche un ottimo arco narrativo. La decadenza di un eroe è sempre un qualcosa che desta scalpore perchè la sofferenza che si prova con un character con cui si è empatizzato è la forza che tiene legati gli spettatori puntata dopo puntata. Il pubblico non vuole una vita rosa e fiori, vuole sofferenza, vuole problemi, vuole vedere la fatica che i protagonisti compiono per giungere alla salvezza e alla serenità: Mike Warren sta compiendo esattamente questo cammino ed è per questo che la sua situazione può riscattare Graceland. Nessuno sa bene se ciò che si vede tra la vita e la morte sia solo frutto del proprio subconscio o se effettivamente ci sia una trasporto mentale in una realtà di cui non sappiamo nulla, rimane il fatto che è comunque un’esperienza che segna un uomo che si porterà dietro ogni ricordo di quell’evento fino alla vera morte. 47 è il numero che Mike si è portato dietro dall’aldilà ed è anche quello che ora è diventato il suo dilemma più importante, quello a cui vuole dare un senso. Tra la conta delle galline nel mezzo di una sparatoria e l’abuso di Oxycodone però trovare la retta via è alquanto difficile ed è esattamente ciò che il pubblico brama.
Per ora quindi va bene così, sempre in attesa di un peggioramento della situazione e di un possibile miglioramento. Stavolta non possiamo che apprezzare quanto abbiamo visto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Chester Cheeto 3×02 | 0.99 milioni – 0.3 rating |
Sense Memory 3×03 | 0.92 milioni – 0.3 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.